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Roma, tutto Nainggolan. Parla il primo allenatore

Serie A

Il centrocampista belga è sempre più decisivo per la sua Roma, grazie anche ai 12 gol messi a segno in Serie A dal ritorno di Spalletti nella capitale. Per scoprire quali sono i segreti del Ninja siamo andati a intervistare il suo primo allenatore ai tempi della primavera del Piacenza, squadra nella quale Nainggolan ha cominciato. 

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Radja Nainggolan oramai si è preso la Roma. Da quando Spalletti è tornato sulla panchina giallorossa il belga sembra aver completato quel salto di qualità che lo ora lo ha portato alla definitiva consacrazione, anche internazionale. In campo è la guida tecnica ed emotiva della squadra. Non solo gol in continuazione e sempre decisivi, come quello contro il Crotone; ma anche grinta, personalità e la capacità di scuotere con le sue giocate e i suoi recuperi quasi impossibili i compagni nel momento di difficoltà. Leader assoluto, giocatore definitivo. Di lui sappiamo veramente molto, ma per conoscerlo meglio, allora, siamo andati a fare una chiacchierata con colui che per primo lo ha allenato ai tempi della Primavera del Piacenza nella stagione 2005-06, Luciano Bruni. Uno che si era subito accorto di avere sotto mano un giocatore particolare e diverso, sia in campo che fuori. "E' sempre difficile fare previsioni su giovani calciatori a così ampio raggio", ci ha detto, "ma si vedeva che aveva delle qualità importanti, che fosse già avanti rispetto a molti suoi coetanei. A 18 anni parlava già 4 lingue: francese, italiano, inglese e fiammingo". 

Voglia di fare gol - Spalletti ha avuto la grande intuzione di spostare Nainggolan nel ruolo di trequartista, ma è stato proprio Bruni per primo a farlo giocare in quella posizione. Senza però per questo volersi arrogare alcun merito: "Io lo facevo giocare da seconda punta alle spalle del centravanti in un 4-2-3-1, anche perchè lui voleva andare a far gol e mi chiedeva di giocare il più avanti possibile. A lui piaceva fare tutto con la palla e se c'era qualcosa durante un allenamento che non prevedeva l'uso del pallone era un po' assente e se io non guardavo faceva finta di svolgere l'esercizio. Poi, nel momento esatto in cui mi giravo, cominciava a fare quello che gli avevo chiesto".

Radja fuori dal campo - Personalità in campo, esuberanza fuori. Fin da quando era appena maggiorenne si era capito subito che tipetto fosse Nainggolan, come ci spiega proprio Bruni: "All'epoca, quando l'allenavo, di lui già si diceva che fosse bravo ma che avesse una testa molto particolare, ma era un ragazzo. Con lui e con alcuni dei suoi compagni c'era un rapporto molto particolare, anche perché condividavamo un appartamento e per forza di cose io ero una sorta di guardiano di questi ragazzi. Lo controllavo, ma qualche marachella la combinava comunque chiaramente. Come con il bancomat: lo usava in maniera sconsiderata e consumava tutto in maniera cospicua. Alla fine andò in rosso..."

Il rapporto continua - "Ci sentiamo ancora ogni tanto, soprattutto attraverso messaggi. Gliene ho mandato uno dopo la partita contro la Fiorentina, gli ho scritto: "Ma cosa vuoi fare, vincere il Pallone d'Oro?". Vederlo a questi livelli comunque mi rende proprio felice, anche perché il fatto di sapere che un piccolissimo miglioramento, seppur minimo, sia stato merito mio non può che gratificarmi"