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NBA, Enes Kanter arrestato all'aeroporto in Romania

NBA

Il presidente turco Erdogan gli ha bloccato il passaporto e il giocatore dei Thunder è stato trattenuto in aeroporto, prima di ripartire direzione Londra e sbarcare nelle scorse ore a New York. La denuncia è arrivata via Twitter da parte dello stesso Kanter

Enes Kanter avrebbe preferito festeggiare in maniera diversa il suo 25° compleanno e non rimbalzando da un aeroporto all’altro, costretto a fare marcia indietro dopo essere atterrato a Bucarest, la capitale della Romania, per promuovere le iniziative della sua Light Foundation, un’associazione che assiste i bambini poveri in giro per il mondo. Il numero 11 dei Thunder è stato respinto alla dogana perché i suoi documenti non erano a posto, cancellati dalle autorità turche. “All’incirca alle ore 13, via Francoforte è arrivato a Bucarest il volo con a bordo Enes Kanter, pronto a sbarcare in Romania”, racconta Fabian Badila, uno degli agenti di frontiera che hanno trattenuto in aeroporto il giocatore turco. “Dai controlli fatti però è risultato che i suoi documenti di viaggio non fossero validi, cancellati dalla sua nazione d’origine, la Turchia. Per questa ragione non gli è stato permesso l’ingresso in Romania. Alle 17 ora locale, Kanter ha lasciato l’aeroporto con un volo destinazione Londra. Durante l’attesa, nessuno lo ha arrestato, né tantomeno tenuto rinchiuso. Gli è stato soltanto impedito l’accesso sul suolo rumeno”. Dalla capitale inglese poi, Kanter è subito ripartito alla volta di New York, dove ha già indetto una conferenza stampa durante la quale spiegherà i dettagli e le motivazioni di quanto accaduto, in una storia che affonda le sue radici nel passato e nelle convinzioni politiche che il giocatore dei Thunder non ha mai tenuto nascoste, fervente oppositore del regime dittatoriale vigente in Turchia.

La denuncia via Twitter

La notizia, come spesso accade nel 2017, si è diffusa attraverso i social network, dopo che il diretto interessato ha postato un video su Twitter in cui raccontava quanto gli stesse accadendo all'aeroporto. “Volevo solo informarvi che sono bloccato qui in Romania, dopo che l’ambasciata turca ha cancellato il mio passaporto. Sono trattenuto da ore, sorvegliato da due poliziotti [inquadrati durante il video girato con il cellulare, in cui prova a sdrammatizzare la situazione, ndr]. So benissimo che tutto questo è dovuto alle mie convinzioni politiche e so che è stato per volere di Recep Tayyip Erdoğan, l’attuale presidente della Turchia; uno che ha attaccato delle persone a Washington, ha fatto in modo che venissero aggredite. È un uomo cattivo, molto cattivo. È un dittatore, l’Adolf Hitler del nostro secolo”. Kanter infatti non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per Fethullah Gülen, l’oppositore politico rifugiatosi negli Stati Uniti dopo il mancato golpe della scorsa estate, accusato dalla propaganda turca di essere stato il principale ideatore del colpo di stato. Vista la delicata situazione, l’unione giocatori ha dichiarato di essere in continuo contatto con il dipartimento di stato, così come la stessa NBA si è detta molto preoccupata di quanto accaduto. Kanter ha già pagato a caro prezzo le sue dichiarazioni pubbliche, abbandonato dalla famiglia con una lettera che la scorsa estate suo padre ha affidato a uno dei giornali filo-regime in cui screditava quanto raccontato da suo figlio. Il giocatore di OKC in quell’occasione ribadì come in un colpo solo “avesse perso madre, padre, fratelli, sorelle e ogni tipo di parente o legame affettivo. Mio padre mi ha chiesto di cambiare cognome. Mia madre, che mi ha dato la vita, mi ha ripudiato. I fratelli e le sorelle con cui sono cresciuto per anni, adesso mi ignorano”. Una brutta storia, un macigno pesante da portare sulle spalle e che lo allontana sempre di più dalla sua terra d’origine, che preferì non convocarlo agli europei del 2015, a detta di coach Ataman “non per ragioni politiche”. Una situazione difficile da digerire, così come la torta di compleanno che Kanter sarà costretto ad assaggiare lontano da casa. Il desiderio, nel momento in cui ha spento le candeline, sappiamo già quale è stato.