Coni, Figc e Lega Serie A al Governo: "Troppa burocrazia, aiutateci a rifare gli stadi"
Serie AMalagò, Gravina e Dal Pino scrivono al Governo per chiedere attenzione sulla questione impianti: "Serve ridurre tempi per le autorizzazioni, i nostri stadi molto meno accoglienti che in Inghilterra, Spagna, Francia e Germania. Il calcio italiano rischia il fallimento a causa di immobilismo e burocrazia"
Per ripartire servono stadi rinnovati e l'aiuto dello Stato. La richiesta è messa nero su bianco dai presidenti di Coni, Federcalcio e Lega Calcio in una lettera indirizzata al premier Conte e ai ministri Spadafora, Gualtieri e Franceschini. I vertici dello sport e del calcio italiano evidenziano lo stato di crisi del settore, anche a causa dello “stato obsoleto e carente delle infrastrutture sportive del Paese, imparagonabili agli stadi presenti in Europa”.
"In Italia 8-10 anni per un'autorizzazione"
"Le case per i nostri tifosi non sono più accoglienti - si legge nella lettera - l’Italia è alle spalle di Inghilterra, Germania e Spagna per ricavi medi, spettatori, modernità degli impianti, numero di nuovi stadi costruiti negli ultimi vent’anni”. Esempi virtuosi, "frutto di 11 miliardi di euro di investimenti". Nonostante l'intervento del DL Semplificazione per agevolare la ristrutturazione degli impianti sportivi "permane un iter autorizzativo complesso e con troppi Enti Pubblici coinvolti- sottolineano Coni, Federcalcio e Lega - non possiamo più aspettare, chiediamo al Governo l’apertura di un tavolo di lavoro dedicato per far ripartire il nostro sistema". Al documento è allegato il Rapporto Monitor Deloitte, che spiega come il rinnovamento degli stadi in Italia potrà comportare investimenti fino a 4,5 miliardi di euro per i prossimi 10 anni, con la creazione di 25 mila nuovi posti di lavoro e un gettito fiscale di 3,1 miliardi di euro. La richiesta non è di "fondi ma di interventi mirati per semplificare l’iter per costruzione e l’ammodernamento degli impianti. I tempi medi per ottenere l’autorizzazione per un nuovo impianto in Italia variano tra gli 8-10 anni, dato sensibilmente superiore rispetto al benchmark europeo che si attesta a 2-3 anni". Idee chiare, che passano per la revisione di tre punti.
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Snellimento del processo autorizzativo
Il primo è il processo autorizzativo "che in Italia comporta 7 fasi rispetto alle 2 previste in Germania e alle 4 come media europea". Si chiedono quindi la definizione di un processo semplificato per interventi di rinnovamento su stadi esistenti, anche con l’introduzione di un’unica Conferenza dei Servizi; l'assegnazione diretta della realizzazione del progetto al soggetto proponente o applicazione della procedura di appalto pubblico solo per opere di urbanizzazione e di interesse sociale; la revisione delle verifiche sul soggetto proponente, limitando la prima approvazione a condizioni chiave e rimandando la verifica di ulteriori requisiti alla presentazione del progetto definitivo.
Riduzione delle autorità coinvolte
Altra proposta è quella di “ridurre il numero di autorità competenti coinvolte, attualmente 6, allineandosi alle best practice di mercato con 1/2 autorità a seconda dei casi". Per questo Coni, Federcalcio e Lega chiedono la creazione di una commissione unica che aggreghi tutte le istituzioni pubbliche per aree di competenza. Si chiede anche che i club possano diventare direttamente soggetti proponenti di interventi di costruzione e riqualifica tenendo conto anche della "valorizzazione dell’effetto di rigenerazione urbana dell’intervento".
"Rivedere sostenibilità, calcio a rischio fallimento"
Terzo e ultimo punto è la sostenibilità del progetto, considerando che "l’Italia è l’unico Paese europeo con il divieto ex-ante di prevedere opere residenziali". Si preme per l'ottenimento della proprietà della struttura alla scadenza della concessione di 99 anni a titolo gratuito o pagando un prezzo di riscatto agevolato, per l'utilizzo dell’area entro 500 metri dall’impianto per attività di sicurezza ed entro 2 km per attività di parcheggio. Altri temi caldi sono le agevolazioni fiscali come il credito d'imposta e il supporto all’accesso al credito per i club, fino alla "promozione di strumenti di cooperazione tra pubblico privato con progetti di partenariato". Obiettivo comune, concludono Malagò, Dal Pino e Gravina, è "rilanciare il calcio italiano, che in questo momento rischia il fallimento a causa dell'immobilismo e della burocrazia".