Dove si mettono in mostra i nuovi Yamal

Per guardarsi indietro basta un attimo: un profumo che ricorda momenti vissuti, un pensiero che si rincorre nel tempo. Quando ancora bambini si inseguiva un sogno. Uno per ognuno. E poi, come d’un tratto, la catapulta della vita porta a vivere un presente forse più grande di quanto si potesse sperare. L’inizio è facile, è talento puro. Poi c’è sacrificio. Ma soprattutto dedizione, impegno e un pizzico di fortuna. In tanti ci hanno provato, in pochi ci sono riusciti. In qualunque disciplina, nel calcio più che mai. La concorrenza è alta, la percentuale di bambini coinvolti nelle squadre su tutto il territorio europeo, anzi mondiale, tende all’infinito. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare. I giovani calciatori crescono nelle squadre satellite e raggiungono dopo attente osservazioni i grandi club. Le modalità di selezione sono variate molto negli anni, prima bastava mostrare istinto, tecnica e confidenza nel gestire il pallone. Oggi la palla conta relativamente, nonostante sia lo strumento principale del gioco del calcio; quello su cui ci si basa maggiormente è l’aspetto fisico, perché - come dicono gli esperti - la tecnica si insegna, si apprende negli anni con esercizi e volontà. Probabile, certo. Di sicuro ci sono alcuni bambini che mostrano subito uno spiccato talento, altri che arrivano dopo e bisogna pazientare. Poi, in un mondo ormai dominato dai social media, molti piccoli calciatori cercano in tutti i modi di emulare le prodezze dei grandi campioni e, spesso erroneamente, alcuni di loro diventano famosi prima ancora di essere parte del calcio professionistico. Ci vuole quindi un’attenzione particolare, uno scouting attento e dedicato. Di sicuro, a parte alcuni rarissimi casi, è da una determinata età che i piccoli cominciano ad avere una scheda con le principali caratteristiche, dall’aspetto tecnico a quello fisico, passando dall’attenzione tattica alle qualità di leadership. Intorno agli 11/12 anni sui giovani calciatori si può davvero pensare di creare un progetto a lungo termine. Di eccezioni ce ne sono state e probabilmente ce ne saranno altre in futuro. Ricordate Xavi Simons? Il bambino prodigio che a 7 anni venne acquistato dal Barcellona e che poi per le successive nove stagioni fu capitano in tutte le formazioni giovanili blaugrana. Su di lui pendeva la spada di Damocle del paragone con Iniesta, ma oggi che ha 21 anni veste la maglia del Lipsia ed è diventato un giocatore di alto rendimento, anche se forse ancora non ha rispettato le aspettative iniziali. In ogni caso, è esattamente quando i bambini cominciano a dare un’idea di calcio in campo che la mente del calciatore inizia a prendere forma. Pensare calcio, non solamente giocarlo. La differenza è tutta qui. Non è più lanciare un pallone in un cortile e corrergli dietro. Tutto diventa più schematico, più logico. Anche il pensiero di potersi costruire un futuro attraverso il gioco. Esiste ancora la socializzazione, ma inizia a farsi strada anche l’ego e l’ambizione personale. Qualche anno fa Leonid Novoselskiy, un imprenditore russo allora presidente del settore giovanile del FC Lugano, decise di organizzare un torneo per unire il grande spettacolo dei giovani talenti delle migliori accademie calcistiche del mondo con la socializzazione e la fratellanza. Il Champions Trophy si giocò per tre stagioni ed ebbe il grande successo di mettere in scena giovani promesse delle grandi big d’Europa e del mondo per i bambini Under11 e Under12. L’ultima edizione andò in scena nel 2019 e molti sono i piccoli che oggi calcano prati più importanti. Uno su tutti senza dubbio è Lamine Yamal Nasraoui Ebana. Maglia blaugrana numero 7. Ovviamente non c’era il nome stampato sul retro della casacca. Ma poi qual era il nome e quale il cognome? Insomma una confusione che ha fatto sì che sulla distinta dell’edizione 2018 del Champions Trophy disputata a Lugano, ci fu un grave errore: NASRAQUI. Una Q al posto della O, ma per un bambino di 11 anni in quel momento non aveva proprio alcuna rilevanza. L’importante era parlare la lingua del talento a quel pallone, sperando che un giorno potesse portarlo a essere così famoso da essere riconosciuto semplicemente come Yamal. Oggi lo celebra tutta la Spagna, l’Europa intera. Un gol ancora negli occhi di tutti, ma quel sinistro consapevole, talentuoso, brillante, già lo aveva distinto tra tanti. Yamal non è l’unico. La maggior parte di quei bambini, allora undicenni o dodicenni, era già stata scelta per fare tutto il percorso nelle giovanili delle proprie squadre di appartenenza. Il Benfica che è arrivato in finale nell’edizione 2017 ha tanti talenti anche nel Portogallo U18: Gonçalo Moreira o Leandro Martins, per fare due esempi. Così come il Psg, il Barcellona stesso, l’Ajax. Tutte società note per avere un settore giovanile molto florido. Anche la Roma era presente al Champions Trophy e in campo c’era proprio Mattia Almaviva, famoso per aver ricevuto la fascia di capitano di Francesco Totti nel giorno del suo addio. E poi c’era anche chi aveva già addirittura un soprannome. Claudio Jeremias Echeverri, detto “El Diablito”. Il piccolo argentino classe 2006 dominò l’edizione del 2017 del Venice Champions Trophy segnando nove gol in sei partite. Di cui quattro contro la Juventus all’esordio. E non è stato proprio difficile trovargli il soprannome giusto. Le sue caratteristiche sono grinta, corsa, tecnica. Trequartista, seconda punta, attaccante ma bravo anche a recuperare palloni. Insomma un giocatore moderno. Anche così piccolo ha subito destato l’attenzione di tanti. E poi quell’assonanza nel cognome, Echeverri, che ha subito fatto venire alla mente dei più il ricordo di un altro grande talento del pallone, sregolato ma sopraffino. Negli anni ’90, infatti, in campo si distingueva un ragazzo stravagante: capelli lunghi e disordinati, come il suo calcio. Mancino, geniale, ribelle, rivoluzionario e ritenuto uno dei più grandi talenti del calcio boliviano. Era Marco Antonio Etcheverry Vargas, detto “El Diablo”, che scelse l’Albacete per il suo primo trasferimento in Europa, ma il suo carattere lo limitò nella sua avventura in Spagna, tanto che fece ritorno in Sudamerica dove proseguì la sua carriera tra alti e bassi. Al piccolo Claudio Jeremias Echeverri - con il cognome scritto in maniera diversa ma con la pronuncia che è la stessa del giocatore boliviano - viene, dunque, affibbiato il soprannome di “El Diablito”, il piccolo diavoletto. L’anno scorso "El Diablito" ha dominato il campionato sudamericano U17. E nel gennaio 2024 il Manchester City di Guardiola si è aggiudicato il suo cartellino per lasciarlo poi in prestito al River Plate per un anno. In Premier League arriverà nel 2025. Molti dei protagonisti del Champions Trophy si ritroveranno all’improvviso a sfidarsi nella prossima Champions League. Sempre più affascinante, sempre più alla portata dei giovani, nel format e negli interpreti. Yamal con il suo Barcellona sarà uno dei giocatori più attesi, da gennaio anche Echeverri con il Manchester City di Pep Guardiola. Di sicuro verranno alla luce nuovi talenti, nuovi volti, altre storie da raccontare, quelle di piccoli bambini che di colpo si ritrovano adulti e protagonisti dei loro stessi sogni.