Come un romanzo e il Bologna ti cambiano la vita: Enrico Brizzi presenta 'Due'

Immaginate per un attimo che sia il 1994. Il Bologna gioca in Serie C. L’Aston Villa a fine stagione è ottavo in Premier League. Il Liverpool, che finisce quarto in classifica, ha vinto il titolo inglese quattro anni prima ma, da quelle parti, il cuore è ancora dolorante per la più grande tragedia avvenuta nello sport inglese, la morte di 96 persone all’Hillsborough di Sheffield, prima della semifinale della Fa Cup del 1989 tra i Reds e il Nottingham Forest. Nel frattempo, un ragazzo bolognese scrive un romanzo che segnerà intere generazioni di giovani. Quel ragazzo si chiama Enrico Brizzi, studia all’ateneo della città, e pubblica, nell’agosto di quell’anno, ‘Jack Frusciante è uscito dal gruppo’. Ecco, ora che siete entrati in clima anni ’90, vi facciamo tornare ai nostri tempi. Il Bologna in Serie A ha una certa familiarità con il segno X ma l’anno scorso, dopo un campionato straordinario, ha conquistato la qualificazione alla Champions League. Champions frequentata anche da Aston Villa e Liverpool, che in patria sono nelle parti alte della classifica di Premier. Nel frattempo, Enrico Brizzi, che ora è uno degli autori più prolifici e amati dei nostri anni, ha deciso di regalarci l’ormai insperato seguito di Jack Frusciante. Brizzi, in queste settimane, fa una vita in tour. Colleziona decine di date in giro per le librerie italiane a presentare il suo romanzo, che si chiama ‘Due’, alle quali aggiunge tante serate nei locali, dove porta in scena un live dedicato al suo libro d’esordio. E non bisogna dimenticare le trasferte al seguito del suo amato Bologna, in campionato e in Champions. O, almeno, i tentativi di arrivare allo stadio: “Ho visto la partita contro l’Aston Villa -racconta lo scrittore bolognese- dalla prima fila di un pub di Amsterdam. Tre matti, io e i miei amici, seduti a un tavolino davanti alla tv, immaginando di essere al Villa Park. Sì, perché avremmo dovuto essere a Birmingham, ma ci siamo rassegnati a non arrivare mai, non senza delusione, dopo che al momento dello scalo in Olanda abbiamo capito che prenotate per il volo per l’Inghilterra c’erano 46 persone in più”. Soltanto venti giorni prima, però, la trasferta inglese al seguito del Bologna era riuscita. Tappa a Liverpool, per un momento storico. “E’ stata una figata spettacolare. Per un appassionato di calcio andare nella patria del gioco è sempre speciale. Una ventina d’anni fa avevo visitato Anfield. Se in quell’occasione mi avessero detto che, un giorno, ci avrei visto giocare il Bologna, non ci avrei mai creduto”. Invece, tutto vero. Il volo diretto Bologna-Manchester, poi il treno che in quaranta minuti porta nella città dei Beatles. “Che aria tira con i tifosi locali? Questa è stata la prima domanda che ci siamo fatti all’arrivo ai Docks. ‘Respect’ la parola ricorrente pronunciata dagli scousers”. Rispetto che ha trovato subito conferma anche nei fatti. Camminando verso il Cavern Quarter, la zona che prende il nome dal pub dove i Beatles hanno suonato 292 volte tra il 1961 e il 1963 ecco alcune note decisamente familiari: “Abbiamo iniziato a sentire la musica di Lucio Dalla provenire da un pub, il McCooley’s. Siamo entrati e, all’improvviso, mi sono trovato a fare il deejay. Il titolare del locale ha chiesto a me e ai miei amici di suggerirgli musica amata dai bolognesi. E così eccoci a mettere gli Skiantos e ‘Ci vuole un fisico bestiale’ di Luca Carboni. Un’atmosfera splendida. Se hai frequentato il Regno Unito, conosci il gusto della tradizione che hanno. Dai murales nei pressi dello stadio, alle statue dei calciatori. La cosa che mi ha colpito di più ad Anfield è stato sentire i tifosi inneggiare, prima dell’inizio della partita, tutti i caduti di Hillsborough, chiamandoli per nome uno a uno, da pelle d’oca”. Insomma, il Bologna in Champions è un’esperienza unica a livello umano. Poi, però, c’è il campo: “Non puoi nasconderti in un buco, ora la devi giocare. Certo, l’aria che tira in città ancora adesso è quella che si respira quando sei stato mollato dalla donna della tua vita e cerchi di trovare un senso in un nuovo amore. Prendere il posto di Thiago Motta sarebbe stato difficile per qualunque mister. Anche perché poi ci devi aggiungere che la squadra è stata depotenziata. La scorsa stagione andava tutto bene: fino a Bologna-Juventus. Sei in Champions, sei avanti 3-0 con la Juve e all’improvviso ti fai rimontare 3-3. Torni un po’ sulla terra e, mentre capisci che l’Europa ti aspetta, realizzi che il tuo allenatore andrà proprio ad allenare i bianconeri. Dura trarre una morale dalla vicenda”. “Quando la società ha scelto Italiano mi sono confrontato con un po’ di amici viola conoscitori di calcio: mi hanno parlato di un allenatore molto fisso sulle sue idee, che non cambia approccio di gioco, arrivando anche a farsi raggiungere nei minuti conclusivi perché non deroga al suo pensiero di costruire fino alla fine. Ora me ne sto rendendo conto, almeno in parte: di certo è un allenatore con idee forti che cerca di mettere in pratica. Ma la squadra, anche se siamo già a un quarto di stagione, è ancora indietro. Il centravanti olandese Dallinga non è entrato ancora nel meccanismo. Castro, invece, sembra molto più convincente. E’ un lottatore: piccoletto e fisico che prova sempre a tirare. Tutti gli orfani di Zirkzee devono sperare in lui. Aldilà delle analisi, però, la squadra si sostiene sempre, lo abbiamo fatto anche in terza serie, -spiega Brizzi riportandoci proprio alla metà degli anni ’90- lealtà ai colori, anche se siamo consapevoli che siamo un po’ indietro di cottura. Rompere le scatole mentre ce la godiamo? No, bisogna sostenere la squadra, non è proprio il momento di contestare. Però non rendersi conto che c’è differenza rispetto sia alla scorsa stagione che alle avversarie, soprattutto in Champions, non sarebbe onesto”. Oltre a Zirkzee, c’è un altro giocatore che ha fatto il viaggio da Bologna in direzione Inghilterra e non per le trasferte europee ma per affrontare una nuova avventura: Riccardo Calafiori, ora all’Arsenal. “Hanno tutti grande stima di lui. Per un professionista le scelte che si fanno, in questo momento storico, hanno a che fare con la carriera. Umanamente cosa puoi dire a un ragazzo che è stato mandato via dalla Roma, che è andato in Svizzera, che poi viene al Bologna e fa una stagione incredibile? E’ vero, a noi manca enormemente ma chiunque avrebbe fatto quella scelta. Certo, i tifosi faticano a farsene una ragione. Perché Calafiori l’anno scorso aveva inanellato una serie di prestazioni da mattatore che facevano pensare ‘Ma chi è, Beckenbauer?’”. Passione e competenza non mancano a Enrico che, se potesse, sarebbe in ogni partita al seguito della squadra: “Una volta andavo sempre. Ora sono ancora abbonato ma vivo a Como: quindi per vedere il Bologna in casa vado, in un certo senso, in trasferta. Quando il Como è stato promosso in Serie A ho realizzato che, finalmente, avrei potuto rivedere il Bologna senza viaggiare. In realtà, a settembre, ero in giro per lavoro e ho incrociato in stazione i tifosi rossoblù diretti allo stadio mentre io partivo verso un’altra città. E’ la storia della mia vita: tanti concerti persi e partite non viste. Capita a chi ha da fare spesso proprio nei weekend”. Ecco, il lavoro. Quello di Enrico lo porta ad essere accolto nelle librerie come un calciatore negli stadi: uno che lascia il segno nella vita delle persone. Cosa che ha fatto una volta, nel 1994 quando da libro stampato in trecento copie, Jack Frusciante diventò un vero e proprio romanzo generazionale, e che sta rifacendo ora, trent’anni dopo. Dare un seguito alla storia di Alex e Aidi per Brizzi è stata un’urgenza. “E’ stato un rischio, ma non ho deciso. Dopo aver riletto per intero ‘Jack Frusciante’ per la prima volta dopo tanti anni, mi è nata questa esigenza e l’ho scritto. Non c’era nulla di scontato nell’essere accolto bene dai lettori. Incontrarli in libreria e nei locali, però, è molto emozionante. Chi legge ‘Due’, di solito, mi guarda con gli occhi lustri. Capisci che sta succedendo qualcosa. E’ un emozionante bagno d’affetto, perché ti rendi conto che quello che hai scritto ha cambiato loro la vita. Forse siamo tutti fatti per cambiare la vita degli altri”. E la Champions League sta cambiando un po’ la vita dei tifosi del Bologna. Bisogna capire cosa potrebbe contribuire a modificare ancora un po’ le loro esistenze: “Cosa ci piacerebbe? Avere una nuova qualificazione europea. Sarebbe da matti pensare di tornare in Champions, poi però a stupirsi in bene si fa sempre in tempo. Ora siamo nella colonna di destra della classifica di Serie A, è il destino di chi non vince. Ma io continuo a sognare, magari un piazzamento che ci permetta di strappare un biglietto per l’Europa”. Un sequel calcistico frusciante da scrivere a strettissimo giro. Champions League capitolo ‘Due’, giocando con il titolo del nuovo romanzo, per rimanere ‘nel gruppo’, in questo caso delle migliori d’Europa, senza aspettare trent'anni.

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