Non solo Sinner: cosa aspettarsi dai tennisti italiani quest'anno

Nuovi, vecchi Sinner crescono. Non tanto come similitudini tecniche, tattiche o anagrafiche, bensì con un unico comune denominatore: la bandiera tricolore. O il colore azzurro sgargiante, che dir si voglia. Intorno al punto fermo Jannik Sinner, ‘re Sole’ in pectore e di palmares di una galassia Italia mai così straordinaria nel tennis, ruotano tanti pianeti, tra i 20 e i 30 anni, diversi per stile di gioco e per carattere, ma che nel 2025 guardano a un obiettivo comune: eguagliare prima, migliorare poi. Sé stessi, si intende. Il movimento è talmente prospero che, se si pensa a un dioscuro in grado di affiancare Sinner, completandolo e magari provando ad avere persino la pretesa di integrarne lo status di super-eroe in racchetta, i nomi che vengono in mente sono due – ed entrambi hanno dimostrato di avere chimica con Jannik. Il 2024 di Lorenzo Musetti è stato una montagna russa, partita lentamente, quasi incastratasi su binari non granché oliati fino ad aprile. Poi, più che sulla fidata terra rossa, tra Monte-Carlo al Roland Garros, il primo clic è avvenuto sull’erba, con la semifinale a Stoccarda, la finale ad Halle e, soprattutto – ça va sans dire – la semifinale a Wimbledon. La terza per un italiano negli ultimi quattro anni, con tre interpreti diversi: prima di lui, Berrettini nel 2021 e Sinner nel 2023. D’altronde, che il tennis di Lorenzo non fosse adatto per Church Road sembrava più un falso mito che una osservazione comprovata da dati tattici. Messa nel cassetto quella ostinazione a rimanere troppo lontano dalla linea di fondocampo, le discese a rete, il chip and charge, i tagli con il back e la mano delicata di chi accarezza una volée come fosse un ciuffo d’erba ci sono sempre state. E per smentire anche chi ha sempre sostenuto che Musetti fosse tennista da compartimenti stagni, un mese dopo l’apoteosi di Wimbledon è arrivato anche il bronzo olimpico, sulla terra rossa del Philippe Chatrier, dopo un’attesa durata esattamente 100 anni. Chiusa la stagione da numero 18 al mondo, non è difficile immaginare che il Lorenzo che inaugura il quarto anno a tempo pieno nel circuito ATP ambisca a tre traguardi così vicini, ma così distanti. Il primo: l’ingresso in top 10, al momento distante circa 600 punti, ma raggiungibile con la promessa di non incagliarsi in un’altra ‘falsa partenza’. Il secondo, strettamente legato a quanto detto sul ranking: trovare continuità negli Slam, soprattutto quelli sul ‘duro’, nei quali Musetti vanta soltanto un terzo turno agli US Open tre mesi fa. Il terzo, strettamente legato a quanto detto sul tema superfici: consolidare la propria poliedricità in termini di palmares, andando ad aggiungere quel titolo su erba soltanto sfiorato e migliorando tatticamente anche sul cemento indoor, il terreno che forse ancora non è stato capito da Lorenzo. Con queste premesse – e promesse – immaginare un futuro in cui Sinner e Musetti, separati anagraficamente da appena sette mesi, e naturalmente complementari, a partire da quel rovescio che giocano con mani agli antipodi, possano essere i ‘gemelli diversi’ d’Italia. Per non dire i Fe-Dal d’Italia. E poiché poi Federer e Nadal hanno visto l’arrivo di un terzo incomodo nella loro rivalità, va bene essere ingordi e immaginare Berrettini come il vertice di un triangolo che ha già una ottima base, un ‘Tao’ che sia di ispirazione allo Yin e Yang di Jannik e Lorenzo. Anche Matteo non era partito bene nel 2024. Anzi, non era partito proprio, considerato che era tornato in campo per la prima volta a marzo. Poi, però, neanche un mese dopo, il titolo a Marrakech, seguito, a luglio, dalla doppietta Gstaad-Kitzbuhel, risultati per i quali Berrettini si è meritato il premio ATP di ‘Comeback player of the Year’. Ritrovato il proprio equilibrio fisico, ma soprattutto la propria presenza autorevole nel circuito maggiore, non rimane che giocare con i tre possibili obiettivi di Matteo per il 2025. Il primo: tornare a essere testa di serie negli Slam. Per evitare di affrontare di nuovo Sinner e Fritz rispettivamente al secondo turno di Wimbledon e US Open. Il secondo: vincere un titolo sul cemento. Perché si sa come il tennis totale di Berrettini, soprannominato martello per il proprio dritto, sempre supportato da uno tra i servizi più performanti al mondo, ma capace di momenti ‘piuma’ con la propria sensibilità a rete, sia adatto a tutte le superfici. Il terzo, che ha un nome: Wimbledon. Prendiamoci il diritto di sognare e lanciamo una provocazione: il tennis italiano sarà felice se dovessimo vedere sia Jannik che Matteo in semifinale ai Championships. Non diciamo finale per non metterci contro gli dei del sorteggio. Però il libro di desideri per l’anno che è già venuto può ancora essere riempito. E quindi, in rigoroso ordine di classifica, perché non immaginare uno tra Matteo Arnaldi e Flavio Cobolli – o magari anche entrambi – in top 20? Rispettivamente classe 2001 e classe 2002, l’uno sta ripercorrendo gli stessi passi vissuti dall’altro. Arnaldi stesso è stato chiaro nel definire il proprio 2024 “l’anno dell’esperienza”. Il ligure ha vissuto una stagione a tratti ombreggiante, a tratti scintillante. Chi aveva scommesso di vederlo vincere il primo titolo ATP non ha avuto ragione. In compenso, però, alzi la mano chi aveva immaginato di vederlo in semifinale in un Masters 1000. Determinato – parole sue – a esprimere un tennis ancora più aggressivo, abbandonando un po’ le proprie certezze tattiche da contropiedista navigato, nella prima parte di stagione Arnaldi non difende molti punti. Il balzo nel ranking è possibile, il primo trofeo anche. Per il primo quarto di finale Slam, invece, forse è presto, ma si sa che l’Australia dà vibes positive a Matteo. Primo trofeo a cui ambisce anche Cobolli, per il quale, però, il gradino Major è un po’ più alto da superare. Mai oltre il terzo turno in uno Slam, per Flavio progresso vorrebbe dire passare due domeniche di fila nei templi del tennis, che siano la Rod Laver Arena, il Philippe Chatrier, il Centrale di Church Road o l’Arthur Ashe. E anche arrivare nei quarti di finale in un Masters 1000 sarebbe un buon traguardo per sancire il successo di una stagione di conferma. Conferma sì, ma con una variazione sul tema. Il 2024 di Luciano Darderi è stato sorprendente sulla terra rossa, con l’inaspettato, ma graditissimo, titolo a Cordoba. Sulle altre superfici, però, l’italo-argentino non è sembrato ancora particolarmente a proprio agio. Da qui deve ripartire per aggiungere un mattone in più a un tennis già molto ordinato e a una mentalità che incarna alla perfezione l’umiltà con la U maiuscola, intesa come valore da insegnare nelle scuole tennis. Dalla conferma alla riconferma: che Lorenzo Sonego sia in grado di ‘alti’ di tennis straordinari è ribadito dai numeri: Sinner a parte, soltanto lui è stato in grado di vincere titoli su tutte le superfici – inclusi i due tipi di cemento, sia indoor che outdoor. In un anno concluso con più sconfitte che vittorie, facile pensare che il 2025 di Sonego si ponga come obiettivo primario una netta inversione di tendenza. E chissà, magari anche il titolo numero 5, che non sia diverso per terreno, ma per categoria, magari salendo di un gradino rispetto ai tradizionali ATP 250. ATP 250 – prima di tutto come presenza continua, ma poi anche oltre – che si spera abbiano come protagonisti i tre principali volti emergenti di questo tennis made in Italy dalla profondità infinita: Luca Nardi, classe 2003 dal tennis facile come la fluidità con la quale legge lo scambio sia sulla diagonale di dritto che su quella di rovescio, Mattia Bellucci, classe 2002, mancino, estroso ed estroverso, che sta entrando e uscendo dalla top 100 sapendo che si tratta di un passaggio a Nord-Ovest obbligato prima di stabilizzarsi nel circuito ATP, e Francesco Passaro, classe 2001 che dopo un 2024 di infortuni sembra aver ritrovato sé stesso e il proprio dritto. Di loro tre, Nardi dovrà stare attento ad ammortizzare il contraccolpo di ranking dopo che gli scadranno i punti guadagnati agli ottavi di finale di Indian Wells, Passaro avrà più da guadagnare che da perdere fino a Roma e Bellucci potrà sfruttare la prima parte di 2025 per consolidare ancora di più il proprio stato di potenziale mina vagante nel circuito. L’ultima nota, ma non per importanza, è dedicata a tutti quei nomi che per adesso non dicono molto, più per infortuni e contingenze sfortunate che per demeriti. Matteo Gigante e Giulio Zeppieri ci hanno regalato un vibrante derby ‘romano de Roma’ al Foro Italico, in mezzo a problemi fisici di qualsiasi genere e a qualsiasi articolazione, mentre Francesco Maestrelli per il momento ha difettato di continuità, ma gli esempi di Arnaldi nel biennio 2022-2023 e Cobolli nel biennio 2023-2024 dimostrano come a volte basta un ‘clic’ per scalare la classifica ATP. Aspettando la Next, Next, Next Gen italiana. E citando la parte per il tutto, bastano un nome e un cognome. Federico Cinà. Classe 2007. Una nuova stagione è un’occasione perfetta per tenere gli occhi sempre più vispi.

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