Roma, il metodo di Juric il normalizzatore: poca forma e tanto pragmatismo

L'impatto di Juric evidenzia il cambio di marcia. Prime quattro giornate di campionato con De Rossi: due gol segnati e zero vittorie. Arriva Juric: due partite in campionato, due vittorie e cinque gol realizzati. De Rossi faceva sognare, Juric è diverso. Non è un visionario. Vive il presente. Su domani non c'è certezza. Non c'è stata neppure per un pezzo di storia come De Rossi. Cacciato dopo appena quattro giornate. Figuriamoci per Juric. L'unica garanzia scritta è su un pezzo di carta, chiamato contratto. Durata fino a giugno 2025, con opzione di rinnovo in caso di qualificazione Champions. Una chimera da sei anni. Lui, per non perdere tempo, si è chiuso dentro Trigoria. Non è più uscito da quando ha firmato per un anno a ‘solo’ un milione di euro. Dorme lì, da quando è arrivato. Si è imposto un auto-ritiro. Non punitivo ma istruttivo. Per curare con più attenzione, e quindi tempo, tutti i dettagli della preparazione delle partite. Lo staff è quello di sempre, compreso il vice Paro. Gli allenamenti sono duri. Vuole la stessa intensità della partita. Chi non corre non gioca. Tra urla e metodi molti diretti. Poca forma e pragmatismo. È tosto, come il suo mentore Gasperini. Una grande occasione in mezzo a tante difficoltà. Rischiando di sbattere la testa tra i fischi rivolti ai giocatori, ma resiliente anche nella rimonta con il Venezia. Risultato in primis, anche a costo di sofferenza e vittorie ‘sporche’. Per l'estetica e lo smoking oggi non c'è spazio. Asciutto anche nella comunicazione, lontano dallo stile e dalla mediaticità di comunicatori eccellenti come Mourinho e De Rossi. Fa l'allenatore Juric. Pensa solo al campo. Il resto gli interessa poco. Tra cambiamenti e posizioni registrate all'interno di un recinto ben preciso. Difesa a tre, due centrocampisti centrali, due esterni a tutta fascia, due trequartisti, un centravanti. Tradotto: 3-4-2-1. Quasi una trasgressione al fondamentalismo il passaggio nel secondo tempo alla difesa a quattro per non annegare nell'acqua alta del Venezia. Juric come rosa non aveva mai avuto una squadra così forte. Mai tanta qualità e diversi nomi illustri, qualcuno anche ingombrante. Ma è una squadra incompleta per le sue necessità tattiche, soprattutto sugli esterni. Celik non è un esterno da tutta fascia. Saud - primo arabo in Serie A - è un prospetto molto interessante ma non ancora pronto per il tatticismo del calcio italiano. A sinistra ha qualità Angelino, mentre Dahl è ancora acerbo, con zero minuti giocati finora. L'altro equivoco è Soulé. Preso per dare a De Rossi un attaccante esterno di destra nel 4-3-3, fa fatica a giocare da trequartista con Juric, tra i peggiori non a caso contro il Venezia. La confusione negli ultimi tempi ha regnato sovrana. Era inevitabile. In un ambiente scosso e inviperito dall'esonero inaspettato di De Rossi. Una società ancora senza Ceo dopo le dimissioni di Lina Souloukou. Una proprietà sempre più lontana, non solo fisicamente, dopo l'acquisto dell'Everton. Dopo quattro anni, la crescita si è fermata. La lunga luna di miele finita. Lontani anni luce i giorni dei pensieri onirici. Voli pindarici e voli privati con Dan pilota per gli arrivi di Mourinho, Dybala o Lukaku. Fino alla scelta guardando all'orizzonte di De Rossi. Scelta sconfessata in modo folle e assurdo. Allenatori rimasti soli fino all'esonero. Assenza totale di un uomo di calcio a gestire e valorizzare una sintesi tra società e allenatore. Nel paradosso che ha portato a contestazioni e a un livello minimo di consensi per i Friedkin, dopo aver investito in estate più di 100 milioni nei cartellini dei nuovi giocatori. Tra le ceneri però qualcosa può risorgere. Un nome nuovo per ridare speranza. Specie se ha solo vent'anni. Niccolò Pisilli è ispirato da una luce particolare. Gettato nella mischia da Mourinho e ripagato con un gol in Europa League. Schierato titolare da De Rossi a Torino contro la Juve e migliore in campo. Schierato tre volte da Juric e sempre il più brillante. Pronto a segnare il gol decisivo e pesantissimo per trasformare i fischi in applausi contro il Venezia. Il papà, Francesco, è stato un tennista pro in classifica mondiale Atp di doppio, salito fino al n.500 al mondo. Campione d'Italia giovanile in coppia con Maggi e promessa del tennis italiano. Ha insegnato al figlio cultura sportiva, umiltà, serietà e sacrificio. Ora Niccolò è un diamante che esprime un calcio totale, da centrocampista moderno con qualità, inserimenti e cambio di passo. Il futuro è suo. Ha tutto per diventare un pilastro della Roma del futuro e della nazionale. Spetta a Juric dargli fiducia e continuità, come sta facendo con il giusto coraggio. Così come spetta alla società tutelare l'allenatore, dopo due vittorie e un pareggio in Europa, quando arriverà il momento negativo. Per evitare il rischio che Juric rimanga solo. Come per gli altri due allenatori che lo hanno preceduto. Il recente passato serva almeno a non perseverare negli errori.