Eurolega, una svolta che deve ancora arrivare per Milano e Virtus Bologna

Doveva essere il derby della svolta, in un senso o nell’altro e magari lo sarà, lo vedremo in futuro; la sensazione che ha lasciato il primo Olimpia-Virtus di Eurolega è però un’altra, sia per chi ha vinto sia per chi ha perso. Basta dare un’occhiata al primo quarto, davvero povero, neanche lontanamente paragonabile al livello diffuso di questa Eurolega. Ha vinto l’Olimpia e lo ha fatto vincendo due volte la stessa partita, riuscendo a reagire dopo il parziale micidiale subito nel terzo quarto; lo ha fatto senza Shields e senza coach Messina, bloccato ancora una vota a casa dall’otite; lo ha fatto trovando tante cose positive da giocatori diversi e finora ininfluenti in Eurolega. Mirotic ha fatto il suo, ampiamente, Leday anche e poi gli altri, su tutti Tonut e Causeur, che hanno vissuto la miglior serata europea della stagione. Le note positive quindi ci sono, indubbiamente, però in bocca resta un sapore non così dolce come ci si potrebbe aspettare. L’Olimpia ha denunciato ancora clamorosi limiti di personalità non chiudendo una partita già morta e sepolta, mostrando ancora una volta incertezze ed errori che la rendono oggi come oggi molto lontana dai vertici dell’Eurolega: palle perse banali, attacco che improvvisamente si blocca, difesa che improvvisamente diventa di burro. Lo dimostrano i 32 punti concessi nel terzo quarto, compreso il 3-16 di parziale dei primi 4 minuti che ha permesso alla Virtus non solo di rimontare ma anche di portarsi minacciosamente avanti. Insomma, il riscatto milanese c’è stato per la classifica e per la vittoria ritrovata ma i problemi restano e vedremo se basterà l’innesto di Nico Mannion a risolverli. Qui vale la pena aprire un discorso a parte: se Mannion sarà l’uomo giusto lo dirà, eventualmente, il campo. La vera domanda da porsi, al momento, però è un’altra: novembre è appena cominciato e siamo già a questo punto? Cioè emergenza e corsa sul mercato? In una parola, panico? Se così fosse non basterebbe Lebron James a risolvere un malessere troppo profondo per essere rapidamente estirpato. Mannion o non Mannion la rinascita europea dell’Olimpia passerà inevitabilmente dalla valorizzazione di chi c’è già, dalla ricostruzione dell’autostima di una serie di giocatori spersonalizzati e sfiduciati dall’andamento delle cose e dalla netta inferiorità mostrata nelle prime uscite di questa Eurolega. Rendersi conto di non essere così inferiore rispetto alle altre deve essere il primo, indispensabile, passo. L’Olimpia, comunque, un giocatore l’ha preso, una mossa l’ha fatta. Difficile pensare che lo stesso possa fare la Virtus, almeno queste appaiono le intenzioni di una dirigenza che sembra accontentarsi del gruppo esistente . In casa bolognese, però, le lacune dell’organico erano evidenti anche prima di iniziare, contrariamente a quello che si poteva pensare per Milano in sede di pronostico. Il recupero più lungo del previsto di Cacok ha fatto capire che un altro centro serviva come il pane tanto che neanche lo strepitoso avvio di stagione di Diouf ha fatto cambiare idea; dalla panchina poi non esce più Lundberg - lo si sapeva - e né Tucker né il seppur positivo Morgan possono essere considerati eredi validi; e infine Belinelli e Hackett hanno un anno in più sulle spalle e da loro non ci si può certo aspettare una stagione di altissimo livello come quella dell’anno scorso. Sono tutti problemi che non possono che essere esaltati da una competizione così dura e sfidante come l’Eurolega; ciononostante la Virtus perde ma non molla mai, anzi riesce sempre a restare lì o a tornare in partita come il derby di Milano ha ampiamente dimostrato. Lo spirito, infatti, è quello dell’anno scorso, lo stesso spirito che ha permesso ai virtussini di arrivare ad un passo dai playoff, uno spirito esaltato dai vari Polonara, Shengelia, Cordinier, autentici condottieri delle V Nere in questa prima fase della stagione. Su questa base si può lavorare in attesa del miglior Clyburn: non a caso l’unica vittoria, quella di Belgrado, è arrivata quando l’ex Efes si è ricordato di aver vinto questa coppa e di averlo fatto da MVP delle finali. In questo senso, tra Olimpia e Virtus, la squadra che ha teoricamente più margini di miglioramento è quella di Luca Banchi che sta giocando senza i due playmaker, infortunati, e con un Clyburn nella maggior parte delle occasioni impresentabile: con il ritorno di questi giocatori e con un Clyburn degno della sua fama le cose non potranno che migliorare. L’Olimpia, invece, sembra fatta e finita così: Shields, quando tornerà, e Mirotic sono i giocatori che stiamo vedendo, con i loro pregi e i loro difetti, difficile pensare che possano dare di più. Di più allora devono dare gli altri: perché questo succeda però, necessariamente, ‘gli altri’ devono anche sentirsi più coinvolti ed apprezzati, non bocciati al primo errore. Sono tutti professionisti ben pagati, è vero: ogni tanto però cose come una pacca sulla spalla o una seconda opportunità possono far bene anche a loro.

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