Belgio-Italia 0-1, la Nazionale s'è davvero ridesta e guarda al Mondiale con ottimismo

L’Italia s’è desta. Con tanti saluti a Belgio e Francia che non l’hanno vista arrivare, forse perché credevano fosse rimasta ferma a leccarsi le ferite dell’Europeo tedesco. Peraltro siamo rimasti un po’ stupiti anche noi, che pure i giocatori azzurri li conosciamo bene, anche quelli che in Serie A non ci stanno più. Era impensabile che la Nazionale scalcinata presa a pallate dalla Spagna e umiliata dalla Svizzera l’estate scorsa potesse andare a giocare e vincere a Parigi e a Bruxelles, e farlo da padrona. E invece… Obiettivo raggiunto. Anzi di più. Perché non solo la squadra di Spalletti ha conquistato quella qualificazione ai quarti di finale di Nations League che molti consideravano una sorta di Mission Impossible, ma ha lasciato anche la sensazione di avere qualche ulteriore margine di progresso. Per il momento è ancora opportuno stare un po’ bassi con le aspettative, troppo fresco il ricordo della ricaduta dopo la vittoria nell’Europeo del 2021. Ma certo i risultati di questo avvio di stagione, al di là della Nations League che vale quel che vale, aiutano a rendere più agevole il cammino delle qualificazioni mondiali, il nostro incubo: da testa di serie e con la possibilità di essere inseriti in un girone a quattro, anziché a cinque, con conseguente risparmio di energie e di rischi di distrazione. I meriti di Spalletti in questa metamorfosi sono sotto gli occhi di tutti. Proprio perché partono dalla sua piena assunzione di responsabilità per l’Euro-disastro, nonostante non fosse l’unico colpevole. Evidentemente, ha capito quali furono i suoi errori più chiari sia nella preparazione, anche fisica, sia nelle scelte, di uomini e di sistema di gioco, della spedizione tedesca. E ha cambiato quel che doveva cambiare. È come se improvvisamente si siano snebbiate le idee di tutti, tecnico e giocatori. Certamente ha contribuito anche il rinnovamento del gruppo azzurro: l’età media dei convocati per quest’ultimo doppio impegno è di due anni più bassa rispetto a quella degli Europei. C’è più entusiasmo, più freschezza e più coraggio. Si è creata persino una dinamica positiva nei rapporti fra Nazionale e club. Da una parte, il campionato ha consegnato a Spalletti in grande spolvero giocatori che sembravano un po’ persi per la maglia azzurra, come Kean e lo stesso Locatelli, o che in questi mesi hanno acquisito maggiori certezze sul loro valore, come Buongiorno e Retegui, o che si pensava non fossero ancora del tutto pronti, come Ricci e Rovella, o che avevano perso fiducia, come Di Lorenzo. Dall’altra, è la Nazionale che ha ridato e ridà ai club giocatori molto più carichi e felici: da Frattesi, che in azzurro riesce ad avere lo spazio che l’Inter non sempre gli concede, al goleador di giornata Tonali, che nelle ultime uscite del Newcastle era dovuto partire dalla panchina, allo stesso Donnarumma, di nuovo inspiegabilmente discusso recentemente a Parigi. Per non parlare dei giovani lanciati in questo avvio di stagione dai club e valorizzati dalla chiamata di Spalletti: Savona, Comuzzo, Pisilli e Maldini usciranno di sicuro rafforzati da queste prime esperienze azzurre. Quali siano le prospettive di questa Italia ridestata è ancora presto per dirlo. In questo momento, sia difesa sia centrocampo sono reparti abbastanza rassicuranti anche per quando si alzerà il livello dell’importanza delle competizioni. Sia per qualità, sia per quantità. Forse andrà meglio registrato il modo di difendere sui calci piazzati, dove si soffre ancora un po’ troppo: ma questi sono dettagli. Quello che ancora manca è il giocatore che fa la differenza, che fa la giocata che non ti aspetti, che s’inventa il gol impossibile. Il numero 10. O anche l’attaccante esterno in grado di partire a tutta velocità, saltare l’uomo e poi o mettere in mezzo la palla solo da spingere in rete o andare direttamente alla conclusione. C’è mancanza di quelle ali capaci di far saltare il banco, quando non hai un Baggio, un Totti o un Del Piero dei tempi belli. L’Italia di Mancini le aveva: Chiesa e Insigne furono determinanti a Euro 2021. Spalletti in questo momento non le ha. Probabilmente anche per questo a Bruxelles ha imbottito la squadra di centrocampisti, schierando un’unica punta e inventandosi Barella, tuttocampista con caratteristiche non particolarmente offensive, come trequartista collante, alla stregua del Perrotta romanista o del Nainggolan interista. Un sistema di gioco che, contro il Belgio rimaneggiato e molto zoppicante di questi tempi, ha consentito di mantenere quasi costantemente il controllo della partita, anche se non di rendersi frequentemente pericolosi. Ecco, il modulo. Per quello che conta. Spalletti è stato rimproverato e si è rimproverato di non avere costruito per l’Europeo un’Italia con difesa a tre-cinque, nonostante avesse calciatori per lo più provenienti da una stagione giocata in quel modo. Da settembre ha deciso perciò di virare sul 3-5-1-1 delle ultime partite. Ha funzionato. Nel frattempo però molti degli azzurri che erano abituati alle difese a cinque hanno cominciato o sono tornati a giocare a quattro: da Di Lorenzo a Buongiorno, da Gatti a Cambiaso, da Rovella a Locatelli. Per carità, calciatori di questo livello non dovrebbero avere problemi ad adattarsi a diversi modi di stare in campo. L’importante è che Spalletti sia pronto a cambiare di nuovo nel caso dovesse accorgersi che il sistema attuale sia utile a dare più tranquillità alla squadra, ma magari insufficiente per competere ai massimi livelli. C’è tempo per arrivare al Mondiale e poi prepararlo al meglio. Ma finalmente la strada è quella giusta. E che il primo obiettivo, dopo la sbornia europea, sia stato conseguito proprio mentre Sinner dimostrava una volta di più di che pasta è fatto un numero uno, può essere considerato di buon auspicio.