La Coruña vive per il Depor: “vita lenta” e sentimento

Nessuno conosceva La Coruña. Sulla cartina spagnola esistevano solo Madrid e Barcellona. Poi è arrivato il Deportivo. Ve lo ricordate, no? In Italia è battezzata come “la squadra che batté il Milan in Champions”. Che fine ha fatto quella squadra? Per rispondere a questa domanda siamo andati proprio a La Coruña, città che si affaccia sull'Atlantico, nel nord della Galizia. Il suo effetto pop lo raggiunge tra la fine dei Novanta e i primi Duemila: una Liga sfumata all'ultimo e una storica semifinale europea. Oggi quando parli di La Coruña tutti pensano al Depor. Non esiste abitante con una maglia diversa da quei colori, e anche molte case riprendono il bianco e blu. Squadra simbolo, se ce n’è una. Tifata da tutti, letteralmente . Anche nei momenti più bui. Anche quando ha rischiato di essere cancellato. Fino alla rinascita, al ritorno tra i professionisti. Fino a oggi. Il peso dei ricordi Per un club storico come il Deportivo, il peso dei ricordi gioca brutti scherzi. Continuare a glorificare il passato o pensare al presente? Augusto César Lendoiro mette d’accordo tutti e dà il la a una crisi economica che condanna il club galiziano sull’orlo del fallimento. Se poco ci è mancato per quello societario, sul piano sportivo gli investimenti senza garanzie si fanno sentire. Il Depor riparte dal semiprofessionismo e nel giro di 4 anni – tra COVID e una stabilità da ritrovare - torna in Segunda División . Dietro la rinascita, c’è anche un italiano: Massimo Adalberto Benassi, attuale amministratore delegato del club. Il marchio Depor torna così a riguadagnare appeal e credibilità. Oggi, il centro sportivo di Abegondo è il laboratorio della prima squadra e il quartier generale per il settore giovanile, tra i più ambiti in tutta la Spagna. E poi c’è anche il Deportivo Abanca, il club femminile alla prima apparizione in Primera División. ‘Vita lenta’ e passionale in Galizia Città multiculturale e fortemente legata alla tradizione, La Coruna non si fa mancare nulla. Popolo di pescatori e operai, dopo il galiziano l’idioma sudamericano è il più riconoscibile. E proprio il patron del Depor – e proprietario di Abanca, name sponsor dello stadio - è venezuelano. ‘Vita lenta e dove trovarla’: il caos dei clacson agli incroci viene offuscato dai più svariati rumori di una natura che avvolge la città. Le persone cantano e suonano tra i caruggi della città vecchia, mentre un gruppo di turisti si gusta un pulpo alla gallega. Abitanti legati a un filo biancoblu: “da nonno a nipote”, come recita lo slogan del Depor. La magia del Riazor Tra sacro e profano, lo stadio Riazor è il perfetto compromesso di un raro rapporto che lega la città al club. Costruito tra le spiagge dell’Oceano e le strade di una città bucolica. Il punto di ritrovo per ogni tifoso, e prima di una partita si capisce il perché di così tanta fibrillazione intorno. I galiziani vivono el día del partido come un rito: un gruppo di amici, una sciarpa rigorosamente biancoblu e una birra “Estrella Galicia” tra le mani. La domenica, La Coruña vive in funzione del Riazor. Strade bloccate e un lungomare che per la quantità di gente ricorda Copacabana. 250mila abitanti si fermano e conoscono solo una direzione. Una volta entrati, però, si nota subito un particolare: la marea di gente entra solo a ridosso della partita, o addirittura a gara in corso. I 90’ si trasformano in festa, ed è difficile non prenderne parte. “Aquí comeza outra historia”, dicono da quelle parti. E in effetti, un’altra storia è davvero cominciata. Un capitolo della nuova pagina è appena stato scritto. Tutto proseguirà, di padre in figlio, uniti dalla stessa passione. Perché Depor, “es un sentimiento”. E le ambizioni non mancano. Con la collaborazione di Lorenzo Bloise