La carriera 3.0 di Belinda Bencic è iniziata

Dieci mesi racchiusi nel sorriso di una bambina che, con i denti da latte appena accennati, guarda la mamma vincere il primo titolo WTA dopo la maternità. Dieci mesi racchiusi nel sorriso di una mamma che ha sconfitto la pressione e che ha scoperto un futuro che non ruota intorno all’agonismo. Belinda Bencic che condivide il trofeo di Abu Dhabi con marito e figlia è l’istantanea di una vita, di una terza vita, in cui il tennis non è più pensiero totalizzante, ma è il pezzo di un puzzle finalmente completo. Questa è la storia di un WTA 1000 vinto a 18 anni e di un’operazione al polso che ha rischiato di stroncarle la carriera due anni dopo; la storia di una medaglia d’oro vinta a Tokyo nel 2021 e di una gravidanza cercata, figlia di una voglia di maternità mai nascosta. Questa è la storia di vittorie che valgono una carriera, come quella sull’Arthur Ashe contro Naomi Osaka e di sconfitte che feriscono come quella sul Centrale di Wimbledon contro Swiatek. Questa è una carriera che è un libro, dal finale aperto e con un capitolo finale lungo 100 giorni, i 100 giorni che sono serviti a Bencic per rientrare tra le prime 100 al mondo dopo uno stop obbligato, ma mai così piacevole, lungo ben 13 mesi. D’altronde, Belinda è sempre stata una predestinata. E non con la superficialità con cui si usa spesso questa parola. Cresciuta nell’Accademia di Bollettieri, ispirata dal mito di Martina Hingis, allenata proprio dalla madre di Martina, Melanie Molitor, da sempre Bencic ha sempre convissuto con l’etichetta – a volte diventata stigma – di essere “the next big thing”. A 16 anni, il palmares juniores dice Roland Garros, Wimbledon e Trofeo Bonfiglio. Il numero 1 ITF è una naturale conseguenza, le attenzioni che arrivano da sponsor e circuito maggiore sono tante. Non come le parole che Belinda riesce a dire a chi prova a intervistarla: gli occhi nascondono la timidezza e la voglia di privacy – impossibile da ottenere per chi, un anno dopo il debutto da professionista, ha già raggiunto i quarti di finale agli US Open, nel 2014, a 17 anni, sconfiggendo Angelique Kerber e Jelena Jankovic prima di perdere contro Peng Shuai. “One to watch”, per riprendere una tipica espressione inglese. Che sembra più che mai ironica per una che detesta le attenzioni eccessive. Nascondersi, però, è più difficile che brillare. A 18 anni, nel 2015 in una Toronto che aspetta soltanto Serena Williams, arriva una ragazza svizzera che parla poco, che cambia ritmo come vuole con il rovescio, che legge il tennis con due o tre frazioni di secondo in anticipo rispetto alle altre e che, in un unico torneo, sconfigge una dopo l’altra sei che sono state almeno finaliste, se non campionesse Slam. La grinta di Bouchard, la difesa di Wozniacki, il servizio di Lisicki, la classe di Ivanovic, l’aura di Serena, la fame di Halep: tutte messe in fila da Belinda, che gioca a tennis come se stesse muovendo la regina sulla scacchiera e che, senza timore reverenziale, mangia le pedine una dopo l’altra, fino allo scacco matto e al trofeo con la foglia d’acero alzato in cielo. La top ten arriva sei mesi dopo, a febbraio 2016, nonostante la sconfitta in finale nel Premier di San Pietroburgo contro Roberta Vinci. Bencic salirà fino al settimo posto nel ranking WTA. Ma le parole continuano a essere dosate. E, pian piano, spariscono anche i timidi sorrisi. Aprendosi in un post a cuore aperto sul profilo Instagram ‘Behind the Racquet’, la stessa Bencic ha spiegato cosa è successo. “Una volta che sono arrivata così in alto, il mio corpo ha iniziato a dirmi che qualcosa non stava andando come doveva”. Tutto troppo, tutto troppo presto. Il fisico smette di rispondere perché la mente ha bisogno di respirare, ma non ha il coraggio di chiederlo. A bloccarsi per prima è la schiena, poi a spezzarsi sotto il peso di una crescita troppo repentina è il polso sinistro. A 20 anni, Bencic sembra già averne 40 per esperienza in campo. La sliding door sarebbe impegnativa per chiunque, figurarsi per una ragazza che non ha avuto il tempo di essere bambina e che sembra già essere diventata donna: operarsi, fermarsi e ripartire o insistere e compromettere la carriera. Bencic si guarda dentro e decide di non voler essere più osservata speciale, almeno per un po’. Quel polso già troppo vecchio viene ricostruito in sala operatoria ad aprile 2017: lo stop dura cinque mesi. A settembre 2017 Belinda è la numero 312 nel ranking WTA. Lei sembra quasi vederlo come un sollievo. “Se non mi fossi infortunata così presto, avrei sofferto di burn-out”, dirà, quasi come a voler trovare un senso alle proprie montagne russe. Di tornare a rispondere a troppe domande, proprio non ne ha voglia. “Non sono mai stata una che voleva essere oggetto di attenzioni. Mi sono sentita sollevata a giocare senza nessuno a guardarmi, nessuno a giudicarmi. Potevo chiedere wild card o usare il ranking protetto, ma volevo ritrovare l’amore per il tennis”. Quattro tornei vinti, due ITF, due WTA 125. In tre mesi Bencic è di nuovo in top 100. La seconda vita di Belinda riparte da qui, dai campi più simili a parcheggi che si trovano nei tornei di periferia. Però neanche questa è la vita definitiva. Gli alti sono davvero alti: la vittoria nel WTA 1000 di Dubai nel 2019 è un miracolo, come quelli che riescono a lei. Bencic sconfigge quattro top ten di fila: Sabalenka , Halep, Svitolina e Kvitova. La prima semifinale Slam in carriera agli US Open, sette mesi dopo, è quel qualcosa che viene accolto come un evento destinato ad accadere prima o poi. Il best ranking da numero 4 WTA raggiunto a febbraio 2020 sembra anticamera a eguagliare quell’1 indiscusso da juniores. Soprattutto, però, Bencic diventa eroina di Svizzera con la doppia medaglia vinta alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021: l’oro in singolare sconfiggendo in finale la futura campionessa di Wimbledon Marketa Vondrousova e l’argento in doppio insieme a Viktoria Golubic, fermate soltanto dalla coppia ceca Krejcikova/Siniakova. Qualcosa probabilmente in Belinda comincia ad aggrovigliarsi qui. Nel desiderio di trovare uno stimolo che vada oltre un rovescio lungolinea o un WTA 500 vinto sapendo di poter sconfiggere chiunque. Nel momento in cui Bencic salta il WTA 1000 di Guadalajara a ottobre 2023 per ‘intossicazione alimentare’, probabilmente nessuno ci crede veramente. Il modo in cui Belinda guarda i raccattapalle accompagnandoli in campo o le coccole che riserva ai propri cani sono già un indizio di dove andrà il viaggio di questa giovane donna. La gravidanza viene annunciata il 3 novembre come “un miracolo” e viene vissuta alla maniera di sempre: riservatezza e timidi sorrisi. Bella nasce il 23 aprile 2024. Mamma Belinda torna in campo il 30 ottobre, sei mesi e sei giorni dopo il parto. Di nuovo, alla maniera di sempre: ITF e WTA 125 per ritrovare l’amore per il tennis più che il ritmo partita. La sconfitta in finale ad Angers contro Alycia Parks è l’entrée, gli ottavi di finale agli Australian Open sono l’antipasto. La vittoria ad Abu Dhabi, resettando il set perso contro Krueger, per lasciarle appena due game nei successivi due parziali, è il manifesto di una carriera 3.0 che ricomincia da qui. Il tempo di curare le vesciche alla mano sinistra, per ritrovarsi a Dubai, a Indian Wells e a Miami. Il circuito femminile ha ritrovato un’altra regina. Dalle mille vite.

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La carriera 3.0 di Belinda Bencic è iniziata

Michela Curcio