Ecco Martin, il ciclista filosofo che scrive per Le Monde

Ciclismo

Paolo Pagani

Guillaume Martin (Getty)
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Guillaume, 24 anni, corre al Tour de France per il team belga Wanty-Groupe Gobert. Ha conseguito un Master in filosofia con tesi su Nietzsche. Di lui ha già parlato Liberation, tabloid della sinistra snob parigina. Oltre alle fatiche sui pedali, Martin scrive anche per Le Monde

Diversamente dal mancato ragionier Gigione Donnarumma, Guillaume Martin incarna, su un agile telaio di 55 chili, l’aforisma di Friedrich Nietzsche che poi è il suo filosofo di riferimento: “Da quando ho imparato a camminare, mi piace correre”. Infatti Guillaume, ragazzo normanno di 24 anni con residenza a Lione, lo fa al Tour de France: corre col pettorale 201 per il team belga Wanty-Groupe Gobert. Ma prima di impennarsi sui pedali come conviene a ogni leggero scalatore, il giovane Martin ha imboccato un percorso anomalo e più pesante. Perché ha conseguito, unico nel gruppo che si slomba sugli asfalti e le salite della Grande Boucle, un Master in filosofia (tesi su Nietzsche) all’università di Parigi-Nanterre. E per dimostrare che lo sforzo del pensiero non è poi così astrattamente sganciato dalla realtà di tutti i giorni, dall’esistenza concreta che ci abita, Guillaume mette a frutto. Scrive. Ha esordito il 6 luglio, sulle colonne di Le Monde, non una gazzetta sportiva di settore ma un quotidiano pensoso, con una cronique particolare. Che ha subito orgogliosamente twittato per i suoi 1632 followers: un parallelo tra la gara contro il tempo, la profonda essenza nascosta della cronometro individuale, e l’arte di conoscere se stessi. Esiste qualcosa di meno ordinario?

Un filosofo da corsa che ha già ricevuto l’omaggio di un ritratto generoso su un altro giornale da intellò, da intellettuali meditabondi con la Gauloise tra le labbra. Come Liberation, anzi Libè, la Bibbia tabloid della sinistra snob parigina. Pierre Carrey, che commenta quotidianamente il Tour come conviene all’autobiografia a pedali della nazione, ha scritto di Guillaume parole altissime. Raramente spese per un ciclista. Lo ha descritto così: è il corridore nietzscheano che sale e scende le montagne come Zarathustra. Mon Dieu.

In effetti, il rischio di considerare l’erudito Guillaume Martin come una bestia rara esiste. Gli articoli in prosa raffinata sulle testate colte sottolineano la sua diversità. Nessun altro esibisce nel curriculum, assieme alle gare vinte, letture abissali. Se poi la mente corre al Donnarumma dello scandalo, il ragazzone che preferisce Ibiza agli esili testi per la maturità, non c’è gara. Guillaume è di stoffa rara. Sportivo di carriera che, in sella, al plotone (degli inseguitori) sa associare Platone. In fondo, ciò che fa l’originalità di un uomo è che egli vede una cosa che tutti gli altri non vedono. Lo spiegava Nietzsche, appunto. Bonne chance, buona fortuna monsieur Martin.