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E' morta la Regina Elisabetta: addio all'ultimo simbolo del 900

lutto

Alberto Pontara

Si è spenta a 96 anni nel castello di Balmoral la sovrana del Regno Unito, la più longeva nella storia del proprio paese. Un personaggio che ha attraversato 70 anni di cambiamenti politici e sociali, dalla gestione del secondo dopo guerra alla Brexit, divenendo di diritto un simbolo della società occidentale del 900. Che solo ora, forse, si può dire essere veramente concluso

DIRETTA. MORTE REGINA ELISABETTA, LE DECISIONI DELLO SPORT

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E’ definitivamente finito il ‘900, almeno per quanto riguarda i suoi grandi protagonisti. Quello che Eric Hobsbawm chiamò, con una fortunata definizione, “Il Secolo breve”, nonostante le sue propaggini nazionaliste si facciano ancora sentire, eccome, seppur aiutate e rafforzate dalla velocità della rete, dei social, della contemporaneità. 

L’ultimo simbolo di un secolo tremendo e glorioso

La Regina Elisabetta è stata l’ultimo simbolo di quel secolo. Tremendo, se si pensa a due guerre mondiali, alla tragedia della Shoah, i totalitarismi. Glorioso, se invece guardiamo ai progressi della scienza, della società, dell’economia. E’ stato anche il secolo del benessere, per l’occidente beninteso, in cui milioni di persone hanno migliorato la propria condizione di vita, potendosi concedere agi impensabili prima. Il ‘900 è stato, tra le tante cose, anche il Secolo dello Sport

Il Secolo dello sport

Sport nati spesso proprio in Inghilterra agli albori del XX secolo, calcio e rugby su tutti. Da attività pionieristica lo sport è diventato una colonna imprescindibile delle nostre società, conquistando popolarità, diventando fondamentale elemento di svago per le masse, irrompendo come fattore economico, sociale, culturale nella vita di tutti i giorni. 

Lewis Hamilton nominato membro dell'Impero britannico nel 2008 dalla Regina Elisabetta

Distanza e vicinanza assieme

La Regina Elisabetta è stata l’erede di qualcosa che veniva prima della modernità, la monarchia, ma al tempo stesso è stata contemporanea agli eventi. Distanza e vicinanza insieme, austerità e guizzi pop sorprendenti. Ha vissuto il secondo conflitto mondiale in una casa reale che restò a fianco del proprio paese senza comode fughe. E’ stata Regina per 70 anni, accompagnando fasi travagliate e impegnative per i britannici, dovendo gestire momenti delicati anche dal punto di vista familiare e personale. 

La Regina Elisabetta consegna la Coppa Rimet all'Inghilterra campione del mondo

Ma è stata anche la Regina che ha consegnato una coppa del mondo all’Inghilterra, nel lontano 1966, l’unica, in quel Wembley dove ancora oggi cantano “It’s coming home”. Ha nominato baronetti i personaggi più importanti dello sport britannico e non solo. Ha inaugurato i Giochi olimpici di Londra 2012, prestandosi a un clamoroso sketch con James Bond, in quei giochi che sembrarono per un attimo riunificare un paese, che in realtà era più lacerato di quanto si pensasse. In una cerimonia che metteva insieme il punk ribelle, la psichedelia anticonformista dei Pink Floyd, le istituzioni e la storia inglese, come a dare legittimità a ogni singola parte del paese, una spettacolare (forse la più bella cerimonia inaugurale di sempre) illusione di unità. 

Poi è arrivata la fase burrascosa della divisione, della Brexit, dell’incertezza. In mezzo anche una pandemia. Ma sempre con un punto fermo, rappresentato dalla Regina Elisabetta. Con quel “God save the Queen” cantato a squarciagola negli stadi prima delle partite, che è forse più di un inno nazionale, è l’identità stessa di un popolo che nell’istituto monarchico crede ancora come simbolo e simulacro imprescindibile. “A volte ti capita qualcosa di bello, altre volte qualcosa di brutto, e molto spesso qualcosa di veramente strano. E’ questa l’Inghilterra. Dobbiamo farcene una ragione”. Lo ha scritto Jonathan Coe nel suo “Middle England” ed è una descrizione straordinaria nella sua veritiera semplicità. Per gli inglesi oggi è capitato qualcosa di molto brutto.