L'allenatore, a Sky, ha spiegato la vicenda che l'ha visto protagonista in Iran, fino alla risoluzione del contratto con l'Esteghlal per irregolarità nei pagamenti: "Peccato interrompere, gli appelli dei tifosi mi hanno fatto capire che noi sportivi abbiamo anche una missione sociale"
“È più politica che calcio”, e nel sentirglielo dire si percepisce chiaramente tutto il suo dispiacere per una bella favola sportiva interrotta per cause che con il pallone non dovrebbero avere nulla a che vedere. Quella di Andrea Stramaccioni, rientrato dall’Iran in Italia nei giorni scorsi dopo aver risolto il suo contratto con l’Esteghlal a causa di irregolarità nei pagamenti, è una storia particolare, “nuova anche per me”, racconta l’allenatore italiano intervenendo in diretta su Sky. “Nel momento in cui la situazione sportiva è diventata problematica c’è stato un forte intervento dell’elemento politico, sia iraniano che della nostra ambasciata italiana. E da 12 giorni le autorità cercano di risolvere questo caso, che purtroppo è diventato anche un problema di ordine pubblico”.
Il "caso" Stramaccioni e i pagamenti irregolari
Il riferimento è al suo addio al club, con le manifestazioni in piazza e gli appelli dei tifosi affinché torni sulla panchina dell’Esteghlal. Una questione di “forma” dei pagamenti, ci tiene a precisare Stramaccioni: “Non è un discorso di soldi nel senso di pagamenti, ma è un discorso di forma perché l’Iran è un Paese embargato dagli Stati Uniti e quindi le forme di pagamento sono un po’ più complicate. Alcuni pagamenti non sono stati reputati regolari, situazione che io e i miei collaboratori, essendo professionisti, non abbiamo potuto accettare. La gente è convinta che la responsabilità sia del vertice della società che poi in gran parte si è dimesso: io non ho opinioni in merito, ma è stato un peccato interrompere, almeno per ora, un percorso sportivo”.
Gli appelli dei tifosi
E a rimanere spiazzati, senza più l’allenatore che li aveva fatti sognare nell’ultimo periodo, sono soprattutto i tifosi, scesi in piazza a manifestare per lui, chiedendo il suo ritorno. “Vedere tanta gente in piazza per questa situazione da un lato fa piacere, dall’altro sviluppa un forte senso di responsabilità per cui spero di poter tornare a finire la stagione, per un discorso di responsabilità mia personale nei confronti dei miei giocatori e dei tifosi”.
Tra i quali anche un bambino non vedente, al quale l’allenatore aveva promesso la vittoria del campionato. “Nelle prime 5 partite abbiamo iniziato male, facendo solo 3 punti e perdendo il derby sentitissimo, con tante critiche, anche giuste”, spiega Stramaccioni ripercorrendo le tappe sportive del suo cammino in Iran, con un “inizio drammatico”, dovuto anche al tempo di adattamento necessario per far digerire alla squadra la difesa a 3, mai usata prima dai giocatori. “Poi un filotto incredibile di 9 vittorie in 10 partite, con il record di partite vinte di fila e la qualificazione alla Champions”, finché il giorno dopo la conquista della testa della classifica non è scoppiato il caso. “Quel bambino a cui avevo promesso la vittoria venne a vedere gli allenamenti nei primi mesi, quando la squadra andava male, e mi disse che aveva fiducia in me; gli risposi che non lo avevo promesso al presidente ma che lo promettevo a lui, e che avremmo fatto di tutto per andare in testa alla classifica. Adesso, rivederlo mentre fa un appello per il mio ritorno mi emoziona e mi fa capire che noi sportivi spesso abbiamo anche una missione sociale, che è cercare di dare gioia alle persone. Speriamo di tornare lì…”.