Il paradosso del basket francese

Da un lato ci sono le medaglie olimpiche vinte dalla nazionale, tre argenti, gli ultimi due addirittura consecutivi, dall’altro la sola Eurolega portata a casa da un club, peraltro molto lontana, quella del Limoges di Bozo Maljkovic del 1993. Da una parte ci sono le dieci medaglie ad Eurobasket della nazionale, tra le quali una d’oro conquistata nel 2013, dall’altra le tre sole presenze ad una Final 4, il Limoges nel 1993, l’Asvel nel 1997 e il Monaco, francese per modo di dire, nel 2023. Parlare di semplice contraddizione è addirittura riduttivo: come fa un movimento che è in grado di produrre i vari Rigaudeau, Parker, Diaw, Noah, Batum, De Colo, Yabusele, Wembanyama, solo per citarne alcuni, a essere così poco produttivo a livello di club? L’anno scorso, è vero, l’Eurocup ha visto una finale tutta francese, Paris contro Bourg en Bresse; quest’anno la Francia può vantare tre squadre in Eurolega, è altrettanto vero. Non si può parlare, tuttavia, di movimento in crescita: il Monaco resta un’isola felice, ambiziosa, lussuosa quanto si vuole, ma pur sempre un’isola, una squadra la cui storia ad alto livello è cominciata una decina di anni fa ed è ora sovvenzionata da uno degli uomini più ricchi del mondo, uno che, da un giorno all’altro, potrebbe anche decidere di chiudere i rubinetti, per scelta propria o magari per costrizione visto che la sua patria di origine è la Russia. Paris Basketball, prossimo ospite dell’Olimpia al Forum, è un’altra isola, meno ricca e lussuosa, ma pur sempre affascinante, una sorta di scommessa fatta appena sei anni fa da due ambiziosi investitori americani con lunga esperienza NBA. Due delle tre squadre che rappresentano il basket francese ad alto livello, dunque, sono nate da poco, hanno radici poco profonde, con un passato inesistente e un futuro tutt’altro che certo. L’Asvel ha decisamente più tradizione a livello europeo, ha un proprietario di peso come Tony Parker, e si è appena dotato di un palasport avveniristico e invidiabile; la squadra della piccola città alle porte di Lione, dove giocherà la Virtus nel secondo turno di Eurolega, fatica però, tremendamente, a imporsi sul campo come dimostrano le ultime tre stagioni di Eurolega chiuse una volta all’ultimo e due volte al penultimo posto. La nazionale invece nel frattempo vola: a Parigi quasi batteva gli Stati Uniti in finale, a Tokyo 2021 anche, nel 2022 ha colto l’argento europeo dopo essere stata graziata dall’Italia del Poz nei quarti di finale. Come si spiega allora questa enorme contraddizione? Intanto la Federazione ha mostrato una linea ben precisa per quanto riguarda la propria massima rappresentativa: una guida unica, un progetto solo e a lunga scadenza, indipendentemente dai risultati. Vincent Collet è stato il Ct della Francia per quindici anni, dal 2009 al 2024 ed è stato lui, dopo le Olimpiadi, ad andarsene convinto che il suo lungo ciclo fosse finito e che dovesse cominciare quello del suo successore, Frederic Fauthoux. Collet è stato giustamente esaltato nelle tante occasioni in cui è arrivata una medaglia ma è stato, altrettanto giustamente, confermato nelle poche occasioni in cui la squadra ha deluso proprio perché il progetto è più importante dei risultati. E poi i giocatori: in questo senso la Francia è avanti anni luce rispetto al resto d’Europa in termini di integrazione con le colonie che hanno favorito da diversi decenni l’arrivo di famiglie dall’Africa o dai Caraibi. Di qui la miniera di talenti fisici che caratterizzano lo sport francese ma che non sarebbero stati nulla senza il vero fiore all’occhiello dei nostri vicini, probabilmente il principale segreto dei successi francesi, cestistici e non: si chiama INSEP, Institut National du Sport, de l’Expertise et de la Performance, è presso il Bois de Vincennes a Parigi ed è un centro statale di eccellenza delle attività sportive. Istituto Nazionale dello Sport, della Competenza e della Prestazione: già questa sigla, il suo significato, lasciano ammaliati. Qui il talento fisico diffuso viene modellato, perfezionato, rifinito, da qui sono usciti tantissimi atleti che hanno reso grande lo sport francese. E non solo nel basket perché l’INSEP prepara addirittura in ventisei discipline. Qualche nome? Teddy Riner, il judoka che ha fatto impazzire la Francia alle ultime Olimpiadi, Amelie Mauresmo campionessa a Wimbledon e agli Australian Open nel 2006, Forget, Tsonga e Monfils per restare nel tennis, Laura Flessel due volte oro olimpico nella spada. E poi i cestisti: Tony Parker, Boris Diaw, Evan Fournier tra gli uomini, Celin Dumerc, Cathy Melain, Sandrine Gruda tra le donne. L’INSEP ti prende, ti sgrezza e ti fa uscire pronto per lo sport professionistico ad alto livello; per questo motivo, nel basket, nessuno, o quasi, rimane a giocare in Francia dove il campionato non ha mai preso il volo, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista economico, cosa che alla fine fa la differenza per i giocatori. Ed è soprattutto per questo motivo che il basket francese a livello di club fatica a decollare. Anche oggi quando comunque, per le nostre squadre, battere una francese non è certo facile come qualche anno fa: sarà perché i loro club sono cresciuti o, forse, perché i nostri non sono più così competitivi come vent’anni fa? A voi l’ardua risposta.