Ora il Giro va in Abruzzo: ma questa è davvero solidarietà?

Altri Sport
Un'immagine delle distruzioni a L'Aquila dopo il tremendo terremoto del 6 aprile scorso: arriva il Giro
terremoto_3

CRISTIANO GATTI molto critico nei confronti della passerella nelle zone del terremoto d'aprile: tante, tante, tante chiacchiere a ciglio umido. Ma in sostanza, chiediamocelo: è beneficenza per loro, i residenti, o è beneficenza per sé?

di CRISTIANO GATTI
inviato de Il Giornale
da Monte Petrano (Pesaro-Urbino)



Siamo prossimi alla meta, ormai indietro non si torna: ancora pochi chilometri e il Giro entrerà in Abruzzo. Poi chi li tiene più. In carovana ormai sembrano più impegnati ad organizzare bei gesti di solidarietà pro-terremotati che a fare il loro mestiere, cioè rendere bello il Giro d’Italia. E’ tutto un fiorire di iniziative: partite tra ex campioni e giornalisti, pedalate tra i ruderi (quelli veri, non quelli umani, qui numerosissimi), maglie all’asta. E tante, tante, tante chiacchiere a ciglio umido. Sembra il palinsesto di Italia 1 o de La7.

Anche il Giro, purtroppo, non si sottrae al più recente costume nazionale: l’omaggio narcisista ai terremotati. Da settimane, tutti quelli che entrano nell’orbita dell’Abruzzo, a nord già dalla Romagna, a sud già dalla Lucania, si sentono in dovere di andarsi a fare una comparsata tra macerie e tendopoli. Fa molto buon samaritano.

Ma una domanda s’impone: tutto questo fiorire di iniziative ha come nobile fine l’aiuto sincero ai terremotati, oppure è solo l’espediente occasionale per sentirsi un po’ più ganzi? In sostanza: è beneficenza per loro, o è beneficenza per sé?

Lasciamo a ciascuno la risposta personale, reperita nel profondo della coscienza nascosta. Non è nemmeno il caso di dirlo: l’ideale sarebbe che ai terremotati arrivassero aiuti concreti, veri, sostanziosi, anche senza tutto questo Barnum di bella gente in esibizione. Il bene è per sua natura discreto, muto, schivo. Quando sfila in un tripudio di trullallero trullalà, sa più di passerella vanitosa ed egocentrica.

Il solo dubbio di finire invischiato in questa seconda eventualità mi impone di passare in Abruzzo come siamo passati in Lombardia, in Friuli, in Piemonte e pure in Austria. Evitando accuratamente di rompere le scatole a chi ha già abbastanza problemi. In questo momento, è forse l’aiuto che serve di più all’Abruzzo.