Italia-Francia 1-3: perché Spalletti può comunque sorridere

Che cosa resta dopo Italia-Francia e più in generale dopo questo gruppo di qualificazione di Nations League? Intanto, il passaggio ai quarti di finale di marzo 2025, obbiettivo minimo ma necessario. Alzi la mano chi si aspettava a settembre un cammino così con la qualificazione raggiunta con un turno d’anticipo, dopo le macerie lasciate dalla gara contro la Svizzera dell’ultimo Europeo. Ma nel bilancio, come già abbiamo sottolineato, dobbiamo mettere una ripartenza all’insegna di un deciso ringiovanimento e di rinnovate relazioni interne al gruppo. C’è maggiore serenità, c’è piacere nello stare insieme, c’è disponibilità a rimettersi in cammino per un traguardo che deve essere la costruzione di un gruppo forte con conoscenze condivise che si qualifichi per il Mondiale 2026 e senza troppi affanni. In questo senso la Nations League è servita per reinnamorarsi di questa squadra e di godere di una marcata nuova identità, di testare soluzioni tattiche e metodologiche dando spazio ai giovani che il campionato continua a offrire. Rovella è l’ultimo in ordine di tempo a essersi meritato la fiducia di Luciano Spalletti: il centrocampista della Lazio è l’ undicesimo debuttante della sua gestione nel corso della quale il CT ha chiamato 61 giocatori e ne ha impiegati 45 in 20 gare. Il bilancio? 11 vittorie, 5 pareggi, 4 sconfitte, 35 gol fatti e 21 subiti, 6 clean sheet . E poi c’è un dato che riguarda i giocatori: il più impiegato con 19 presenze è Frattesi, che è pure il capocannoniere del periodo con 7 reti. Ora è tempo di sorteggi ma è ancora lontano quello del 13 dicembre, a Zurigo, per le qualificazioni mondiali. Qui saremo teste di serie e questo è un bene; meno bene invece quello che ci aspetta il 22 novembre per i quarti di finale di marzo della Nations League. Ci toccherà una fra Portogallo, Germania e Spagna, tra cambio generazionale e no: tre ostacoli molto difficili e, se giochiamo come contro la Francia, anche impossibili. Ma c’è tempo per crescere ancora, soprattutto per recuperare Calafiori, Ricci, Scalvini e Scamacca che stanno tornando, o valutare altri suggerimenti del campionato . Intanto, giusto così! Siamo arrivati secondi, seppur per differenza reti e questo ci tocca. Verrebbe da aggiungere ‘meglio così’… perché dopo la Francia, una di queste grandi squadre ci misurerà la febbre e capiremo quale sia la medicina migliore per rientrare a pieno titolo tra le nazioni guida. Il cammino continua, dunque. Però la gara di San Siro ci ha fatto male, anche perché l’andata ci aveva illusi che il percorso fosse già tutto in discesa: falso! Intano bravi loro, i francesi. Dopo la lezioncina del Parco dei Principi si sono messi sotto, con umiltà, pare un ossimoro nel caso dei transalpini, e pure buon senso. Didier ha rifatto la formazione: fuori i giocolieri e quelli poco motivati. Dentro altri sette. Più forti per genetica, passo e tecnica, hanno evidenziato alcuni limiti nostri. Pur con buon possesso e più tiri verso la porta, siamo stati meno imprevedibili ed efficaci in zona gol. Palle inattive a parte, ancora 3 gol che necessitano di maggior attenzione e soluzioni ben oltre la difesa a zona: il risultato di 3 a 1 subito ci interroga sull’Italia del 3-5-1-1 e dei quattro mediani. Di fatto, in evidenza si sono messi solo i nostri esterni, i cosiddetti quinti. Solo con Dimarco e Cambiaso abbiamo creato e segnato: l’azione del nostro gol è un manifesto, ma non basta. In mezzo, quando mai abbiamo dato l’impressione di poter sfondare e fare male? Forse nel rush finale tutto cuore con Kean fermato da Maignan allo scadere o quasi. Chiudiamo la nostra Nations League settimi per tiri in porta a gara, primi per percentuale di realizzazione ma se andiamo a vedere tra i nostri primi quattro marcatori solo uno è un attaccante, Retegui, secondo con due gol come Cambiaso e Di Lorenzo, tutti alle spalle dell’incursore per eccellenza, Frattesi, con 3. Piccola riflessione sul sistema di gioco, il 3-5-1-1 con i quattro centrocampisti. Perfetto per il palleggio, perfetto per ritrovarsi senza troppi conflitti al rientro dal campionato, sicuro perché un mediano è…per sempre: se vuoi sacrifico e resilienza, un mediano la garantisce sempre. Ma contro la Francia serviva altro per sfondare in mezzo, dove siamo apparsi davvero un po’ poveri. L’uomo dietro la punta poi che colleghi reparti e suggerisca può essere Barella? Il campo ha detto di no: fa tanto e bene altre cose. A San Siro più mezzala per trovare palloni giocabili che altro. Un’Italia così, con tre difensori, tre centrocampisti, due esterni, due quinti e un trequartista incursore, lascia troppo solo il miglior realizzatore del campionato, Retegui. Prezioso e disposto al sacrificio, è arrivato qui non solo forte di 11 gol e 3 assist ma con nuove conoscenze e con grandi numeri, soprattutto nel gioco associativo: nessun attaccante lavora così bene di sponda per esempio. Servirebbe percorrere anche altre soluzioni, come diceva alla vigila Spalletti. Lì, nella terra di mezzo, starebbe bene un 10 alla Baggio. Ma non c’è: occorre altro. Raspadori e Maldini sono già nel gruppo; ragazzi come Baldanzi, Zaccagni e Zaniolo andranno valutati. La variante in casa a questo punto c’è: fare coppia con Kean per un 5-3-2 di fatto più equilibrato e solido. Il centravanti della Fiorentina come Retegui è arrivato con in dote gol e prestazioni oltre la media degli altri attaccanti della serie A, e come Retegui potrà solo migliorare. E poi vedrete che come capita spesso all’Italia, anche stavolta impareremo dalle sconfitte.