Lo sguardo di Totò: buono, autentico, onesto

Buono, autentico, onesto. Sono gli aggettivi che mi vengono in mente quando penso a Totò. Quello sguardo, diventato iconico ai mondiali del 1990, tra l'incredulità e l'estasi, l’avevo già notato quando entrò nel nostro spogliatoio, un anno prima dell’estate del 1990. La Juve lo aveva acquistato dopo che aveva chiuso la stagione in Serie B, con il Messina, con il titolo di capocannoniere. Era lo sguardo di chi stava vivendo un sogno ad occhi aperti, quello di un ragazzo che dai quartieri popolari di Palermo era arrivato a giocare nella squadra più tifata d’Italia. Totò era istinto puro, in campo e nello spogliatoio, il compagno di squadra ideale, schietto e generoso. Questo suo modo d’essere l’ha aiutato a vivere con normalità un anno che di normale aveva avuto poco. Vincemmo due coppe in quella stagione, Coppa Italia e Coppa Uefa e quella Juve diciamo che non era esattamente la più forte di sempre… e poi Italia 90 che lo aveva fatto diventare il calciatore più famoso del mondo, il capocannoniere dei Mondiali. Visse quell’anno quasi con incoscienza, cavalcando il sogno. Le notti magiche divennero magiche proprio grazie a lui, l’eroe per caso che fece impazzire un paese intero. Durante il Mondiale nacque anche il suo secondo figlio. Ricordo che partiva, tornava, andava in campo e segnava, senza sentire fatica o pressione. Il suo modo di stare in campo spiazzava gli avversari ma anche noi compagni: impossibile prevedere cosa avrebbe fatto, giocava di puro istinto, azione dopo azione, a volte voleva la palla sui piedi, a volte in profondità, la cosa che capii subito è che bastava fargli arrivare la palla vicino alla porta e a quel punto si sarebbe acceso: controllo, tiro, gol. Ricordo gli sforzi di Zoff nel dargli indicazioni tattiche: il mister lo prendeva da parte, ci parlava ma poi scuoteva la testa e si arrendeva, Totò viveva una partita tutta sua, una partita nella partita, in cui andava, veloce, dove lo portava l’istinto. E poi il rapporto con Roberto Baggio, che coppia! Diversi che più diversi non potevano essere, si è tanto parlato di uno zoccolo lanciato in faccia a Robi che lo stava prendendo in giro nello spogliatoio. Beh, è successo davvero! Ma zoccolo a parte si volevano bene veramente. Roberto lasciò a Totò il rigore che avrebbe dovuto calciare lui nella finale per il terzo posto nel mondiale del 90 e con quel rigore Totò vinse in solitaria la classifica marcatori. Erano diversi ma si assomigliavano nell’approccio scanzonato al calcio e alla vita. Tanto incredibile fu l’annata 89/90, tanto negativa fu poi la stagione successiva: la Juve di Gigi Maifredi prometteva spettacolo e vittorie, era una squadra piena di talento ma con poco equilibrio e deluse, crollando nel girone di ritorno. Chiudemmo il campionato al settimo posto e Totò si prese un carico di colpe eccessivo e critiche che non meritava. Mi mancherà, mancherà a tutti quelli che come lui hanno vissuto un sogno meraviglioso in quell’estate di tanti anni fa, mancherà a chi come me ne ha condiviso lo spogliatoio, dove in modo naturale portava allegria. Ho apprezzato la sua bontà d’animo e la semplicità di un ragazzo partito da Palermo e arrivato lontano. Buon viaggio, Totò.