Tra rilancio e anonimato Vanoli sta costruendo una nuova identità

Poco prima che segnasse sarebbe dovuto uscire. Vanoli aveva già deciso il cambio mentre Lazaro sgusciava sulla sinistra mettendo un cross perfetto per il colpo di testa di Zapata: 2 a 0 per il Torino, panchina tutta in campo, spicchio dei 700 tifosi granata in delirio. Mancavano 19 minuti alla fine. Vanoli era arrivato fin lì teleguidando i suoi dalla panchina. Abbracciando il suo capitano all’uscita lo ha stretto forte, per quanto si possa stringere un fisico imponente come quello di Zapata, che ha sorriso stremato. Il Torino sta cambiando identità dopo tre anni sotto il regime Juric e la legge dell’uno contro uno. Ha iniziato la partita con un solo nuovo acquisto: il difensore Saul Coco, ordinato e preciso. Per il resto, stessi giocatori e stesso sistema , da interpretare però in maniera completamente diversa: linea difensiva alta, zone da presidiare, ricerca degli spazi liberi dove farsi vedere o infilare la palla per l’inserimento del compagno, raddoppio di marcatura. L’esordio da allenatore in serie A di Vanoli a 52 anni è stato un continuo indicare posizioni, movimenti, passaggi. Spesso mimando anche la postura da assumere. Sta cercando di cambiare la filosofia della squadra, senza perdere i vantaggi della capacità difensiva eredità di Juric soprattutto dal punto di vista dell’attenzione, ma non seguendo più l’avversario a tutto campo, piuttosto tenendo il possesso palla con pazienza. Vanoli in panchina ha fatto volare bottigliette col suo ancora ottimo sinistro quando vedeva lanci lunghi affannosi invece che passaggi corti per ricominciare l’azione. Viceversa ha sbuffato osservando appoggi comodi al posto dei cambi di campo per cercare Bellanova, spesso libero. Ma quando le cose hanno funzionato il Torino si è mosso in modo lineare e pericoloso in fase offensiva, sfruttando le fasce e gli inserimenti della coppia Ricci-Ilic. Metodica e senza sbavature la regia di Linetty. Un nuovo Toro sta nascendo e tutto dipenderà dalla convinzione con la quale i giocatori seguiranno le idee di Vanoli, che però ha bisogno di una rosa con maggiore qualità nelle alternative: questo è il punto decisivo. Il sogno granata di vincere in campionato a San Siro col Milan dopo 39 anni si è infranto nel giro di 7 minuti: è stato sufficiente che Lazaro e Bellanova chiedessero di uscire per i crampi all’87' sul 2 a 0. A quel punto Vanoli ha messo l’esordiente Dembelè a destra con Leao che lo ha puntato subito con successo, Sazonov centrale con Vojvoda esterno a sinistra. La difesa che fino ad allora aveva retto l’urto è andata in affanno, spaesata. Quando Morata ha beffato Milinkovic Savic, in panchina Lazaro saltava come un forsennato indicando ai compagni la testa e il cuore per scuoterli: "Dai, teniamo duro, manca poco!". Invece nel recupero è arrivato il colpo al cuore di Okafor. "Se Karamoh avesse toccato meglio quella palla ad Adams solo in area finiva 3 a 0 e tanti saluti" ripetevano in molti nello spogliatoio del Torino a fine partita. Un episodio simbolico con il francese subentrato al posto di Zapata che aveva fallito un comodo assist. A Vanoli sarebbe servita soprattutto la qualità delle alternative, intesa anche come funzionalità. Non certo dei top player, ma giocatori in grado di non far rimpiangere chi esce. Un problema che si trascina dai tempi di Juric. La questione di fondo da risolvere, se si vuole fare il salto di qualità. La panchina ha fatto la differenza in negativo a San Siro. A sinistra è arrivato Borna Sosa, arriverà almeno un centrale difensivo titolare. Basterà? La sensazione è che manchi poco al Toro per cambiare marcia. Vanoli aspetta con pazienza. "Un esordio quasi perfetto, quasi…" ha ripetuto lasciando San Siro. Il "quasi" da cui passa il futuro del Torino: rilancio o anonimato?