Fuga dalla vittoria: quando le stelle sono ferme a guardare la Serie A

Fuga dalla vittoria. Chiamatela così, se vi pare. Perché poi è questo a rendere ancor più inspiegabile l’ultimo dei capricci che stanno caratterizzando l’estate del pallone, quello di Lookman. È solo l'ultimo di tanti casi. Koopmeiners, Osimhen, Dybala, Chiesa, Nico Gonzalez: campioni sospesi tra la loro voglia di giocare altrove e quella della società di alleggerire il bilancio Lookman. Chi avrebbe mai potuto sospettarlo. Nato in una zona molto povera di Londra, si era fatto subito largo nel calcio che conta con la sua velocità e il suo funambolico talento, salvo poi spegnersi gradualmente fra Premier e Bundesliga, tanto da decidere, dopo un brillante inizio da protagonista nelle giovanili dell’Inghilterra, Under 20 e Under 21, di optare per la più sicura nazionale delle sue origini familiari, la Nigeria. In sette anni, del 2015 al 2022, una parabola non ascendente fatta di alti e bassi, con un totale di 26 reti realizzate nei vari campionati, Championship, cioè Serie B, compresa. Ma a giugno 2022 ecco arrivare l’Atalanta, a riscattarlo da una stagione con solo 16 presenze da titolare nel Leicester in Premier e a rilanciarlo nel grande calcio: due annate eccellenti, 24 gol totali in campionato e altri 8 nelle Coppe, suggellati dal capolavoro della tripletta di Dublino nella finale di Europa League dominata con il Bayer Leverkusen. Grazie alla società che ha creduto in lui e a Gasperini che gli ha trovato il ruolo più congeniale. Eppure, improvvisamente, in una domenica post ferragostana, ecco la bomba: me ne voglio andare, Paris mon amour. Con buona pace dei tifosi che lo avevano adottato come idolo assoluto, anche per via di quel nome di battesimo, Ademola, che contiene, nomen omen, parte del “mola mia”, non mollare, motto dialettale così caro alla città e alla squadra. Ma se c’era un presagio nel nome di Lookman, il destino dei calciatori, si sa, è sempre più nelle mani dei calciatori stessi. Sono ormai loro, e gli agenti che li guidano, i re del mercato. Con buona pace dei direttori sportivi e degli scout migliori del mondo. Il caso dell’Atalanta è il più sbalorditivo perché sono ben tre i giocatori che si sono chiamati fuori, presentando un certificato medico o limitandosi a un più spiccio "Non gioco più, me ne vado". In ordine di sparizione: Koopmeiners, El Bilal Touré e Lookman. A festeggiamenti per un fantastico quanto inatteso successo europeo non ancora terminati e a poche settimane dal via di una prima storica edizione della nuova Champions League cui l’Atalanta, Gasperini e tutti i giocatori nerazzurri hanno pienamente meritatato di partecipare, non soltanto come invitati speciali. Qui non è tanto un discorso di riconoscenza. E neanche di rispetto di regole ormai evidentemente rottamate da tutte le parti in causa. Sarebbe vietato contattare giocatori sotto contratto per un’altra società prima di avere avanzato una proposta al club di appartenenza. Ma così fan tutti. Piuttosto torniamo al caro, vecchio buonsenso. All’assurdo di cominciare una stagione e un campionato con un numero così consistente di giocatori importanti, addirittura decisivi, fermi ai box. Non per infortuni ma per bizze, pur essendo nel frattempo regolarmente stipendiati dai loro club attuali. E la colpa non è solo dei calciatori. La Serie A ha preso il via con tutta una serie di casi ancora aperti. C’è Osimhen che in luglio e agosto ha ricevuto dal Napoli uno stipendio di un milione netto al mese per allenarsi da solo e stare zitto. Qui non siamo al cospetto del solito ricatto di un calciatore, ma di un accordo fra presidente e giocatore che doveva essere win-win, ma sta diventando lose-lose. Io ti rinnovo un contratto alle cifre mostruose che tu pretendi per due anni e mezzo ma nello stesso tempo ti garantisco di lasciarti andare via alla fine di questa stagione, sia pure con una clausola altrettanto mostruosa. Un anno fa forse non sarebbe stato complicato trovare una squadra saudita o una di Premier pronte a pagare 130 milioni per il trasferimento e oltre 20 milioni lordi di ingaggio al giocatore. Ora, con le nuove regole inglesi, le diverse abitudini saudite e la ridotta circolazione di capitali un po’ ovunque, l’affare sembra quasi impossibile da portare a termine. E così il Napoli si ritrova ostaggio di Osimhen e Osimhen ostaggio del Napoli. Senza che a nessuno venga in mente di non buttare via completamente tempo e denaro e quindi di far giocare normalmente Osimhen nel Napoli fino a quando non verrà trovata una soluzione. Poi c’è il caso di società che più o meno unilateralmente cercano in autonomia di liberarsi di contratti onerosi, anche questi in realtà liberamente sottoscritti. La Juventus con Chiesa, che guadagna troppo per il suo rendimento attuale ma rifiuta rinnovi al ribasso e quindi viene messo fuori rosa con la copertura dell’allenatore che pubblicamente dice di ritenerlo inutile . O la Roma che cerca di accompagnare Dybala all’uscita, magari senza dare troppo nell’occhio, sempre per ragioni economico-finanziarie. E così De Rossi resta a metà strada, continua a convocare il giocatore ma lo lascia all’inizio in panchina, un modo per cercare di convincerlo che non è più aria. Nel frattempo, il campionato è iniziato. I punti delle prime tre giornate valgono quanto quelli delle restanti 35, ma le squadre non sono ancora pronte. La Serie A, che finora questa estate non si è arricchita di tanti nuovi campioni, è ripartita senza giocatori che in questi anni ci hanno fatto divertire, hanno fatto la differenza e che sarebbero pronti a farla ancora. Altro caso è Nico Gonzalez, protagonista nella Coppa America trionfale dell’Argentina, già d’accordo con la Fiorentina per essere lasciato libero e con la Juventus per tutte le clausole del nuovo contratto, ma in attesa delle decisioni di Commisso che vorrebbe venderlo a qualcun altro per non irritare troppo il popolo viola. Gonzalez, il giocatore più forte della Fiorentina. Lookman e Koopmeiners, trascinatori dell’Atalanta europea. Osimhen, capocannoniere dello scudetto e unico a salvarsi nella successiva disastrosa stagione del Napoli. Chiesa, migliore attaccante dell’ultima Nazionale vincente. Dybala, che quando gioca può cambiare il senso di una partita anche se ha solo un quarto d’ora a disposizione. Tutti fermi, o quasi, e in bilico, con un futuro da scrivere nei prossimi dieci giorni, se basteranno. Intanto gli altri giocano. E le stelle stanno a guardare.