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Serie A, le migliori giocate della 16^ giornata

Serie A

Daniele Manusia ed Emanuele Atturo

I miracoli di Sorrentino e Cragno, le sponde di Kalinic, il tacco di Gaston Ramirez e altre perle dall'ultima giornata di campionato

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Gonzalo Higuain è in un grande stato di forma. Dopo un inizio di stagione complicato, dove faticava soprattutto a trovare una condizione fisica decente, il suo rendimento è cresciuto partita dopo partita. Dal 22 ottobre - Udinese-Juventus - i bianconeri hanno giocato 10 partite e Higuain ha segnato 7 gol, fornito 1 assist e un sostegno alla manovra offensiva sempre più ricco e sfaccettato. Higuain viene incontro, offre il primo appoggio spalle alla porta. Spesso non si limita in elementari giocate a muro ma sfrutta l’inerzia dell’uomo addosso per girarsi, inclinare il campo verso la porta avversaria. Correre nei corridoi centrali, allargare sulle fasce, rifinire l’ultimo passaggio.

Quando è in un buon momento di forma Higuain riesce a muoversi con un’agilità sempre sorprendente, riuscendo a smaterializzare un corpo che sembra sempre troppo poco atletico per esprimere l’esplosività che effettivamente mostra. Sabato, in una brutta partita, è stato comunque il giocatore ad aver sbagliato meno. Quello che più di tutti sembrava voler determinare qualcosa per la propria squadra, assumendosi quei rischi da cui la squadra di Allegri è restata lontana.

In quest’azione riceve una traccia centrale di Mandzukic mentre è in corsa. A quel punto accorcia il passo e fa una giocata del tutto anti-intuitiva: lascia scorrere la palla sul piede debole ed esegue una veronica con l’interno sinistro che manda fuori tempo Borja Valero e lo manda fronte alla porta al limite dell’area. È una giocata strana sin dal suo pensiero: Higuain avrebbe potuto portarsi avanti la palla con l’esterno destro o con l’interno sinistro. In quel modo ha invece scoperto la palla verso l’avversario proprio per eluderlo.

Quando Higuain può correre fronte alla porta a una distanza alla portata del suo destro è un incubo. Skriniar perde subito l’equilibrio e Higuain a quel punto sembra poter tirare: di solito è velocissimo ad accorciare il passo per concludere, invece perde l’attimo e si fa inghiottire dalla difesa dell’Inter. Rimane una giocata da non dimenticare, che una volta di più mette in mostra la vastità del repertorio tecnico di Higuain, e il suo stato di grazia attuale.

È difficile capire cosa possa mettere un portiere nelle condizioni di passare quella che di solito chiamiamo “giornata di grazia”, con un fatalismo che poco si lega con la nostra idea di calcio contemporaneo in cui ogni dettaglio viene controllato e lavorato e alla fine ha una spiegazione logica. Stefano Sorrentino ha spiegato la parata sul tiro deviato di Schick - che a meno di dieci minuti dalla fine avrebbe deciso la partita - dicendo: “È uscita la pazzia che è in me”.  Ma non è l’unico momento razionalmente difficile da raccontare della partita di Sorrentino contro la Roma. Nel primo tempo aveva già murato Gerson da pochissimi metri e nel secondo aveva deviato in angolo un’altra occasione importante di Gonalons. Raramente come in questo caso si può dire che la prestazione di un portiere è valsa almeno metà di quella della squadra (con 8 parate equivalenti a 1,4 dei 2,7 xG subìti dal Chievo ieri, come scritto da Alfredo Giacobbe).

Ovviamente bisogna fare la tara alla fortuna, all’imprecisione degli avversari, ma va oltre un certo limite è chiaro che c’è qualcosa (non è chiaro cosa) che dipende dalla forma del portiere in questione. Certo, nel caso di questa parata, possiamo sottolineare l’ottimo riflesso muscolare che gli ha permesso di mantenere l’equilibrio anche se aveva già iniziato a coordinarsi per parare nella direzione opposta, l’istinto probabilmente innato e l’esperienza, la memoria muscolare allenata in vent’anni di professionismo. Probabilmente una parte del cervello di Sorrentino aveva “letto” la posizione di tutti i giocatori coinvolti nell’azione e messo in conto la possibilità di una deviazione, per questo la reazione è così naturale, anche se il gesto tecnico in sé è molto complicato. E poi Sorrentino è un personaggio autenticamente positivo, che utilizza la propria fama sui social network per diffondere messaggi rincuoranti e motivazionali ai suoi tifosi, si merita un po’ di quella gloria di cui troppo spesso non torna indietro niente a nessuno.

Una delle prime decisioni di Diego Lopez una volta subentrato sulla panchina del Cagliari è stata quella di mettere in panchina Alessio Cragno per far giocare titolare Rafael. Cragno è uno dei portieri più promettenti del calcio italiano, anche se uno dei meno pubblicizzati vista anche la fitta concorrenza: ha addirittura 5 anni più di Donnarumma. Cragno si è consacrato lo scorso anno in Serie B difendendo i pali del Benevento. È un portiere moderno: reattivo fra i pali ma anche bravo nel gioco con i piedi.

Sabato Cragno non avrebbe dovuto giocare, come negli ultimi due mesi, ma Rafael ha avuto dei problemi fisici nel riscaldamento. Cragno ha giocato una partita incredibile, che ha fatto sembrare a posteriori ridicola la scelta di Diego Lopez di non farlo giocare. In un contesto in cui, specie nel primo tempo, il Cagliari imbarcava tiri da ogni parte, Cragno ha limitato l’emorragia di gol.

Dopo venti minuti aveva già compiuto un mezzo miracolo su Torreira. Una parata bassa, resa ancora più difficile dal tiro di punta anticipato del centrocampista. Questa meraviglia è arrivata invece alla fine del primo tempo, quando la Sampdoria ha provato a portarsi sul 3 a 0. Ramirez riceve sulla trequarti, lascia scorrere leggermente la palla usando il corpo sul marcatore e tira di mezzo esterno sinistro. È un tiro davvero forte, con una parabola ascendente che sembra schizzare dal terreno fino all’incrocio dei pali. Cragno non fa neanche dei passetti preparatori: trova da fermo l’esplosività per deviare la palla sopra la porta con la mano di richiamo. La reazione di Barreto, esterrefatto con le mani nei capelli, certifica la straordinarietà del gesto oltre la nostra percezione televisiva.

Per completezza dobbiamo dire che Cragno ha effettuato 7 parate lungo la partita. E che a 5 minuti dalla fine ha compiuto un altro piccolo miracolo su una girata di Caprari in area.

In una giornata povera di grandi gesti tecnici il gol di Politano brilla in modo particolare. L’ala del Sassuolo riceve una palla orizzontale da Berardi, se la aggiusta con una mezza veronica col sinistro e tira di interno destro nell’angolo basso. Nel movimento preparatorio sfrutta la caduta di Romero, che dimostra quanto poco basti sbagliare per essere puniti a questi livelli.

La cosa che mi piace di questo gol è che Politano tira piano, davvero piano. Il tiro sembra un puro esercizio di precisione, su una palla che gli era rimasta forse troppo sotto e sul piede debole. Politano è mancino, però non disdegna usare il destro e questo è il secondo gol stagionale realizzato con quel piede. Bisogna ricordare che per un macino è più inusuale che per un destro saper usare il piede debole.

Politano però non si fa scrupoli anche per una generale tendenza a tirare ogni volta che ne ha l’occasione. Lo scorso anno lo segnalavamo nel pezzo dedicato ai giocatori che tirano troppo e in questa stagione ha ripreso da dove aveva finito, sparando verso la porta 2.7 conclusioni ogni 90 minuti. È un giocatore meccanico, a cui però il sistema fordista del Sassuolo richiede di esserlo. Fare poche e semplici cose, tagliare dall’esterno verso il centro e concludere verso la rete. In quest’azione Politano è però dovuto uscire dai binari soliti, ricevendo in una posizione centrale sul piede non suo, e ha mostrato una sensibilità tecnica non scontata. Piccole cose fatte per bene.

Gli attaccanti del Milan non stanno vivendo un buon momento in campionato. André Silva non ha ancora segnato in Serie A; Cutrone non segna dalla partita in casa contro il Cagliari dello scorso 27 agosto; Nikola Kalinic prima di segnare contro il Benevento una settimana fa non segnava da più di un mese, dalla partita con il Chievo del 25 ottobre, e con quattro gol non sta soddisfacendo le aspettative di molti tifosi. In un microclima come quello in cui cui vivono i tifosi milanisti negli ultimi tempi si fa presto ad arrivare a conclusioni eccessive, per questo su Kalinic e sui suoi compagni di reparto si è letto di tutto. Anche ieri, in una partita molto complicata per la squadra di Gattuso, la vittoria è arrivata grazie alla doppietta di una mezzala, "Jack" Bonaventura. Ma se è giusto pretendere una certa quantità di gol ad ogni centravanti, cercare la sua presenza o meno sul tabellino dei marcatori non è mai il metodo migliore per interpretarne la prestazione né tanto meno per poter pensare di conoscerne le qualità.

Nikola Kalinic ha uno dei giochi di sponda migliori della Serie A, con delle qualità tecniche e una visione di gioco che gli permettono, in alcune situazioni, di trasformarsi in una specie di regista avanzato della squadra. È uno stile di gioco che Kalinic rende è ancora più difficile giocando a due, massimo tre tocchi, e che non gli riesce sempre anche perché in fondo non parliamo di un vero e proprio numero dieci ma pur sempre di un centravanti (e quando non riesce  si espone a brutte figure, con tacchi nel vuoto o passaggi imprecisi). Protegge bene la palla con il corpo, ma Kalinic non ha un controllo tale da poter dribblare l’avversario o portarlo a spasso con la palla, quando riesce a sorprendere i suoi marcatori è sempre per una lettura particolarmente brillante dell’azione e una giocata tecnicamente sofisticata.

Contro il Bologna abbiamo visto almeno tre grandi giocate di Kalinic come regista offensivo: l’assist per il primo gol di Bonaventura, dove oltre a salire in cielo e vincere il duello aereo, schiaccia la palla a terra per facilitare ulteriormente il tiro al compagno (che ha visto con la coda dell’occhio o che “sapeva” sarebbe arrivato in corsa); un tacco per Frank Kessié con il marcatore incollato alla schiena, che oltre a servirgli palla sulla corsa, serve ad aprirgli un corridoio in cui Kessié spinge fino ad arrivare al tiro, proprio portando via il centrale che invano tenta di anticiparlo o fargli perdere palla; e infine, la giocata più assurda di tutte, una specie di sponda di petto con cui prolunga la palla dietro di sé per l’inserimento in profondità di Borini. Se volete potete pensare sia casuale, ma allora perché si sarebbe dovuto piegare in quel modo all'indietro? Ovviamente, si può preferire a Kalinic un qualsiasi attaccante da 15 gol stagionali più o meno sicuri (solo lo scorso anno con la Fiorentina e due volte con l’Hajduk ha raggiunto questa soglia mentale), ma di certo non parliamo di un centravanti banale o inutile nelle giornate in cui non segna.

Questa azione della Sampdoria ha una sua perfezione circolare. Inizia da Quagliarella che prova a fare un assist a Ramirez e finisce con Ramirez che serve un assist a Quagliarella. Il centravanti della Samp cerca un cross dalla bandierina del calcio d’angolo, un bel cross teso, ma Ramirez viene anticipato da un grande intervento di Romagna. Poi però Padoin per qualche ragione non rinvia e alza la palla in area di rigore; a quel punto Ramirez è in vantaggio su Cigarini, che lo pressa da dietro, fa un primo controllo come viene solo per dare a Quagliarella il tempo di inserirsi e lo serve con un colpo di tacco che passa tra le gambe dell’avversario. È un gol che mette in mostra la sintonia fra i giocatori offensivi della Sampdoria, oltre che la loro sensibilità tecnica.

È il secondo assist di Ramirez della giornata, che più avanti sfiorerà il gol con un tiro di mezzo esterno su cui Cragno compie un miracolo. È una delle prime volte in cui Ramirez dà un contributo appariscente ai risultati della Sampdoria, in una stagione in cui sta aiutando soprattutto col suo lavoro oscuro di raccordo della manovra in spazi stretti. I due assist di sabato - vanificati dalla rimonta del Cagliari - sono stati comunque il quarto e il quinto della stagione.

In una giornata povera di grandi gesti tecnici il gol di Politano brilla in modo particolare. L’ala del Sassuolo riceve una palla orizzontale da Berardi, se la aggiusta con una mezza veronica col sinistro e tira di interno destro nell’angolo basso. Nel movimento preparatorio sfrutta la caduta di Romero, che dimostra quanto poco basti sbagliare per essere puniti a questi livelli.

La cosa che mi piace di questo gol è che Politano tira piano, davvero piano. Il tiro sembra un puro esercizio di precisione, su una palla che gli era rimasta forse troppo sotto e sul piede debole. Politano è mancino, però non disdegna usare il destro e questo è il secondo gol stagionale realizzato con quel piede. Bisogna ricordare che per un macino è più inusuale che per un destro saper usare il piede debole.

Politano però non si fa scrupoli anche per una generale tendenza a tirare ogni volta che ne ha l’occasione. Lo scorso anno lo segnalavamo nel pezzo dedicato ai giocatori che tirano troppo e in questa stagione ha ripreso da dove aveva finito, sparando verso la porta 2.7 conclusioni ogni 90 minuti. È un giocatore meccanico, a cui però il sistema fordista del Sassuolo richiede di esserlo. Fare poche e semplici cose, tagliare dall’esterno verso il centro e concludere verso la rete. In quest’azione Politano è però dovuto uscire dai binari soliti, ricevendo in una posizione centrale sul piede non suo, e ha mostrato una sensibilità tecnica non scontata.

Non è passato neanche il primo minuto di una partita che per l’Inter aveva assunto un’importanza mostruosa. La squadra di Spalletti deve ancora familiarizzare con l’erba e l’atmosfera dell’Allianz Stadium, affronta la Juventus da imbattuta, con due punti di vantaggio in classifica, e non possiamo ancora sapere se reggerà la pressione di una partita del genere. Dopo trenta secondi la palla scende fino ad Handanovic, che pressato da Mandzukic trova la linea pulita rasoterra per Borja Valero che, di spalle, si prende un rischio eccezionale, forse anche eccessivo, girando di prima in verticale a Vecino. Come faceva a sapere che Khedira, alle sue spalle, non sarebbe arrivato in tempo sul pallone (sembra allungare la gamba solo con un attimo di ritardo), che gli sarebbe sfilato davanti con quella lentezza quasi provocatoria?

Non era detto che Spalletti avrebbe scelto di schierare Borja Valero in coppia con Vecino in mediana, probabilmente per sfruttare l’ottimo momento di Brozovic sulla trequarti e al tempo stesso facilitare l’uscita del pallone della difesa. Ma questa giocata fa capire l’importanza di Borja Valero sul piano carismatico, oltre che tecnico, della gara. Mandare a vuoto con quella tranquillità e naturalezza il pressing della Juventus serve a dare un segnale ai propri compagni quanto ai propri avversari, Borja impone il proprio ritmo alla partita e al tempo stesso ristabilisce l’equilibrio psicologico che il fatto di giocare in trasferta avrebbe potuto sbilanciarsi dalla parte della Juve. Certo, resta il dubbio che magari Borja Valero non si è reso conto del rischio corso, che non avesse visto Khedira in arrivo o calcolato a dovere gli spazi, e persino Vecino sembra sorpreso, deve cambiare direzione alla propria corsa. Ma venendo dai piedi di Borja Valero possiamo quanto meno dire che è possibile lo abbia fatto con piena consapevolezza. E questo ci serve anche per rivedere la nostra idea di “facilitatore”. Il fatto che giocatori come Borja Valero si esprimano creando linee di passaggio per i propri compagni e semplificando le proprie giocate fino quasi a sparire dalla partita, a passare inosservati almeno agli osservatori più superficiali, non significa che giocare come loro sia facile.

In una giornata di campionato povera di giocate puramente offensive, in cui addirittura due portiere hanno meritato di finire nella classifica delle migliori giocate, è d’obbligo un accenno al gioco con i piedi di Alisson Becker. Trova quasi sempre un compagno sia con il calcio lungo che con passaggi più brevi, ma al di là della tecnica è la visione di gioco che spesso gli permette di tagliare le linee di pressione avversarie come fossero burro, stupendo avversari e spettatori. È sempre un metro e novanta per una novantina di chili, sarebbe comunque lento come playmaker, e in generale può andare in difficoltà quando la pressione gli lascia poco tempo per coordinarsi, ma insieme al portiere del Manchester City, e suo compagno in Nazionale, Ederson, al momento è uno dei migliori in Europa. Tite può considerarsi fortunato: il Brasile ha addirittura due portieri con i piedi migliori di molti difensori.