Come la sentenza Diarra (non) cambierà il calciomercato

Forse succederà, non ora. Non a causa della sentenza di qualche giorno fa, della Corte di Giustizia Europea sul caso di Lassana Diarra. Il calciomercato per come lo conosciamo è ‘salvo’, la FIFA è pronta a giurarlo. Ma perché allora si è arrivati a dire che sarebbe potuto cambiare tutto, che i cartellini potevano scomparire, che la circolazione dei calciatori sarebbe potuta essere libera. Probabilmente per un eccesso di entusiasmo, rispetto a un tema comunque molto delicato e articolato. La sentenza rimane storica. Non fosse altro perché è firmata, ancora una volta, da Jean Louis Dupont, quello della famosa sentenza Bosman o della vittoria della Superlega. Gli altri due fronti aperti da Dupont hanno avuto o avranno ripercussioni sul calcio. Dalla sentenza Bosman, del 1996, nasce il concetto di parametro zero. Allora sì che fu rivoluzionato il calciomercato. Da allora per i giocatori a fine contratto le società non hanno più dovuto più corrispondere nessun indennizzo alla società di appartenenza. Ma non solo: è venuto a cadere completamente il limite di utilizzo degli stranieri, almeno per quelli comunitari. Libera circolazione al posto dei tre slot che invece fino a quel momento erano previsti. Da quella relativa alla Superlega potrebbe nascere davvero l’opportunità di veder creare un torneo alternativo, che al momento però è rimasto un’idea in un cassetto. Da questa - relativa a Diarra - non è nato nulla. Troppo presto direte voi. Ma anche in futuro è praticamente impossibile che vengano scardinati i pilastri su cui si regge il calciomercato europeo . Il punto su cui si è dibattuto alla Corte di Giustizia Europea è relativo in maniera specifica all’interruzione di contratto per “giusta causa”. In senso molto allargato la prima considerazione fatta è che non essendoci più il concetto di ‘giusta causa’ allora qualunque giocatore potrebbe svincolarsi dal club con il quale è sotto contratto per poter andare a giocare dove meglio crede. Ecco questo sillogismo non sembra reggere. Cerchiamo di capire perché. Intanto perché la vicenda di Diarra è controversa. Nel 2012 Lassana diventa un calciatore dell’Anzhi, per 5 milioni di euro, versati nelle casse del Real Madrid . Con l’approdo in Russia, Diarra si apre un mercato. E dopo appena un anno lascia l’ambizioso Anzhi per trasferirsi alla più solida Lokomotiv Mosca. Ma le cose per lui non migliorano e dopo aver passato un anno a litigare con allenatore e società , decide di fare da solo e di non presentarsi più agli allenamenti. La Lokomotiv prende la palla al balzo e decide di licenziarlo, visto che si rifiutava di giocare e contestualmente chiede un risarcimento al giocatore. La Fifa gli dà ragione, stabilendo un indennizzo da 10 milioni e mezzo che Diarra avrebbe dovuto pagare al suo vecchio club. Questa cifra - secondo le regole che sono state appena ritenute non conformi allo spirito europeo - doveva essere corrisposta dal giocatore e in solido dal club in cui Diarra avrebbe giocato. Ragion per cui lo Charleroi decide di non tesserare il centrocampista francese. E così Diarra rimane fermo per un anno: non tanto perché non trovava nessun club disposto a correre il rischio di dover pagare con lui e per lui, ma anche perché contestualmente la federazione russa non concedeva il transfert internazionale . Insomma: soltanto nel 2015, quindi un anno dopo, Diarra ritrova squadra. Il Marsiglia, a casa sua. Oggi la Corte di Giustizia Europea condanna la Fifa perché le misure previste sono vessatorie e sproporzionate e contrarie alla libera circolazione dei lavoratori nell’Unione Europea. E’ una sentenza storica, certamente, ma per quanto riguarda questi aspetti. Intanto - giusto per essere chiari - c’è stato un iter giuridico per la “giusta causa”. Una presa di posizione netta da parte di un giocatore e la reazione da parte di un club. E le norme attuate non sono state ritenute congrue, perché appunto sproporzionate. Gli articoli a cui si fa riferimento sono il 17.2 e il 17.4 dell’RTSP, ovvero regolamento FIFA sui trasferimenti, e riguardano - ovviamente - il caso in cui un club ritenga che uno dei suoi giocatori abbia risolto il suo contratto di lavoro senza ‘giusta causa’ prima del termine di scadenza naturale del contratto. In sintesi: Il calciatore e qualsiasi club che intenda ingaggiarlo sono responsabili in solido per il pagamento di un'indennità al club di provenienza. Il nuovo club è passibile di una sanzione sportiva consistente nel divieto di ingaggiare nuovi giocatori per un determinato periodo. La federazione nazionale da cui dipende il club di provenienza del giocatore deve negare il rilascio di un certificato internazionale di trasferimento alla federazione presso la quale è iscritto il nuovo club finché tra il club di provenienza e il giocatore è pendente una controversia in merito alla risoluzione del contratto. Per arrivare alla libera circolazione senza pagamento dei cartellini si deve percorrere ancora molta strada. Il caso Diarra - se volessimo semplificare al massimo - somiglia a un caso di licenziamento per inadempienza contrattuale in cui il club chiede i danni al giocatore. Se questi danni dovessero essere accertati, da oggi in poi, la nuova squadra non dovrà rispondere in solido insieme al giocatore. E magari il giocatore non dovrà essere squalificato. Ancora più semplicemente: non è stato Diarra a voler andar via , ma è stata la Lokomotiv ad averlo mandato via e poi ad avergli chiesto i soldi. E’ chiaro che, almeno in punta di diritto, questa specifica situazione potrebbe moltiplicarsi. Potrebbero esserci più giocatori che forzano la mano. Ma si tratta sempre di un’interruzione contrattuale, sempre motivata tanto da poter arrivare di fronte a un organo giudicante . E peraltro queste norme che vengono meno varrebbero soltanto per trasferimenti internazionali e all’interno della comunità europea. Quindi non varrebbero per giocatori provenienti da fuori Europa e non varrebbero per trasferimenti all’interno dello stesso campionato. La conseguenza certa - ora - è che saranno ridotti i rischi per i club che vogliano tesserare giocatori con un contenzioso in atto con un altro club. Vedi Leao, per esempio. Ma non una cancellazione totale del costo del cartellino. Quella sì sarebbe una rivoluzione. Totale. Alla quale non è detto che non si arrivi. Ma non da questa strada, non con questo percorso.

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