Milan, chi è Maximilian Ibrahimovic: il racconto dell'ex allenatore del figlio di Zlatan

26 gennaio 2021-21 settembre 2024: da Zlatan a Maximilian. Competizioni diverse, categorie diverse, risultati diversi ma un unico cognome. Tre anni e nove mesi dopo l’ultima volta, un Ibrahimovic è tornato a segnare in un derby di Milano con la maglia del Milan. Ma se Zlatan non ha certo bisogno di presentazioni, suo figlio Maximilian è un talento ancora tutto da scoprire. Arrivato in Primavera quest’anno, il classe 2006 ha iniziato la stagione alla grande: quattro gol nelle prime cinque giornate di campionato e tante giocate di qualità. Schierato attaccante esterno di sinistra nel 4-3-3 di Federico Guidi, il giovane Ibrahimovic sta mettendo in mostra le sue migliori capacità: la corsa palla al piede e il tiro. Qualità che ha sviluppato negli anni e sotto la guida di Christian Terni, suo ex allenatore per una stagione e mezza nell’Under 18 rossonera. “Per me parlare di Maximilian è un piacere, sono molto legato a lui, come a tutti i ragazzi che ho allenato in questi anni al Milan. Sono l’allenatore che ha avuto per più tempo Maxi a Milano, quindi lo conosco molto bene e ho seguito quasi tutto il suo percorso di crescita” ci ha raccontato Terni, attuale vice allenatore del Foggia. Un percorso di crescita che è partito con delle difficoltà. Inizialmente, infatti, Maximilian non giocava molto: “Lui era in Under 17, mentre io ero l’allenatore l’Under 18 e a metà stagione con l’allora direttore Angelo Carbone si era deciso di farlo salire di categoria. Sapevamo non fosse pronto per fare già questo salto, però noi eravamo sempre un po' corti numericamente e lui in Under 17 non trovava spazio. Quindi, in maniera un po' azzardata, avevamo deciso di dargli spazio in una categoria superiore. Fin da subito Maxi si è messo a disposizione con grande disponibilità, nonostante sapesse che non sarebbe stato facile trovare spazio. Nei suoi primissimi allenamenti era un po’ timido, come normale che sia, ma in pochissimo tempo si è ambientato, nonostante all’inizio parlasse solo inglese. Alla fine ci siamo incontrati un po' a metà strada e avevamo italianizzato l’inglese e inglesizzato l’italiano”. Ma oltre alla lingua, Maxi ha dovuto fare i conti con altri ostacoli: “A quell’età una categoria in più o in meno fa molta differenza. In Under 18 ha trovato giocatori più esperti e fisicamente più forti. Però si è messo a lavorare duramente ed è riuscito a giocare qualche partita, sfiorando anche il gol in più di un’occasione. Non ha giocato moltissimo in quei mesi, però ha lavorato tanto ed è stato un momento chiave della sua crescita, come mi ha detto lui stesso l’anno successivo. È stato un periodo in cui ha trovato poco spazio in campo ma allo stesso tempo è cresciuto tanto come ragazzo e come calciatore”. Accettare di non giocare non è mai semplice e a quell’età se non sei in grado di restare concentrato sul tuo obiettivo c’è il rischio di perdersi. Ma, dotato del ‘DNA Ibrahimovic’, non ha mai mollato: “Era sempre molto sereno, quando non giocava non si lamentava. Ma questo non significa che non volesse giocare, anzi. Nel suo DNA aveva – e ha – quella voglia e quello spirito di arrivare, di volere emergere, quasi a dispetto di tutto e di tutti”. Una voglia che non lo ha mai fatto smettere di allenarsi e, anzi, lo ha continuamente motivato a dare quel qualcosa in più che alla lunga fa la differenza: “È sempre stato un grande lavoratore, veniva il campo sempre prima degli altri e si metteva a disposizione per qualsiasi tipo di lavoro individuale con Marco Visconti, un collaboratore che faceva parte del mio staff l'anno scorso”. E proprio con Visconti Maximilian ha lavorato duramente per migliorare alcuni fondamentali: “Credo che Marco sia stato un elemento di crescita importante per Maxi, prima di ogni allenamento facevano un lavoro di individualità tecnica e lavoravano sui tiri in porta, i controlli e i dribbling”. Allenamenti, individuali o di gruppo, in cui ‘Ibra Junior’ era molto severo con sé stesso: “Quando non gli riusciva qualcosa era molto esigente con sé. Non accettava di sbagliare e insisteva finché non riusciva, pretendeva sempre moltissimo da sé. E proprio per questo suo atteggiamento da perfezionista, che aveva tanto in allenamento quanto in partita, nessuno ha mai potuto dire ‘gioca perché è il figlio di Zlatan’”. Nella crescita di Ibra è importante anche l’aver trovato la sua miglior posizione in campo. All’inizio della passata stagione giocava tra i due trequartisti dietro la punta o come attaccante , poi – con il proseguo della stagione – il Milan Under 18 passa al tridente e Maximilian trova la sua posizione ideale, quella di esterno sinistro: “Come trequartista si trovava abbastanza a suo agio, ma l’ala sinistra è la posizione che esalta più di tutte le sue caratteristiche. Ha grande corsa, buona conduzione del pallone e ama accentrarsi per poi calciare con il destro. Come corsa, caratteristiche tecniche e stile di gioco mi ricordava un po’ Berardi, anche se il 10 del Sassuolo gioca sulla fascia opposta ed è mancino”. Dopo i primi mesi difficili, nella passata stagione Maximilian Ibrahimovic ha trovato più spazio nell’Under 18 di Terni, giocando 29 partite e segnando 3 reti, un bottino sicuramente non esaltante: “Fino a qualche settimana fa, se mi avessero chiesto in cosa dovesse migliorare, avrei detto sicuramente la fase realizzativa, perché lo scorso anno con noi ha fatto solamente tre gol e ne avrebbe potuti segnare almeno il triplo. Ne era consapevole anche lui, ci ha lavorato tanto e ora sta raccogliendo i frutti dei suoi sforzi”. Qualcosa da migliorare, però, c’è ancora: “Sicuramente il colpo di testa, deve lavorarci e lo sa. Poi da allenatore non posso non dire che dovrebbe migliorare l'approccio alla fase difensiva ed essere più attento nella fase di non possesso. È un ragazzo che ha tanta volontà ma deve migliorare nell'applicazione con cui fa la fase difensiva. Anche questo è un aspetto su cui già ha lavorato tanto ed è migliorato, però, un po’ come tutti gli attaccanti, non ama particolarmente arretrare in difesa”. Oltre alla forte voglia di arrivare e al desiderio di essere il migliore, Maximilian ricorda papà Zlatan per il suo forte carattere, venuto alla luce quando ha ‘sfidato’ Terni andando contro una delle sue regole: “Era il primo allenamento dopo le vacanze di Natale dello scorso anno. Eravamo al Vismara, dove è sempre umido e fa sempre fresco. Però quel giorno non era particolarmente freddo, sicuramente non serviva tenere un cappellino in testa. Lui invece ha fatto tutto l'allenamento con il cappellino in testa, cosa che tra l'altro lui non faceva quasi mai. Io questa cosa l'avevo notata, ma non gli avevo dato molto peso. A fine allenamento sono venuti alcuni suoi compagni e mi hanno detto ‘Mister, dì a Maxi di levarsi il cappellino’. E io sinceramente non avevo in mente il perché, però sono stato al gioco e sono andato da lui. ‘Maxi levati il cappellino’ e lui mi ha detto di no scoppiando a ridere. Quindi mi sono insospettito e lui continuava a dire ‘No, no, meglio di no’. Alla fine se lo è tolto… aveva tutti i capelli biondi ma tendenti al bianco! Sapeva benissimo che non mi sarebbe piaciuto, anche perché non è una cosa ‘da Milan’, però ovviamente dopo tutto questo siparietto mi sono messo a ridere anche io. E ci ridiamo ancora, me l'ha ricordato anche l'ultima volta che ci siamo sentiti”. Una risata per ricordare insieme il passato, ma senza mai perdere di vista il presente e il futuro. Come papà Zlatan, anche Maxi ama ridere e scherzare fuori dal campo, ma quando si entra su quel rettangolo verde per entrambi il focus è tutto sul pallone. Non c’è nulla di più importante, il ‘DNA Ibra’ è sinonimo di talento ma anche di voglia di migliorarsi e duro lavoro. Solo così da ‘talento’ si diventa ‘campione’. Solo così il talento di Maximilian non sarà più da scoprire ma diventerà realtà.