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Napoli, addio "titolarissimi": con Ancelotti il turnover si fa scientifico (e simbolico)

Serie A

Parlano i numeri: rispetto a un anno fa, con Sarri in panchina, nel Napoli non esiste più una differenza marcata tra i primi 11 e gli altri, in termini di minutaggio. Basti pensare che oggi il "dodicesimo uomo" è Hamsik...

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C’erano una volta i “titolarissimi”, così eravamo abituati a chiamare quel manipolo di uomini a cui Sarri aveva affidato le sorti del suo Napoli. Undici, sempre quelli, più un paio per qualche rotazione di emergenza: potevi recitare a memoria la formazione, con tutti i pro e i contro del caso (a partire dalla principale “accusa” mossa a Sarri al termine della stagione, cioè quella di essere arrivato alla volata finale con i giocatori “spremuti”). Oggi quegli undici non ci sono più, o meglio: sono di più. Ancora presto per dire cosa sia meglio o peggio: per ora possiamo limitarci a constatare come le cose siano totalmente cambiate.

Sono i numeri a darci l’idea della sparizione del concetto di “titolare” (figuriamoci quello di “titolarissimo”) nel Napoli di Ancelotti, dopo le prime 8 giornate di campionato. Un solo giocatore sempre presente e mai sostituito, Koulibaly (come un anno fa), ma alle sue spalle un lungo elenco di compagni con un ottimo minutaggio, frutto del turnover “scientifico” studiato da Carletto. Così, se con Sarri il classico “dodicesimo uomo” era Zielinski, che all’ottava giornata a malapena metteva insieme 300 minuti in campo (in media meno di un tempo a partita), oggi non esiste più uno stacco netto dopo l’undicesimo della lista. Anche perché il “numero 12” è diventato un certo Marek Hamsik.

Hamsik "dodicesimo uomo"

Ecco allora il primo dato che fa riflettere: la risalita di Zielinski nelle nuove gerarchie (addirittura il quarto giocatore più utilizzato con il doppio dei minuti rispetto a un anno fa: 600) coincide con la "caduta" di Hamsik, ex titolarissimo oggi impegnato per 383 minuti fino a questo momento. Un numero che comunque si discosta poco da quelli di chi lo precede: nella “top11” dei più utilizzati, infatti, Mertens è a 406 minuti, Milik a 417 (grande balzo in avanti per lui rispetto alla gestione-Sarri), Callejon a 451. Sono tutti lì, insomma, e anche alle spalle di Hamsik non ci si lamenta certo per la scarsa considerazione da parte dell’allenatore: Diawara, Malcuit, Maksimovic, Verdi, Rog, Ounas, Fabian Ruiz… tutti stanno avendo le loro chance, certificate dal minutaggio. Se anche un insostituibile come Callejon e il miglior marcatore della squadra Mertens hanno iniziato a conoscere la panchina, vuol dire che c’è veramente spazio per tutti.

Giocano tutti di più, insomma, con Mario Rui a capo della banda dei beneficiati (+488, "aiutato" anche dall'infortunio di Ghoulam), seguito da Milik (+328 minuti), Zielinski (+301), Maksimovic (+106), Rog (+106), Ounas (+85). Hanno rosicchiato minuti e campo ai vari Insigne (-108), Callejon (-197), Mertens (-230), ma per loro, gli ex-titolarissimi, si tratta di perdite che distribuite su 8 partite non si fanno quasi sentire (Insigne, in media, ha giocato circa 13 minuti in meno a partita), e dunque più che accettabili.

La seconda considerazione va fatta sul portiere: un anno fa, dopo 8 giornate, Reina non aveva lasciato nemmeno le briciole al suo vice, con 720 minuti da titolare. Oggi Ospina è fin qui il più utilizzato dei due portieri, ma si è alternato con Karnezis (450 minuti a 270), tanto da figurare solo al nono posto dei più utlizzati, una caso rarissimo per quel ruolo.

Il valore psicologico del turnover

A questo punto, il messaggio di Ancelotti pare chiaro e la sua scelta probabilmente va oltre il semplice voler preservare le forze in vista di una stagione lunga e sfiancante. Si tratta di una vera e propria dichiarazione alla squadra, tanto che il suo turnover “scientifico” diventa quasi “simbolico” (ne ha parlato in questi termini Alessandro Del Piero a Sky Calcio Club): a voler ben vedere, che senso aveva una rotazione massiccia come quella fatta contro il Sassuolo (nella giornata che precede la pausa nazionali), se non quello di far capire ai suoi giocatori quanto tutti siano ugualmente importanti? Coinvolgo tutti perché mi fido di tutti, dal primo al ventesimo e anche oltre. Il messaggio alla squadra non sta solo nel fare il turnover, ma anche nel “quando” lo si fa.