Perché questa Inter è una 'questione di famiglia'

Confucio: “fai il lavoro che ami e non lavorerai un solo giorno nella tua vita”. Sì, ma fallo con le persone giuste e sarà una festa. Ok, la seconda parte l’abbiamo aggiunta noi. Ma con ancora negli occhi le immagini di Inter-Parma. Quando a San Siro è andata in scena non solo una vittoria meritatissima della squadra di Inzaghi, protagonista di un gioco arrembante e condito da lampi di genialità che da soli sono valsi il prezzo del biglietto , ma si è vista anche una grande prova di squadra. E soprattutto di amicizia. Certo, è più facile, quando si vince, ma l’Inter sembra davvero una famiglia. E lo sembra sempre, anche nei momenti più difficili. Allora… è questo il segreto? A parità di valori? Una corsa in più per aiutare il compagno? Un tiro a cui rinunci per provare a far segnare il tuo partner d’attacco che sai essere in difficoltà? Un’esultanza che si trasforma in un abbraccio rivolto a chi è mestamente seduto in panchina con lo sguardo triste? È successo anche questo, quando Barella dopo aver trasformato in gol la magia di Mkhitaryan è corso fino a bordocampo, e si è sciolto in un abbraccio che San Siro ha osservato con commozione. Arnautovic viene da un periodo non facile, familiare e non solo. In Champions il rigore sbagliato a Berna ha come congelato del tutto la sua seconda vita nerazzurra, quella che aveva tanto voluto, per riscattarsi dagli errori di gioventù. Su quel dischetto si è inceppato qualcosa, e ora chissà, probabilmente per scongelare la sua carriera avrà bisogno di una nuova avventura, lontana da Milano. Ma aveva sicuramente bisogno di quell’abbraccio. Arnautovic conta tanto nelle dinamiche affettive del gruppo Inter. E che per Niccolò Barella, dopo un gol tanto bello e importante, il primo pensiero sia stato correre da lui, la dice lunga su questo gruppo. E cosa racconta allora la corsa di Thuram verso Inzaghi, dopo la rete del 3-0… e quel cinque dato al suo allenatore, che gli aveva pronosticato il gol su calcio piazzato da quella posizione? Ecco, racconta che quell’ingrediente più semplice, ma insostituibile, che dà corpo alla ricetta nerazzurra, alla fine è il suo chef , Simone Inzaghi, che con le sue parole sempre misurate e protettive nei confronti dei suoi “ragazzi”, con i comportamenti e le scelte, è riuscito e riesce a coinvolgere tutti, al momento giusto. Persino Correa, che ormai veniva considerato un corpo estraneo, la pecorella smarrita, un comprimario inaffidabile e saltuario , anche grazie ai costanti incoraggiamenti e alle parole di allenatore e compagni, private e davanti ai microfoni, è tornato a sorridere, a divertirsi e a divertire. E a proposito di divertire, sul campo di San Siro capita anche che al fischio finale sia proprio Barella a consegnare a Mkhitaryan il premio di MVP della partita. “Tocca a te, fratello”. A proposito di famiglia.

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