No Mario, stavolta non siamo pronti
addio maestroMario Sconcerti era un maestro da studiare, ammirare, da cui trarre insegnamenti. Anche quando da amico si lasciava andare al canto, agli stornelli, alla compagnia. A Sky Sport lo abbiamo ammirato e apprezzato, come traspare dal ritratto di Giovanni Bruno
Ancora una volta corrono le righe del ricordo, altro colpo duro allo stomaco. Stavolta arriva all’improvviso, arriva quando neppure ti sei ripreso rispolverando i momenti belli di chi ti ha appena lasciato. È uno del nostro mestiere, un maestro. Sì, proprio un maestro. Si dice così quando lo studi, lo ammiri e ne trai insegnamenti. Mario Sconcerti è uno di quelli. Quelli che sanno scrivere, parlare, dirigere. Bravo ed eloquente, direbbero i sapienti. Piacevole, divertente e un modo di spiegare che ti faceva dire sempre sì: "Hai ragione Mario", "È vero Mario" oppure, parere personale, "Volevo dirlo io o scriverlo". Eccome se scriveva bene Mario, degno erede di altri magici maestri: Gianni Brera e Giorgio Tosatti e un fratello di penna come Gianni Mura, con cui aveva aperto le pagine sportive di Repubblica. La vetrina quella in prima del Corriere della Sera, per spiegare calcio e il suo amato ciclismo. La carriera è una vera affissione di professionalità, dagli inizi del Corriere dello sport, poi tornato a dirigerlo, a Repubblica, alla vicedirezione della Gazzetta dello Sport, per poi andare a Genova a gestire il Secolo XIX, con una parentesi di altro tipo di gestione: la Fiorentina.
Signorilità, indipendenza e bravura
E poi quello che ha legato una vera ampia platea, l’opinione televisiva, come del resto i suoi e nostri maestri. Eredità difficile, quella di dire le cose in televisione, ma lo ha fatto con signorilità, indipendenza e bravura nella coscienza del sacro calcio. Lo abbiamo ammirato e apprezzato a Sky Sport, dove ha legato il suo nome a trasmissioni, supportando tecnicamente i nostri conduttori e conduttrici. Signore sempre, anche quando ha cambiato bandiera o quando ha dovuto gestire in prima pagina pareri complessi, ma che ha perentoriamente sbrigato con perfetta coerenza di scritto. Amico e maestro, nel dopo quando si lasciava andare al canto, agli stornelli, alla compagnia. Mi fa male scrivere. Fa male quando per tanti anni lo vedi con la sua giacca blu, prima di entrare in diretta: "Tutto bene Mario?". Il suo sguardo allegro: "Beh, meglio di così?", era la risposta, quasi con accento fiorentino: "Son pronto". No Mario, stavolta non siamo pronti noi.