Il breviario di lunedì 21 ottobre: il regolamento, Scuffet, king Sinner e il caso Fonseca

Come se fosse antani Ogni volta che un arbitro prova a spiegare il regolamento, a me viene una gran fame. Mi succede spesso quando mi sforzo di capire le cose difficili. Ormai il regolamento arbitrale è diventato un puro esercizio retorico. Anzi per dirla con un termine tornato in voga di questi tempi, una grandissima ‘supercazzola’ . Nonostante il designatore Rocchi sia una persona intelligente e preparata, dotato di una grande personalità e di un’ottima capacità espositiva, anche lui è vittima del nuovo vocabolario degli arbitri, figlio di questa epoca delle immagini, riassunta nell’acronimo Var. Non è un problema di comportamenti, di abilità dei singoli , non è un problema di filosofia. No, è un problema di filologia. Tempi duri per chi ama la parola. E io ho sempre più fame. Se questo è un uomo A vederlo volare in quel modo, libero, senza nemmeno un attimo di tempo per capire, mi sono tornati in mente i momenti in cui aveva esordito con la maglia dell’Udinese, dieci anni fa. Sto parlando di Scuffet, il portiere del Cagliari, colui che ha salvato la vittoria della sua squadra con una prodigiosa parata su Che Adams, attaccante del Torino. In quel colpo di reni, la metafora della sua carriera, decollata improvvisamente e poi ricaduta in fretta. La storia la sanno tutti. Per studiare, Scuffet, aveva rinunciato all’Atletico Madrid quando non era ancora maggiorenne. Da lì un successivo pellegrinaggio ai confini dell’impero del calcio: Turchia, Grecia, Romania. Poca notorietà, molta fatica. In molti si chiedevano, ma chi è Scuffet? Da Cagliari sta arrivando una risposta: era quel giovane portiere che aveva soltanto bisogno di diventare un uomo. Si può fare di più Che lui sia re, mi pare cosa da non dubitare. Parafrasando il grande Giorgio Manganelli , dopo la vittoria sugli altri cinque re, penso a Sinner . Sono sempre stato convinto che fosse superiore ad Alcaraz, nonostante le tre sconfitte su tre subite quest’anno. Sinner è superiore quando fisicamente regge l’urto con i muscoli dello spagnolo. Quando gli rallenta il fisico, Sinner patisce la violenza del rivale. Ma il problema è solo quello. Contrariamente a ciò che dicono un po’ tutti, io penso che Jannik sia superiore anche tennisticamente e non solo mentalmente. Ha meno colpi di Alcaraz ma più soluzioni, anche se può sembrare paradossale. Alcaraz sa giocare a rete ma quando Sinner sta bene, lo trafigge. Alcaraz sa fare la palla corta, ma quando Sinner sta bene, la raggiunge. Alcaraz sa tirare un dritto violentissimo, ma quando Sinner sta bene, lo tira più forte di lui. Alcaraz sa fare tutto, ma quando Sinner sta bene, sa fare anche di più. E grazie al caso Fonseca sta diventando un caso. Non solo perché ha usato questa parola per dirne un’altra ben più colorita, ma perché sta conquistando l’Italia con le sue scelte rigide accompagnate da parole morbide. Arrivato avvolto da un alone di scetticismo, sta lentamente conquistando punti in fatto di personalità. Sovente si scambia la cortesia con la ‘mollaggine’, parola che non esiste, ma che fa rima con lombaggine, volgarmente il mal di schiena. Ecco, Fonseca non ne soffre, tenendo la schiena dritta sempre, anche quando risponde alle domande con gentilezza, finendo per edulcorare il caso , nonostante sia parecchio spinoso. Leao in panchina vuol dire prendersi un rischio enorme: se perdi sei fottuto. Fonseca se lo è preso, e poi ha vinto. Qualcuno dice che alla prossima partita sbagliata, per lui sarà un problema. Se fossi nel portoghese, io non ci crederei. C’è sempre qualche gufo che per gufare si attacca al caso .

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