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Paulo Sousa a Sky: "Chiesa ha la stessa fame di Cristiano Ronaldo. Mi piacerebbe allenare la Roma"

Serie A

L'ex allenatore della Fiorentina in esclusiva a Sky Sport: "Chiesa ha la stessa fame di Cristiano Ronaldo, Bernardeschi è nel posto migliore per crescere. La Juve è la favorita per la Champions. Mi piacerebbe allenare la Roma in futuro. Astori? Mi rivedevo molto in lui e nei suoi valori"

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Paulo Sousa ha assistito al match di campionato tra Fiorentina e Roma dalla tribuna del Franchi, quello che per due anni (dal 2015 al 2017) è stato il suo stadio: "Come è stato tornare al Franchi? Non mi aspettavo l'emozione che ho vissuto, passeggiare allo stadio mi ha trasmesso belle sensazioni, mi sono sentito a casa ricordando quello che ho vissuto con i tifosi, con questa città e con questa società. Sono una persona che vive di emozioni, ma allo stesso tempo sono anche freddo e so distinguere queste cose. Qui ho vissuto grandi emozioni. Sono felice di essere tornato", spieha il portoghese in una lunga intervista esclusiva concessa a Sky Sport. L'allenatore portoghese, attualmente senza squadra dopo la fine della sua avventura con i cinesi del Tianjin Quanjian, ha parlato del suo passato, del suo presente e anche dei suoi obiettivi per il futuro, compreso il desiderio di poter un giorno allenare la Roma.

Hai lasciato il cuore a Firenze?
"Sì, possiamo dirlo, il calcio per me è tutto, grazie a Dio posso fare quello che amo. A Firenze ho vissuto due anni importanti".

Il primo anno di Fiorentina è stato il migliore della tua carriera?
"Per i risultati e le emozioni sì, ma il cuore io lascio sempre ovunque, il mio primo obiettivo è migliorare i giocatori, arricchirli, capire i tempi e gli spazi per valorizzarli e insieme raggiungere risultati. Questo lo faccio sempre con emozione e con il cuore. Con il mio staff diamo tutto per la società e per i giocatori".

Cosa provi quando vedi i tuoi ex ragazzi che si stanno affermando in giro per il mondo, da Chiesa e Bernardeschi, passando per Vecino, Alonso e Kalinic?
"Sono contentissimo, dovunque ho allenato sono sempre riuscito a valorizzare i miei giocatori. L'obiettivo è quello di creare una cultura di vittoria, per progredire e superare i momenti difficili. L'ho sempre fatto, ricevo questo riconoscimento quotidianamente: questi giocatori mi chiamano sempre, hanno sentito una crescita e un rapporto personale importante".

Ti piace la crescita di Bernardeschi?
"Non avevo dubbi su Federico. La Juve ha una cultura di vittorie importante. Vivere quello che è la Juve è la cosa migliore per il suo ultimo step di maturità, gioca insieme a tanti campioni. In altre società sarebbe stato diverso".

Bernardeschi simbolo dell'Italia, è possibile?
"Lo spero e lo credo. L'Italia sta vivendo un momento dove si deve conoscere e affermare. Negli ultimi anni il campionato italiano sta crescendo sia come giocatori che come proposte tattiche. Mantenendo sempre il pragmatismo di vincere, ma vedo anche altre proposte tattiche da parte dei miei colleghi. Per una Nazionale è sempre difficile il cambio generazionale e questo non aiuta i giocatori che non sono completamente maturi. Ma per lui, così come per altri, questa maturazione arriverà: sarà un giocatore super per la Nazionale italiana".

Chiesa sta facendo il percorso giusto?
"Secondo me sì, è ancora giovane, c'è sempre un momento di passaggio quando tutti parlano e hanno aspettative altissime su di te, c'è un momento in cui puoi perdere l'equilibrio, ma lui ha una famiglia e una base straordinaria. La sua base personale per certi aspetti mi ricorda Cristiano Ronaldo: per la fame di arrivare e di superarsi, di essere sempre il migliore e di battere tutti i record. Ha dei valori buoni per indossare la fascia di capitano della Fiorentina".

Nel futuro Chiesa sarà un bandiera viola o magari andrà in top club per vincere?
"C'è sempre polemica su questo. Secondo me questa è la città giusta per creare una cultura della vittoria, ma per farlo serve tempo, serve una strada. Chiesa ha bisogno di un altro step, di una struttura che ha già questa cultura della vittoria. Non sono tante le squadre che ce l'hanno. Per me è un predestinato, può ancora crescere, può arrivare a vincere tutto.... Ma allo stesso tempo credo che non sia ancora arrivato quel momento. Lo stanno gestendo molto bene, la Fiorentina lo può aiutare molto".

Come vedi la Fiorentina di oggi?
"E' molto diversa dalla mia. Si vede chiaramente l'immagine di Pioli. Io l'ho affrontato contro la Lazio e contro l'Inter. Lui ha il suo stile, che è diverso dal mio. Questa Fiorentina è una squadra giovane, a livello difensivo gioca a uomo, con ripartenze veloci".

La Roma come ti è sembrata?
"A livello individuale è una squadra fortissima. Rosa ampia, piena di qualità. Hanno fatto investimenti importanti sui giovani. Ma Roma non è Firenze, è una piazza completamente diversa. Deve vincere e giocare bene anche perché è abituata ad alti livelli. Sta avendo difficoltà perché non riesce a mantenere sempre certi giocatori per infortuni, per cambi, per strategie e questo rende difficile mantenere equilibri, qualità e intensità di gioco. Ma Di Francesco l'anno scorso ha fatto bene nella gestione, e sulle difficoltà che stanno passando - quest’anno più dell'anno scorso - hanno avuto una buona gestione. In quella piazza c'è sempre pressione, c'è il rischio di cambiare subito rotta, mentre loro riescono a mantenere equilibri, questo è importante".

Ti piacerebbe allenare la Roma?
"Mi piacerebbe, l'ho sempre detto. Questo è il mio target, il mio obiettivo. Dopo la Fiorentina le mie aspettative erano altre, volevo una squadra per vincere il campionato e lottare in Champions. Il timing non è stato il migliore per me, ho dovuto prendere alte decisioni. Ma questo è il mio target, se c’è la Roma o una squadra così io aspetto, se devo fare ancora un passo indietro nel mio percorso per arrivare lì, lo farò, non ho problemi. Posso fare quello che mi piace ovunque, ma questo è il mio target e voglio arrivare lì, sono sicuro che ci arriverò".

Hai ricevuto telefonate dalla Roma?
"No, mai, lo dico onestamente, mi piace stare al mio posto. Non mi piace apparire di continuo, mi piace vedere il calcio e guardare i colleghi cosa fanno, dal vivo ancora di più. Prendo spunti e idee. E auguro ai miei colleghi il meglio, ma la nostra vita è così: il risultato negativo di uno è l’occasione per altri".

La Juve ha già vinto lo scudetto o possono rientrare in corsa altre squadre?
"Quella che vedo con qualche possibilità è l'Inter. Si tratta di una squadra costruita per vincere, forte, con una rosa ampia e un allenatore con molta esperienza. Ha il pragmatismo degli italiani ma anche un suo gioco combinato con dinamiche che cambiano strategicamente per ogni partita in base agli avversari. Ha giocatori forti con esperienza, può competere con la Juve, che ha sempre la capacità di acquistare i migliori e ha una cultura vincente: difficile batterla, quest'anno è partita forte e ha avuto un impatto importante anche Cristiano Ronaldo".  

Juve favorita per la Champions?
"Sì, ha esperienza, ha giocatori importanti, ha gioventù e qualità, si sta rinfrescando e ringiovanendo continuamente e dopo anni in cui è stata vicina a vincere la Champions, quest'anno creso sia l'anno buono. L'opportunità che la Juve ha avuto di prendere il migliore del mondo dà più corpo e forza a quello che cercano da anni".

Tu hai avuto CR7 nelle Nazionali giovanili, com'era?
"Era uguale, oggi naturalmente è più maturo e consapevole. Voleva diventare grande. Ma lui ogni anno vuole superarsi, quello che dicevo di Chiesa, lui è stato nove anni nel Real Madrid, ha vinto tutto e poi ha scelto la Juve perché sa che la Juve può garantirgli di continuare a superarsi, anche alla sua età. Matrimonio straordinario per loro due e anche per il calcio italiano".

Magari torni ad allenarlo alla Juve dove hai vinto la Champions da calciatore?
"Questo sarebbe un riconoscimento straordinario. Ma la cosa di cui sono più orgoglioso è che ovunque sono stato ho lasciato qualcosa di umano e professionale, questo me lo riconoscono dappertutto".

Il tuo ricordo di Astori?
"Aveva carisma e personalità. Abbiamo scelto di farlo diventare capitano, ma lui non aveva bisogno della fascia, lui era già capitano per il suo carisma. Questa personalità, questa unione con compagni e città, era speciale. Era un ragazzo super sensibile, non è facile parlare di certe emozioni. Era molto educato e gentile, ma allo stesso tempo aveva personalità. Aveva sempre un'attenzione particolare per gli altri, per i bambini, per tutti. Mi rivedevo molto in lui e nei suoi valori umani".