L’incomprensibile leggerezza di Thomas Müller

In un pomeriggio di sole di fine agosto a Wolfsburg entri in campo, dieci secondi dopo contribuisci al pareggio da calcio d’angolo della tua squadra e, mentre i tuoi compagni festeggiano, ti infili una mano nelle mutande, tiri un fuori un foglietto e dici: "Ragazzi, tutti qui! Ho le indicazioni tattiche di Kompany". Per raccontare Thomas Müller basterebbe dire che ha esordito così nella sua stagione numero diciassette in carriera in Bundesliga. Alla fine il Bayern ha vinto 3-2, pure soffrendo, e indovinate un po' chi ha recuperato la palla decisiva per iniziare l’azione del terzo gol? Ecco, bravi... Quando gli hanno chiesto di quel foglietto Thomas ha risposto: "Non si leggeva più molto bene, è spesso molto caldo nella sala motori". E stiamo parlando di uno che nella stessa intervista commentava anche il fatto di aver raggiunto un certo Sepp Maier come recordman di presenze del Bayern in Bundesliga. Vivere lo status di leggenda restando un bimbo al parco giochi, è questa la grande forza di Thomas, che a 34 anni sorprende ancora tutti, colleghi fenomenali compresi: ha uno dei migliori cervelli nel mondo del calcio. Firmato, per dire, Harry Kane. Che poi Thomas Müller in Germania è l’accoppiata nome-cognome più banale che esista, si potrebbero riempire le piazze di Thomas Müller. E nel calcio, prima di lui, di Müller ce n’era uno solo, Gerd. Che in nazionale giocava con il 13 sulle spalle, ecco perché al posto del suo 25, indossato da sempre nel Bayern, Thomas ha sempre avuto quel numero con la Germania: un po' per omaggiare Gerd, che fra l’altro lo ha allenato nelle giovanili, ma anche per rivendicare uno status. Quello del tizio comune, con un fisico comune, una tecnica comune che osa accarezzare il mito. Ora, con tutto il rispetto dovuto al Bomber der Nation, se fate vedere ai bimbi tedeschi una maglia della Germania con il 13 e la scritta Müller nessuno di loro pensa a Gerd. Ok, quindi a Thomas è andata bene? Ha avuto fegato, si è impegnato più di tutti consapevole dei suoi limiti tecnici? Tutto qui? Fermi, perché la leggerezza da parco giochi ce la puoi avere per carattere, puoi far ridere quando fai finta di parlare al telefono per non rispondere alle domande dei giornalisti ma invece del cellulare hai in mano il passaporto. Oppure quando urli in dialetto bavarese in mondovisione in Brasile dopo aver vinto il Mondiale. Tutto questo però diventa divertente se hai credibilità, se da più di quindici anni corri il doppio degli altri e quando si sorprendono di un tuo gesto tecnico, perché per molti coi piedi sei un filino scarso, rispondi: "Sto iniziando a pensare che il mio sinistro non sia buono solo per andare a prendere una birra". I suoi amici Hummels, Schweinsteiger e Lahm lo chiamano 'Radio Müller', perché in campo non sta mai zitto, una cosa insopportabile. Poi però è anche il primo a metterci la faccia quando le cose vanno male, tipo a febbraio a Leverkusen: Bayern schiantato, quasi umiliato e Thomas che parla in televisione ancora prima dell’allenatore. Tutti a prendersela con Tuchel, lui invece con gli occhi di chi ci tiene davvero a spiegare che se in campo si ha paura di provare la giocata, di prendersi le responsabilità e si sente troppo la pressione, allora non si è da Bayern Monaco. E magari una settimana dopo, rientrata la tempesta, posta un video sui social in cui parla con i cavalli del maneggio di sua moglie. È testimonial di qualsiasi cosa in Germania, ma sempre tutto con un senso: cucina bio vegana e vegetariana, collane di libri per bambini, associazioni benefiche, il turismo in Baviera. Perfino le terme locali. E sui social lo trovate come 'Esmuellert', neologismo coniato da un telecronista tedesco durante il Mondiale 2010, quello che aveva lanciato Thomas. Quell’estate dalle tv tedesche si sentiva urlare di continuo: "es Müllert wieder!", Ha Müllerizzato ancora! Perché quel ragazzino quasi sconosciuto non smetteva mai di segnare, tanto che aveva vinto la scarpa d’oro e il premio di miglior giovane del Mondiale sudafricano. È cresciuto a Pähl, sud di Monaco, e a casa dei suoi genitori c’è ancora la cameretta tutta a tema Bayern, dalle lenzuola ai poster, dove dormiva da piccolo. Il club l’ha riprodotta, quella cameretta, per celebrare il suo ultimo rinnovo di contratto e lui, ovviamente, è stato al gioco vestendosi con la maglia anni ’90 dei bavaresi come nelle foto che gli scattavano i suoi genitori. Perché quella leggerezza è lì, sempre, il punto è proprio la sua capacità di switchare dalla modalità Thomas il simpaticone a quella Müller leggenda del Bayern. Che a 34 anni scherza ancora per un foglietto nelle mutande a Wolfsburg.