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Accadde oggi: Baggio alla Cecoslovacchia, il più bel gol dell'Italia ai Mondiali

Mondiali

Il 19 giugno 1990 Roberto Baggio segnava quello che è ritenuto il più bel gol dell'Italia nella storia dei Mondiali. Alle spalle del Divin Codino, però, tante altre magie più o meno leggendarie  

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«Il mio esordio vero e proprio fu con la Cecoslovacchia. Avevo giocato i minuti finali della prova generale con la Grecia, non ero entrato contro Austria e Stati Uniti, il 19 giugno ero partito titolare. Se ogni rete provoca quella che io chiamo “gioia da manicomio”, quello fu il gol della liberazione. Anzi, il gol della levitazione. Dopo avere visto la palla entrare, mi lasciai cadere a terra, stremato. Era la fine di un’annata tremenda. Altro che orgasmo, è una scarica d’adrenalina incredibile. Vibri a mille, proietti fuori tutto in una gioia incontrollabile, voli. Dopo sei libero, finalmente in pace»

Italia-Cecoslovacchia 2-0 (R. Baggio)
Mondiale 1990

Dal Vangelo secondo Roberto Baggio, ecco il racconto che il Divin Codino in persona fece del suo più bel gol in Nazionale. Accadde martedì 19 giugno 1990, alla prima in una gara “vera” dopo che l’azzurro lo aveva vestito solo in amichevole. L’Italia ha già vinto le prime due gare del girone e così, per la terza contro la Cecoslovacchia, Vicini si decide a lanciare Baggio da titolare. Sulla schiena un inconsueto 15, quando al minuto 78 Robi disegna il suo capolavoro, chiudendo la pratica dopo l’1-0 di – indovinate un po’? – Totò Schillaci. Prima lo scambio con Giannini, un triangolo elementare a tagliare fuori il primo avversario; da lì in poi, è come se Baggio iniziasse a vedere la strada davanti a sé e con quella mappa nella testa si avventura nella metacampo avversaria.

Boskov diceva che “i campioni vedono autostrada dove gli altri vedono solo sentieri”: Baggio, sulla sua autostrada personale, inizia a viaggiare a un’altra velocità, soprattutto di pensiero. C’è solo una strettoia all’inizio, quando Hasek e Kinier provano a chiuderlo, ma lui elegante come non mai ci passa in mezzo. Il primo addirittura, senza alcuna pietà per ciò che Baggio ha già dovuto passare nonostante abbia appena 23 anni, tenta pure una forbice disperata da terra. L’avesse preso, probabilmente Baggio avrebbe dovuto aggiungere una tacca al suo bastone degli infortuni; ma in quel momento lui sta già volando, e il modo in cui elude quel folle intervento non fa che aggiungere poesia alla sua corsa. Arrivato al limite dell’area inizia un gioco di gambe che risulterebbe impossibile a qualsiasi altro essere umano con le ginocchia in quelle condizioni: Baggio ondeggia a destra e a sinistra, disorienta il gigantesco Kadlec a suon di passettini rapidi e micromovimenti illusori, e poi, dopo averlo fatto piroettare su se stesso alla ricerca del pallone sparito, può concentrarsi sulla conclusione, con cui trafigge Stejskal. È a quel punto, con l’opera d’arte consegnata alla storia, che Baggio può gettarsi a terra stremato, felice e in pace.

Germania-Italia 0-2 (Del Piero)
Mondiale 2006

Siamo ancora sbronzi di gioia per il gol di Grosso quando Germania-Italia ci regala la seconda inaspettata gioia in contropiede. Due reti stupende, ma premiamo la seconda perché andandola a scomporre nelle sue componenti ritroviamo bellezza ovunque: nell’anticipo imperioso di Cannavaro, diventato Kànnavaro; nel modo, quasi rispettoso, in cui affida il pallone al piede di Totti; nell’eleganza con cui quest’ultimo innesca Gilardino; nell’astuzia del Gila che temporeggia e richiama su di sé la difesa tedesca prima di liberarsi del pallone guardando altrove; nel modo in cui Del Piero entra all’improvviso nei nostri teleschermi, dopo una cavalcata che la dice lunga su quanto ci credesse, e di prima, con l’interno del piede, ruotando il corpo per calibrare il tocco in corsa, la piazza sotto l’incrocio più lontano. Una lezione di contropiede, all’italiana.

Italia-Uruguay 2-0 (Schillaci)
Mondiale 1990

Avevamo appena imparato a conoscerlo come il rapace d’area di rigore “toccato” dal dio del calcio per le Notti magiche italiane, quello a cui la palla sembra andare incontro anche se non è lui a cercarla, quando ecco che Totò se ne esce con un gol che non sembrerebbe appartenere al suo repertorio di astuzie e tocchi ravvicinati: la bomba dalla distanza. Schillaci sfodera quel colpo inaspettato contro l’Uruguay, negli ottavi di finale, senza pensarci su due volte. La palla gli passa sotto al naso al limite dell’area e lui, con un sinistro violentissimo, la scarica sotto alla traversa in una frazione di secondo. Un movimento dei suoi, fulmineo, ma con l’aggiunta di una potenza che non pensavi potesse scaturire da quel corpo. Dev’essere anche il pensiero di Baggio quando, nell’esultanza, lo afferra per la maglia da dietro e lo scaraventa a terra, come a volersi far spiegare con calma dove avesse tenuto nascosta la dinamite fino a quel momento.

Italia-Germania 3-1 (Tardelli)
Mondiale 1982

L’urlo Mondiale più famoso della storia è preceduto da un’azione corale da manuale del calcio. Come è stato più volte sottolineato, dopo la conduzione di Conti e il tocco di Rossi, a scambiarsi il pallone nell’area tedesca sono Scirea e Bergomi: sì, avete capito bene, al minuto 69 e sull’1-0 per gli Azzurri, i nostri difensori palleggiano con freddezza e disinvoltura nella loro area. Finché Scirea non appoggia centralmente per Tardelli, che nello stoppare il pallone se lo porta sul sinistro, e a quel punto il modo migliore per rubare il tempo ai tedeschi che gli si fanno sotto è il tiro in scivolata, incrociandolo sul palo opposto. 2-0, l’urlo è servito.

Slovacchia-Italia 3-2 (Quagliarella)
Mondiale 2010

Per dire quanto un gol possa essere allo stesso tempo bello ma tristemente inutile. La terza partita del girone è già uno spareggio per gli Azzurri di Lippi, reduci da due pareggi tutt’altro che esaltanti contro Paraguay e Nuova Zelanda. Il destino ci offre l’ennesima occasione di riscatto contro la non irresistibile Slovacchia, ma l’Italia la sciupa con una prestazione imbarazzante all’interno della quale si salva solo la magia di Quagliarella al 92°. Un lob dei suoi, uno di quei colpi che lui ha sempre in canna: serve solo per le statistiche, perché 3’ prima gli slovacchi avevano segnato il 3-1. La parabola disegnata da Quagliarella, così dolce e amara allo stesso tempo, ricorda tanto quella degli Azzurri, solo 4 anni prima sul tetto del mondo e adesso incapaci di superare il girone.

Italia-Germania 4-3 (Riva)
Mondiale 1970

All’interno di una partita indimenticabile, si nasconde un piccolo capolavoro firmato Rombo di Tuono. Rivera recupera palla e avvia l’azione a testa alta, poi con un passaggio perfetto nella sua lineare semplicità premia la corsa di Domenghini sulla sinistra. Nuovo passaggio di prima, verso il centro, e qui Riva calamita il pallone con il sinistro. Tra lo stop e il dribbling con l’esterno del piede, tutto con il sinistro, non c’è soluzione di continuità. Eluso il possibile intervento di Schnellinger, che va a vuoto, Riva ha tutto il tempo e lo spazio – forse anche più del necessario – che gli occorrono per preparare il pezzo forte del suo repertorio: il diagonale mancino, chirurgico.