Vi Guido verso la Coppa America

Si tratterà di nuovo di voler bene ad una barca, come fanno tutti i marinai, tutti i navigatori, tutti gli armatori, tutti gli skipper, tutti i comandanti. Luna Rossa è diventata il riferimento a vela degli italiani, scivolando sulle onde lunghe della storia di Azzurra prima , del Moro di Venezia poi e di tutte le avventure italiane della Coppa America, per arrivare all’impresa enorme di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada che di fatto dal 2000 continuano a provarci. Qualcosa a mezza via tra un intestardimento, un amore, una passione e una sfida, costosissima peraltro. Per i venali: la Coppa America si fa spendendo in progettazione, tecnologia, materiale, uomini, infrastrutture e non costa meno di centoventi milioni di euro. Nel 2021 il decollo di Luna Rossa Prada Pirelli fu esaltante. Le regate di Auckland, Nuova Zelanda, quando in Italia era più mattina presto che notte, portarono la Nostra barca a vincere così tanto e così bene da guidarci fino al ruolo impossibile di sfidante. Contro New Zeland, detentore. Che vinse. Ci si riprova, adesso. Luna Rossa, più bella che mai nella sua colorazione Silver Bullet come da canoni estetici che hanno reso Prada un brand universale della bellezza che si fa moda, è pronta. I suoi uomini sono pronti. Alla base di Barcellona corrono a destra e a sinistra inseguendo dettagli, tenendo lontane le spie. È un ruolo anche quello. È il dettaglio che fa la differenza. Un uomo semplice, burbero, ma di cuore come il riminese Max Sirena scandisce ordini e fa ordine nei propri pensieri. Lui la Coppa America l’ha vinta quando faceva parte dell’equipaggio di Oracle nel 2010 e di New Zealand nel 2017. Ma è italiano, un italiano di quelli che farlo con la propria barca è tutta un’altra cosa. Con Luna Rossa è alla sua quarta volta. Vive per questo lui, vive per questo il suo team che da mesi ha trasferito armi e bagagli a Barcellona. Famiglie comprese. Mogli, mariti e figli di chi per Luna Rossa lavora in Coppa America vivono a Barcellona in un condominio preso in affitto per loro. Perché il professionista, l’atleta, l’ingengere, stanno meglio quando la sera tornano a casa dai propri affetti. Se ci tornano, che non è scontato. Le notti in bianco trascorse alla base a sistemare problemi, a ritoccare migliorie non si contano. Tutto fino a qui è stato finalizzato alle uscite in mare, che adesso diventano regate. L’equipaggio deve funzionare come un orologio, italiano in questo caso. Ai due timonieri storici Checco Bruni e Jimmy Spithill si affiancano il giovanissimo Marco Gradoni e il recente oro olimpico dei Nacra 17 Ruggero Tita. Su chi ricadranno le scelte è ancora un nodo che potrebbe essere sciolto strada facendo, ma a turno potrebbero timonare pure tutti e quattro. Il regolamento crudo della Coppa America ha vietato alle barche iscritte di misurarsi in confronti di velocità. Se ci si incontra con gli avversari in mezzo al mare durante gli allenamenti bisogna cambiare direzione, perché gli Umpires ti controllano e, se il caso, ti sanzionano. Ci affidiamo alle indiscrezioni, ai rumors, che dicono che Luna Rossa e American Magic sembrerebbero essere al momento gli scafi più veloci. Ma chissà se poi è vero. Chissà che gli svizzeri o gli inglesi non dicano la stessa cosa di sé stessi alimentando voci che resteranno tali fino al momento della verità. Adesso. Nei prossimi due mesi. Ora si regata a Barcellona, con orari buoni per noi europei. In acqua e in tv alle 14 per pomeriggi in cui presumibilmente e legittimamente diventeremo tutti esperti, di vela e di volo, come è giusto e anche bello che sia. La Coppa America è il più antico trofeo sportivo riconosciuto della storia, essendo nato nel 1851 in Inghilterra, quando una barca americana, che si chiamava America, giusto per non lasciare spazio a dubbi, attraversò l’oceano Atlantico per arrivare a battere per intero una flotta di barche inglesi su un percorso che prevedeva la circumnavigazione dell’isola di Wight. La Regina Vittoria, su una terrazza a guardare l’arrivo della regata, quando le fu comunicato che America aveva vinto la regata chiese quale delle barche inglesi fosse arrivata seconda al traguardo. "Ah, Vostra Maestà, non c’è secondo", le risposero con imbarazzo. Perché il meccanismo della Coppa America nasce perverso, poco decoubertiniano, assolutista, definitivo. Esaltante all’infinto o mortificante. Lo fu quella volta, lo rimase per sempre. Il calendario di questo mega torneo arrivato nel 2024 alla sua trentasettesima edizione prevede delle regate preliminari, dal 22 agosto al 25, ininfluenti ai fini dei punteggi che verranno assegnati invece nelle fasi successive. Le preliminari sono in pratica una mega prova generale a cui, per la prima volta nella storia, partecipa anche il detentore Team New Zealand, che nel gergo della vela è meglio noto come il 'Defender'. Alle preliminari seguirà poi la Louis Vuitton Cup così suddivisa: dal 29 agosto all’8 settembre il round robin, dal 14 al 19 settembre le semifinali che elimineranno uno dei cinque sfidanti in una sorte di esecuzione prematura, dal 26 settembre al 5 ottobre le finali dalle quali uscirà la barca che andrà a giocarsi le regate della Coppa America vera e propria contro Team New Zealand tra il 12 e il 21 ottobre. La differenza tra esserci e non esserci nella fase finale della Coppa America è abissale. Specie se la volta prima ci sei stato, come fece Luna Rossa atterrata contro New Zealand sul miglior risultato di sempre di uno sfidante italiano. Può essere in pratica la più dolce delle carezze sportive come il più sonoro e rintronante degli schiaffoni. Tre anni di lavoro e di spese, di ricerca, di ingegneria, di palestra, di mare, di Team building, di coltivazione del talento e pure dei fornitori, si radicano nella storia o ne escono alla chetichella passando con poca gloria per la porta da cui sono entrati con convinzione e speranza. Nel caso di questa AC37 abbiamo in acqua tre squadre esperte e due che si aggiungono. Luna Rossa Prada Pirelli, Ineos Britannia e American Magic sono i team che regatarono in Prada Cup nel 2021. France Orient Express e RedBull Alinghi sono quelli all’esordio, per la prima volta alle prese con il progetto del monoscafo volante. In teoria l’esperienza della Coppa America numero 36 dovrebbe agevolare i primi, in pratica la ricerca e la tecnologia sono così ingombranti che nulla vieta a nessuno di aver trovato un uovo di Colombo e la maniera di andare — a sorpresa — più forte degli altri. Mentre il progetto di Luna Rossa è tutto italiano e tutto interno al team per disegno, creatività, realizzazione dello scafo e dei suoi componenti e persino estetica, due consorzi come quello svizzero di Alinghi e quello inglese di Ineos Britannia, hanno potuto appoggiarsi ai reparti corse di Formula1 rispettivamente di RedBull Racing e Mercedes. Non è poco, per niente, nel momento in cui le barche più che navigare volano e l’aerodinamica pura prende il sopravvento sull’idrodinamica delle parti immerse. Gli AC 75, così si chiamano le barche della Coppa America dove AC sta per America’s Cup e dove 75 è la lunghezza in piedi dello scafo , con 8 nodi di vento , staccano la pancia dall’acqua e cominciano a volare; tutto il peso della barca, che è inferiore alle 7 tonnellate finisce per reggersi su un solo foil. Il foil è un piccola ala ad incidenza variabile che è a tutti gli effetti l’unica parte immersa durante il volo. La genialata è che, su un bestione di 23 metri, il foil è l’unica componente dell’imbarcazione che si misura con la resistenza idrodinamica esercitata dall’acqua. Tutto lo scafo, albero e vele comprese, si confrontano solo con la aria. Ed è qui che entrano in gioco gli studi aerodinamici, è qui che gli esiti della Formula1 possono aiutare. I problemi da affrontare e risolvere non sono pochi e sono stati interpretati in maniera diversa dai singoli team. Luna Rossa per esempio ha optato per uno scafo con una prua piuttosto aguzza con slanci importanti e curve delicate, che abbia facilità a decollare e che sia dolce in caso di impatto con l’acqua. Sempre Luna Rossa ha uno scafo che, nel caso disgraziato in cui il vento calasse molto e la barca dovesse prima spanciare e poi navigare nell’acqua come ai vecchi tempi , sia in grado farlo senza perdere troppo in velocità e direzionalità. In pratica: meno stai nell’acqua e meglio è, ma nel caso in cui ci dovessi finire i vantaggi di poter decollare subito alla prima brezza e di essere in generale meno lenti nell’acqua possono essere enormi. Si regata a Barcellona abbiamo detto. È il campo di regata, come viene chiamato, per questa AC37. Nonostante il defender sia neozelandese, dopo il 2021 il governo locale ha preferito non investire altro denaro come località ospitante, lasciando che Barcellona provvedesse al mega-investimento. Ma il mare di Barcellona non è quello di Auckland, anzi. Il Mediterraneo in quel tratto della costa catalana è spesso mosso, con onde non basse, secche e frequenti che prendono il nome di 'chop'. Impareremo ad avere a che fare con questo termine, perché il chop e un vento di norma stabile, ma le folate potrebbero caratterizzare le regate e mettere alla prova i progetti di ogni AC75. Si regata su percorsi 'a bastone', che alternano lati di bolina a lati poppa dentro un campo di mare rettangolare e ben delimitato per avere un visione immediata e totale nelle riprese televisive. Avanti e indietro, da un minimo di quattro volte ad un massimo di otto in base a come si presentano vento e mare. In condizioni standard sono regate in cui gli AC75 possono arrivare a velocità tra i 45 e i 50 nodi, circa 100 chilometri orari, molto ma molto più veloci della velocità del vento, risultato impensabile fino all’invenzione dei foils. Ogni team è composto da un centinaio di persone, suddivise tra chi va in barca e chi lavora a terra in progettazione, manutenzione e servizi . L’addestramento dell’equipaggio di bordo è avvenuto con gli AC 40 e gli AC42, scafi volanti su scala parecchio ridotta utilizzati per allenamenti o regate promozionali fino a quando gli AC75 definitivi sono stati varati. In barca si sta in 8. Quattro in fila sul bordo sopravento e quattro sul bordo sottovento. Un timoniere per parte, che si occupa della direzione e del controllo di volo del timone. Un trimmer per parte, che si occupa della regolazione delle vele e del controllo di volo dei foil. Due ciclisti per parte, atleti veri che pedalando dall’inizio alla fine della regata generano energia e pressione idraulica per la movimentazione di tutte le manovre. Come vedete anche in questa Coppa America non c’è un aspetto che non sia folle, smodato, estremo. Eppure il trofeo velico più antico e importante di sempre è riuscito a non perdere il suo fascino. In Coppa America ci sono uomini di mare. Anche i ciclisti che si alterneranno sui pedali ad ex canottieri prestati alla vela, hanno imparato ad essere equipaggio e ad amare il mare, ad amare il lavoro e la Coppa. Lo hanno imparato vivendo a contatto con marinai che nella loro carriera oltre alla Coppa America hanno regatato intorno al mondo, o magari hanno partecipato e vinto medaglie alle Olimpiadi, ai Mondiali di specialità. Le velocità e i tempi di decisione che hanno trasformato la Coppa America in un evento televisivo rapido e intenso, più simile ad un Gran Premio di moto che ad una regata ortodossa come quelle che si facevano una volta, l’hanno resa moderna e utile per elaborare soluzioni riutilizzabili nella nautica di tutti. I windsurf oggi volano, i le tavole da kite volano, molte barche volano, i catamaran i Nacra 17 delle olimpiadi volano. Il mare resta il mare, con il suo fascino, i suoi pericoli, il rispetto che gli si deve. Partecipare alla Coppa America non è da tutti, vincerla beh…Vostra Maestà, non c’è secondo.

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