Il Simposio di Lissone: la ricchezza delle filosofie opposte di arbitri e allenatori

“Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione e la soluzione giusta”. Se non avesse suppergiù duemila e quattrocento anni potremmo spacciarla come la sintesi dell’incontro di Lissone. Anzi, chiamiamolo il Simposio di Lissone, e non solo perché la massima che ci ricorda la ricchezza di un certo relativismo culturale sia di Platone, ma perché tecnicamente in Brianza, nel centro di produzioni televisive della Lega che tutti conoscono per la celebre sala Var, un simposio c’è stato davvero, con un banchetto conviviale in cui il dialogo iniziato nella sala conferenze, è proseguito tra una fetta di culatello e un tocco di formaggio stagionato , animandosi senza scaldarsi troppo: per quello aspettiamo il campo. D’altronde, come ha mormorato un saggio da quelle parti, al primo episodio controverso c’è chi scatenerà l’inferno. Non ora, non in questa circostanza: al banchetto di Lissone tutti amici. D’altronde l’obiettivo del consueto incontro voluto dai dirigenti degli arbitri e raccolto dalla maggioranza degli allenatori di Serie A era quello di un confronto. Di un dialogo, appunto, sempre per scomodare l’autore del vero Simposio. Avviene all’inizio di ogni stagione, ma i vertici dell’AIA vorrebbero giustamente raddoppiare l’appuntamento quando le giornate, e i casi di cui discutere, saranno di più e più scottanti. Di cosa si è parlato allora? Dei falli violenti, ad esempio, e dell’intenzione di punire severamente chi mette a rischio la salute di un altro giocatore, a prescindere dall’intenzione. Del tempo effettivo, pure, e di come non sia una vera esigenza se non quando il risultato mette fretta a chi insegue. Al contrario, tutti convergono sulla necessità di un gioco più fluido, quello sì piace a tutti, e dipende dall’atteggiamento dei giocatori, a volte poco in linea con certi principi di lealtà richiesti dallo sport, ma anche dalla personalità degli arbitri, come ha segnalato con franchezza il loro Responsabile, Gianluca Rocchi: un carisma nella gestione delle partite che i vertici dell’Aia continueranno a stimolare. Nulla che divida davvero le opinioni, almeno sino a quando non si parla di rigori, moderni o antichi che siano, specie quelli che nascono da un tocco proibito di mano o di braccio. È qui che i problemi iniziano ad avere più soluzioni, quella proposta dagli arbitri e quella indicata dagli allenatori. “Due filosofie”, ha sintetizzato Rocchi, e stavolta il tanto abusato concetto non può che essere opportuno. E non perché giriamo sempre attorno al Simposio, ma perché entrambe le prospettive godono della sistematicità e della coerenza interna che una filosofia presuppone. “Noi ci riferiamo costantemente al regolamento, gli allenatori al campo”. Da punti di osservazione diversi non possono che emergere punti di vista diversi. Da una parte c’è il percorso deduttivo che dalle regole generali interpreta il caso particolare, dall’altro l’esperienza di tanti casi particolari, uno dopo l’altro, che fa arrivare a dei principi generali. Non se ne viene a capo, e non dall’altro ieri, o da centocinquant’anni, tanti ne ha più o meno il calcio, ma da duemilaquattrocento almeno. Hanno ragione gli arbitri o gli allenatori? Platone o Aristotele? C’è chi li metterà insieme certo, trovando una sintesi parecchi secoli dopo, ma non chi metterà tutti d’accordo. Accettare questo limite, che è anche una ricchezza, sarebbe un ottimo, inedito, fischio d’inizio alla ripresa del campionato. Il conflitto tra ‘più verità’, tutte vere, tutte ugualmente valide, porterebbe un’aria fresca, più leggera sui campi, non da banchetto certo ma neppure da trincea. A proposito di aria, c’era un’atmosfera da primo giorno di scuola a Lissone. Sarà il periodo dell’anno, che coincide più o meno con questa scadenza. Sarà che in fondo tre giornate cosa sono. Sarà che qualcuno era al suo primo incontro con l’AIA da allenatore di serie A e infatti si è trattenuto più degli altri: gli ultimi ad andare via Vanoli e De Rossi. Sarà che messi insieme, sembravano davvero una classe, di primi della classe, pronta per la foto ricordo. Tutti pronti a insegnare calcio ma ancora disposti ad impararlo, con passione per passione. Nel vero Simposio si dialogava d’amore. In fondo anche a Lissone…