Paul Pogba alla ricerca del tempo perduto

Come il giorno e la notte, come la monarchia e la rivoluzione, come il bianco e il nero. Contrasti che Paul Pogba conosce bene. Così opposti, spesso, ci sono anche il cuore e la ragione. Se il cuore ha delle ragioni che la ragione non riesce a comprendere, beh, anche la ragione ha le sue e il cuore, ahi lui, non le capirà mai. La questione sta tutta in questo perenne malinteso, in questo antico dualismo che un altro francese come Blaise Pascal spiegò qualche secolo prima, ed è più che mai evidente ora che Pogba ha spalancato il suo, di cuore, a una manciata di giornalisti in un albergo di Parigi, raccontando la sua verità e la sua volontà: non solo tornare a giocare, ma farlo nella Juventus, e non perché ha un contratto valido sino al 2026, ma perché vuole dimostrare di essere un nuovo Pogba con tutte le qualità di quello vecchio, ed è lì, a Torino, che legittimamente vuole provare a farlo. Se solo ne avesse l’opportunità però, perché ora che il Tas ha ridotto la sua squalifica a 18 mesi, a marzo, nel mese in cui è nato 31 anni fa, Paul è pronto a rinascere. Peccato che la Juventus mai come in questa nuova gestione abbia sempre usato la ragione nelle sue scelte, e la testa di chi è a capo del club dice che in questa Juve non c’è spazio per un profilo come quello di Pogba: giocatore relativamente vecchio, nel recente passato molto fragile e dai costi insostenibili, anche se dovesse ridursi l’ingaggio. Impossibile sostenere il contrario. Ma quando un giocatore è davvero finito? Un campione come David De Gea, a lungo compagno di Pogba al Manchester United, sta dimostrando che dopo un anno di inattività si può tornare ad altissimi livelli, a patto che il corpo sia un alleato e non un avversario in più: gambe forti obbediscono alla testa, gambe deboli comandano e mandano all’aria tutto. Il beneficio del dubbio però gli va concesso. Nessuno, oggi, può dire con certezza che Pogba non sia in grado di tornare all’altezza, non del campione che è stato, ma di questo centrocampo della Juventus. Il punto è che, anche a patto che possa riuscirci, il club potrebbe comunque non ritenerlo adatto al nuovo progetto. Ma quale Pogba sta giudicando la società? Oggi Paul sembra avere la fame di quando arrivò 12 anni fa a parametro zero dallo United. La sua non fu una semplice apparizione in serie A ma un’epifania, una folgorazione che diffuse la sensazione di avere di fronte un giocatore forte, ma soprattutto un giocatore nuovo, diverso, sintesi di forza e bellezza, la monarchia del talento, la sua regalità, ma anche un’energia rivoluzionaria. Pogba non potrà più essere quella scossa elettrica, ma appare davvero come una persona nuova, ricostruita sulle ceneri di un campione che si è bruciato da solo, con scelte maldestre, certo non guidate dalla ragione e forse neppure dal cuore. Oggi la voglia di dimostrare è diventata il suo vero integratore, questo sì lecito ed efficace. Se davvero c’è un po’ di quel Pogba in questa versione, c’è solo una persona che può valutarlo. È appena tornata alla Juve e di lui tre mesi fa ci diceva in diretta: “Ha sbagliato, sta pagando, ma spero di vederlo presto in campo a fare quello che gli riesce meglio, il calciatore. Se lo merita perché è un ragazzo d’oro”. Erano parole ragionevoli ma anche di cuore quelle di Giorgio Chiellini, l’unico che ha conosciuto tutti i Paul juventini che sono nascosti dentro Pogba e che forse sa davvero decifrare l’ultimo. Il primo, quello che si mangiava l’erba in ogni campo con la sua brama di calcio. Il secondo, che la pancia ce l’aveva piena del trionfo francese e delle sterline inglesi. E il terzo? Potrebbe essere un giocatore maturo, risolto, ma forse non lo vedremo mai. In questo eterno dialogo mancato la ragione si terrà le sue granitiche certezze, il cuore i suoi malinconici rimpianti.