L'Inter adesso può guardare il City negli occhi

Ok, prendete le immagini di Istanbul al termine della finale di Champions persa dall’Inter contro il City. Pasillo de honor degli inglesi per i nerazzurri sconfitti. Inzaghi e Lautaro guidano la truppa che passa in mezzo alle due fila dei citizens che battono le mani e si congratulano. Lì succede qualcosa, cambia qualcosa. Quel momento non era una semplice passerella, era un rito di iniziazione e a distanza di un anno e mezzo ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma. In quel preciso istante l’Inter aveva perso la Champions ma conquistato una consapevolezza da grande squadra e soprattutto aveva appena guadagnato il rispetto di tutto il Mondo. Come dire: ehi benvenuti nel club. Firmato Pep. Non a caso l’anno successivo l’Inter vince uno scudetto con 5 giornate di anticipo, con enorme personalità. Supera tutte le prove, distrugge 5-1 il Milan nel derby, batte la Juve, il Napoli 3-0 in trasferta, la Roma due volte, la Lazio all’Olimpico, la Fiorentina 4-0… Qualcosa era scattato nel sistema operativo della squadra. Tutto questo però necessitava di un ulteriore collaudo. Il ritorno dai campioni inglesi per un nuovo confronto e per capire se l’equilibrio visto a Istanbul era reale o solo frutto della tipica tensione di una finale. Era reale. Infatti l’Inter torna a sfidare il City, per di più all’Ethiad, e anche questa volta fa un figurone. Zero a zero, nil nil come dicono loro, ma tante occasioni per Thuram e soci. Grande difesa, mai in affanno, qualche spavento certo come fai a evitarlo, ma alla fine le chance più grandi le hanno Darmian, che spreca malamente, e Mkhitaryan che alza sopra la traversa da posizione ravvicinata. Rimpianti, sì, anche se fa strano dirlo contro Haaland, cancellato da Bastoni e Acerbi, e De Bruyne, inesistente e poi sostituito anche stavolta per un problema muscolare. Questo pareggio vale oro, esattamente come due stagioni fa quando cominciò la cavalcata proprio verso la finale con uno spettacolare 3-3 al Camp Nou. Sono segnali oltre che il punto nella classifica allargata che permette di cominciare bene la nuova Champions League. È un risultato prezioso soprattutto per la mente, la fiducia, la considerazione di sè stessi. Fermare i campioni del Mondo significa che questa Inter non è troppo lontana dalle vette più alte. Un passaggio fondamentale dopo il pareggio col Monza e in attesa del derby. A casa dei maestri. Quello che più ha impressionato è stato il centrocampo nerazzurro. D’accordo la difesa ha fatto un figurone Sommer, Acerbi e Bastoni sono stati perfetti. Ma vedere Barella, Calhanoglu e Zielinski fare calcio nella terra di mezzo al cospetto di Rodri, De Bruyne, Bernardo Silva e soci ha sorpreso tutti quanti. Zielinski è stato perfetto. Sempre nel posto giusto per aiutare i compagni, per alleggerire, per evitare il pressing dei Citizens. A un certo punto con una finta davanti alla sua area ha spostato anche noi in tribuna e ha squarciato centralmente la gabbia di Pep. Il modo in cui l’Inter spostava il pallone nella costruzione dal basso senza farsi aggredire o impensierire ha realmente colpito. Guardiola ogni volta si sorprendeva e arrabbiava. Bloccava Calhanoglu e spuntava Zielinski, marcava il polacco e gli sfuggiva Barella. Come quando provi a tappare un buco in un tubo e l’acqua esce ogni volta da un foro diverso. Il tutto con una tranquillità da grande squadra, gestendo il pallone anche in zone pericolose o dentro l’area. Una pulizia tecnica che a Monza non si era vista . Calhanoglu è uscito con la sua qualità: cambi di gioco di prima, capacità di abbassarsi a dare una mano, geometrie e idee lucide. Gli è mancato solo il tiro in porta per sfoderare tutto il repertorio. E poi Barella. Inesauribile, uomo ovunque, in ogni zona, primo a pressare e poi a rincorrere. Nel post partita scherzava, sorridente e con un tatuaggio particolare. Sulla caviglia porta lo stemma di Air Jordan. Forse perchè vola in campo… . Alla fine non si sbaglia se si afferma che ai punti il centrocampo interista forse ha fatto meglio di quello mancuniano, che è il più forte al Mondo. Aveva ragione Pep. Alla fine quella che pare sempre una gufata dell’allenatore spagnolo si rivela sistematicamente come una previsione azzeccata. Con l’Inter sono sempre sfide equilibrate. Per quanto alla vigilia ci sia l’impressione di un rapporto di forza netto e definito, poi il campo rivela un’altra verità. Da qui ad arrivare poi alla previsione di una possibile vittoria ce ne passa ma quello che si può confermare a distanza di un anno e mezzo da Istanbul è che Inzaghi ha creato una macchina forte e performante capace di guardare negli occhi senza paura i campioni del Mondo per due volte. Il verdetto del taxi. Per una sentenza definitiva al termine di una trasferta serve sempre il parere di un tassista. È la visione comune della popolazione locale. D’accordo non è un campione rappresentativo ma ti dà comunque sempre il polso della situazione. Il mio, inglese, che mi conduce in aeroporto mi domanda se ho visto la partita. Ribatto chiedendogli un’impressione: “Inter Milan? Waoooo, they played sooo goood!”. In casa loro. Una rarità.