E poi ne rimangono (quasi) mille

Allegri allena in serie A dal 2008 con l’unica interruzione dal 2019 al 2021, quando – in un’altra occasione – la proprietà della Juventus aveva pensato che vincere gli scudetti fosse troppo poco e che per svoltare in Europa ci si dovesse legare a una proposta di gioco più moderna. Superfluo ricordare com’è andata a finire. Pioli inizia due anni prima a Parma, poi il biennio in B e tutta una tirata fino al giugno scorso con piccole pause legate a subentri, esoneri e rescissioni. Uno, Allegri, ha vinto tanto, l’altro, Pioli, ha vinto in maniera inattesa da allenatore maturo uno scudetto impensabile. Eppure, nessun club di serie A ha concretamente pensato di affidarsi a loro, che nel corso degli anni hanno dimostrato competenza, affidabilità e capacità di adattamento. Mai schiavi di un’ideologia, hanno avuto sempre la capacità di mettere in discussione le loro idee. Qualche volta hanno avuto modo di esaltare le doti offensive del gruppo a disposizione e in altre occasioni hanno avuto la lucidità di appoggiarsi su sistemi meno rischiosi. Obiettivo quello di trovare la sintesi tra le proprie idee e il materiale a disposizione. Alcuni dati confermano questo elemento. Allegri ha avuto il miglior attacco della Serie A nella stagione 2011/12 alla guida del Milan e nell’annata 2014/15 con la Juventus . Ha invece avuto la miglior difesa del campionato nell’anno dello scudetto vinto con il Milan e poi ininterrottamente con la Juve dal 2014/2015 al 2018/19. Pioli, invece, ha avuto la miglior difesa del campionato nell’anno dello scudetto , mentre 10 anni fa – alla guida della Lazio – ha avuto il secondo miglior attacco della Serie A . Nell’ultimo campionato Pioli non è riuscito a trovare equilibrio tra le fasi, bene i gol realizzati ma insufficiente l’aspetto difensivo . La Juve di Allegri, invece, è sempre stata molto solida dietro, ma ha faticato a trovare un sufficiente sviluppo di soluzioni offensive. Allegri ha raggiunto i suoi obiettivi, qualificazione in Champions League e vittoria della Coppa Italia, mentre Pioli soltanto in parte, perché nelle coppe era lecito aspettarsi di più . In numeri ci dicono qualcosa, per esempio che Allegri e Pioli appartengono a quella sottocategoria di allenatori convinta che nel calcio la verità non esista. Quando prendono una squadra sanno sempre seguire il percorso più logico considerando il contesto, ma perché allora sono senza squadra? Una certa corrente di pensiero fa passare Max Allegri come un dinosauro legato eccessivamente alla tradizione, come se giocare calcio ‘all’italiana’ sia diventata una modalità da proporre di nascosto. È vero, ama rifugiarsi nel blocco basso e negli ultimi anni ha proposto poche volte e controvoglia una squadra pronta a intimidire l’avversaria nella sua metà campo e ha faticato tanto a mettere contemporaneamente tre uomini di natura offensiva. Può bastare a questo a tenere fuori un allenatore così vincente? La Juve in passato ha già fatto scelte di questo tipo provando ad allontanarsi dalla sua natura di squadra eccellente nel costruire i suoi cicli vincenti su una formidabile struttura difensiva. Quando lo ha fatto le cose non sono andate bene. Da Maifredi a Sarri, l’ambiente ha sempre vissuto queste esperienze come un inserimento di corpi estranei dentro un DNA ben riconoscibile. Legittimo provarci, meno considerare un uomo vincente come Max Allegri il binario morto di un viaggio pieno di ostacoli. La gestione di Allegri del gruppo negli anni delle gravi vicissitudini societarie andrebbe studiata sui banchi di Coverciano al corso allenatori. Per Stefano Pioli l’offerta è arrivata dall’Arabia, nessuna dai nostri club. Al Milan sono soprattutto i derby consecutivi persi a spezzare l’empatia col mondo rossonero. Strano destino. Ha vinto un campionato senza avere la squadra più forte, ha portato una buona squadra in semifinale di Champions eliminando il super Napoli di Spalletti. Tutto questo partendo da un momento di totale depressione dopo l’esonero di Marco Giampaolo. Ha rimotivato un ambiente, sperimentato e vinto. Tutto questo non è bastato. Le proprietà hanno tutto il diritto di cambiare allenatore quando pensano che un ciclo sia finito, abbastanza originale rimane il fatto che nessun club abbia considerato la storia di Allegri e Pioli per cominciare un nuovo percorso tecnico.