In ginocchio da te: bentornata, Champions!

Era il minuto 57 di una finale che non sapeva dove andare. Il Manchester City teneva di più il pallone, come da dna, ma in quella calda serata turca del 10 giugno 2023 le sue energie erano visibilmente in riserva. L’Inter aveva difeso senza grandi affanni lo 0-0, e allo scoccare dell’ora di gioco stava mettendo il naso fuori, improvvisamente consapevole di avere delle carte da mettere sul tavolo. Il City palleggiava in cerca di un’idea, ma tornando spesso indietro perché dove aveva provato a infilarsi aveva trovato il ponte levatoio alzato. Bernardo Silva teneva palla sull’out destro, all’altezza della linea di metà campo. Davanti a sé non vedeva spazi, così si voltò e la diede indietro ad Akanji un po’ lunga. Un po’ troppo lunga. Ederson non capì subito di dover correre verso il pallone, e quando Lautaro rubò il tempo a entrambi impadronendosene fu chiaro a tutti che quello era un match-point. Ho un flash pazzesco di quell’attimo, perché proprio davanti alla postazione di Sky Pep Guardiola cadde in ginocchio, e da quella posizione a metà fra il disperato e l’implorante seguì quegli istanti decisivi. Lautaro entrò in area dal versante sinistro dell’attacco nerazzurro, forse vide Lukaku in arrivo a centro-area, forse no, più probabilmente giudicò rischioso servirlo visto che Rodri e Dias gli erano già addosso, e tentò la soluzione personale. Guardiola seguiva trepidante. Il destro a rientrare dell’argentino colpì il braccio sollevato di Ederson in uscita, e l’occasione sfumò. Pep si passò allora le mani sul viso, e si rialzò sollevato. Aveva visto cadere un’altra volta la spada di Damocle che sempre grava sul suo capo quando gioca in Champions - era dai tempi di Barcellona che non la vinceva - ma l’aveva scansata. Qualche minuto dopo Rodri avrebbe segnato il gol risolutivo, ma le molte chance di pareggio fallite dall’Inter nei minuti finali restano lì a testimoniare di come quella finale fosse tutt’altro che fuori portata, come si temeva invece alla vigilia. La diabolica definizione di José Mourinho resta la migliore: la Champions è il "torneo dei dettagli", e a Istanbul quello decisivo finì dalla parte del Pep. Manchester City-Inter è una delle due gare del primo turno della nuova Champions che in passato è stata una finale. L’altra - doppia - è ovviamente Milan-Liverpool, e della famosa rimonta degli inglesi, ancora a Istanbul, nel 2005, quel che mi è rimasto più impresso è un racconto di Rafa Benitez quando lo intervistai a Napoli. "Stavo scrivendo qualche appunto sul discorso che avrei dovuto fare di lì a poco negli spogliatoi, un discorso motivazionale per incoraggiarli a ripartire dallo 0-2, quando un boato del pubblico milanista mi costrinse ad alzare la testa dal taccuino: Crespo aveva appena segnato il terzo gol, dovevo cambiare il mio discorso e renderlo ancora più ispiratore. Mica semplice". Sappiamo com’è andata - fu evidentemente un gran discorso - ma sappiamo anche come il Milan, due anni dopo, si prese la rivincita ad Atene: due gol di Pippo Inzaghi, e via andare. È importante annotare come quel Milan tardo-berlusconiano, il cui declino era già in atto, sia comunque riuscito a durare fino alla grande vendetta: l’ultima missione da compiere prima dell’addio di una generazione, una cosa da film. Da lì in poi praticamente si dissolve, soltanto lo scudetto di Allegri nel decennio successivo, e mai alle fasi più avanzate della Champions fino alla semifinale del 2023. L’allargamento del torneo a 36 squadre fa sì che i club già vincitori siano 15, e le coppe presenti 53 contro le 16 assenti . Ci sono tutti i plurivincitori di prima fascia: Real Madrid 15, Milan 7, Liverpool e Bayern 6, Barcellona 5. Oltre alle 'finali' delle milanesi il primo turno propone altri due confronti tra squadre titolate, Juventus - Psv e Stella Rossa - Benfica . La Juve non ha mai affrontato in precedenza la squadra di Eindhoven, ma due delle sue nove finali riguardano un’altra olandese, l’Ajax, campione nel 1973 a Belgrado grazie al colpo di testa di Johnny Rep ma battuto ai rigori a Roma nel 1996, quando infine la Juve centrò il primo successo nel torneo dei suoi sogni e il nostro caro Luca Vialli alzò al cielo la coppa. Un precedente molto gustoso riguarda la sfida tra Monaco e Barcellona. Risale al 1994, l’anno in cui il Milan di Capello battè i catalani di Cruijff 4-0 nella finale di Atene: la formula di quell’edizione prevedeva due turni di qualificazione alla fase a gironi, e da lì semifinali incrociate e finale. Barcellona e Monaco arrivarono affiancate in testa all’ultimo turno del gruppo, che prevedeva il loro confronto diretto al Louis II° di Montecarlo. Una grande chance per la squadra del giovane allenatore Arsene Wenger, frustrata però dopo 13 minuti da un fantastico lancio di Pep Guardiola per Hristo Stoichkov , con la conclusione di sinistro al volo alle spalle del portiere Ettori. Il punteggio non si mosse più, e così il Monaco trovò il Milan in semifinale e ci perse 3-0, mentre i catalani ebbero ragione del Porto. Ma è interessante osservare le statuine del presepe monegasco nel momento della rete del bulgaro. Dovrebbe marcarlo Dumas , 26enne già scafato, ma quello resta sorpreso dalla velocità della verticalizzazione e, una volta incassato il diagonale, s’arrabbia platealmente col ragazzo che pure aveva tentato un impossibile recupero lasciando il suo uomo: il futuro grande Lilian Thuram. Corre a riprendere il pallone in fondo alla rete un numero 8 ansioso di ripartire all’attacco, si chiama Youri Djorkaeff e di lì alla fine sarà il monegasco più pericoloso. A dargli manforte altri due ex-interisti che all’epoca figuravano come stagionati, mentre oggi sarebbero nel cuore delle loro carriere: il 30enne Jurgen Klinsmann e il 28enne Enzo Scifo. Completano il quadro un futuro campione del mondo, Emmanuel Petit, e un prossimo allenatore di buon livello, Claude Puel. Un Monaco da 'saranno famosi' battuto dall’edizione del Barça chiamata Dream Team: il terribile Romario davanti con Stoichkov, Koeman a coprire le spalle di Guardiola, il mitico Zubizarreta in porta, in panchina il portiere di riserva Busquets e Txiki Beguiristain, futuro direttore sportivo nonché architetto del Barcellona e del Manchester City di Pep. Se la Champions League è una serie giunta alla 70esima stagione, la quantità di personaggi presente in riviera quella sera è da kolossal.