L'indimenticabile volo di ‘Attila’ Hateley: 40 anni fa il suo gol nel derby

Chi scrive non è milanista, premessa doverosa ma forse inutile visto che questi ricordi vanno oltre le lenti del tifo e le casacche nazionaliste. “E’ volato in cielo! Gol del Milan!!!”, mi disse urlando il tizio che stava ascoltando ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ in una domenica qualunque di fine ottobre del 1984. Sapevo del vantaggio di Altobelli e del pareggio di Di Bartolomei. Seppi della rete del sorpasso rossonero da uno sconosciuto che volle condividere con me, quindicenne apolide di fede calcistica incidentalmente sulla sua strada, domandandomi come avesse potuto vedere questa ascensione celeste fissando la radiolina che teneva in mano dopo essersela pigiata contro l’orecchio. Eppure, quell’“è volato in cielo”, locuzione che per una volta non veniva usata per salutare la fine della vita terrena di qualcuno, era la perfetta descrizione di quel terzo tempo degno di Vince Carter che aveva portato Mark ‘Attila’ Hateley un piano sopra Fulvio Collovati. Non uno che passava di lì, parliamo di un campione del mondo, bravissimo nel colpo testa. Il difensore nerazzurro era stato dileggiato dal primo minuto dal popolo milanista con l’accusa di tradimento . Al terzo tentativo il Milan era finalmente riuscito a trovare il centravanti inglese giusto. Ci aveva provato con ‘Lo Squalo’ Joe Jordan , comunque entrato nel cuore dei tifosi nonostante una retrocessione in serie B e una produzione di gol leggermente superiore al numero di denti che aveva lasciato sul campo. Poi era arrivato il ‘Bombardiere Nero’, Luther Blissett. Si fermò una sola stagione prima di essere rispedito senza rimpianti al Watford, dove prima di arrivare a Milano in effetti aveva segnato un sacco di reti. Peccato per il Milan che nel volo Watford-Milano il suo arsenale d’attacco si fosse completamente esaurito. Ma il non c’è due senza tre fu un grande colpo. Sotto forma di Mark Hateley, lungagnone con capello a cascare sulle spalle. Tipico prototipo dell’uomo d’area inglese d’altri tempi, poca partecipazione alla manovra, sponde per tutti gli incursori e soprattutto gran capocciata. Buono anche per difendere sui lunghi avversari in caso di assedio da calcio d’angolo. Sono anni grami per Milano, l’Inter rivincerà il titolo dopo il primo scudetto dell’era Berlusconi mentre il Milan non vinceva un derby da sei anni . Anche perché due giri li aveva fatti in serie B . Qualche istante prima di quel volo Hateley ci aveva già provato, scaldando i guantoni a Walter Zenga. Il Milan aveva recuperato palla sulla mediana nerazzurra grazie al solito meraviglioso timing di Franco Baresi. Tutti erano saliti tranne Hateley e Collovati. Erano gli ultimi anni di esistenza del ruolo di ‘libero’, solitamente il numero sei con il compito di stazionale tra il portiere e lo stopper come difensore di ultima istanza. Graziano Bini era salito insieme agli altri e quando Virdis, appostato a destra, vide che in area erano rimasti in due si giocò l’all-in mettendo una palombella invitante proprio in zona dischetto. Da lì inizia il romanzo, la sfida uno-contro-uno tra due uomini soli come pugili in mezzo al ring. Ci sarebbe anche un terzo uomo in area. Un portiere, un grande portiere. Ma la sfida all’Ok Corral è come un film di Sergio Leone con le pistole di Clint Eastwood e Lee Van Clift. Non vince il più veloce, vince chi va più in alto. Il salto di Attila carica come un top gun sulla rampa di lancio. L’impatto con il pallone è di una forza tale che forse Hateley non sarebbe riuscito a far lo stesso se avesse calciato di destro al volo. Gli altri fuoriclasse di quell’indimenticabile momento alle 15.48 di domenica 28 ottobre 1984 furono i fotografi. Che riuscirono a fissare alla perfezione l’impatto tra la fronte di Hateley e il pallone. Con Collovati impotente spettatore. Così come Zenga, trafitto in modo imparabile. Un gol che appartiene di diritto ai milanisti, oltre che ad Hateley. Ma dopo 40 anni potrebbe valere la prescrizione per affidarlo al patrimonio dell’Unesco del calcio.

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