Fausto Coppi, il Mondiale e la Dama Bianca

Biagio Cavanna gli prende il volto tra quelle mani d’oro, lo bacia e lo abbraccia. E’ incredulo, felice, commosso sotto gli occhiali scuri che ‘nascondono’ la sua cecità. Quante volte le sue dita hanno manipolato quei muscoli d’acciaio nelle ultime settimane, con un solo obiettivo: conquistare il Mondiale e la maglia arcobaleno, unica gara di rilievo a mancare ancora nella sala trofei sconfinata di Fausto Coppi. A 34 anni, il piemontese sa che quella sulle strade di Lugano è una delle ultime cartucce da sparare. Fausto ha trascorso l’estate ad allenarsi, rinunciando a ingaggi importanti sui velodromi di mezza Europa, affidando come sempre la sua preparazione al fidato Cavanna, ‘l’orbo di Novi’, che con il primo Campionissimo della storia, Costante Girardengo, il Mondiale l’aveva solo sfiorato nel 1927. Ma quella volta, sulle strade della Svizzera italiana, Coppi “l’è andè chmé ‘r ventér”. E’ andato come il vento, come dicono a Castellania. Coppi-Bartali e la “vergogna di Valkenburg” Complice anche la tragedia della Seconda guerra Mondiale, Fausto Coppi corre il suo primo Mondiale in carriera solo nel 1946. Nelle prime tre edizioni non arriva mai al traguardo. Se a Zurigo e Reims il ritiro non fa eccessivo scalpore, è il 1948 a Valkenburg che si consuma una delle pagine più controverse della storia del ciclismo azzurro e della rivalità tra l’Airone e Gino Bartali. Il toscano ha da poco ‘salvato’ l’Italia dalla guerra civile dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, rimontando oltre 20’ di svantaggio a Bobet e portando a casa il Tour in modo rocambolesco. L’Italia parte per l’Olanda con i suoi due capitani, convinta di poter conquistare la maglia iridata. Ma i due si marcano a vista per tutta la corsa, nessuno vuole che l’altro vinca. Si sfiancano a tal punto che sono praticamente fermi, rischiano di essere doppiati dai battistrada e accusano un ritardo di circa 25’. Si ritirano insieme , controllando che ‘l’altro’ avesse messo realmente il piede a terra. A vincere sarà il belga Alberic Schotte, uomo da Classiche del Nord, che poche settimane prima, sulle strade del Tour, aveva preso mezz’ora dal ‘Ginettaccio’. La Federazione italiana prende duri provvedimenti contro i due ‘disertori’, che pagano la “vergogna di Valkenburg” con una squalifica perché “soggiacendo ad antagonismo personale, si sottraevano alla competizione”. Quell’Italia che ‘invase’ la Svizzera L’anno buono per indossare la maglia arcobaleno sembra il 1949, quello della storica doppietta Giro-Tour, primo corridore a riuscirci nella storia. Ma anche a Copenaghen, Fausto manca l’obiettivo. Questa volta chiude sul podio, con un amaro bronzo alle spalle del belga Rik Van Steenbergen e dello svizzero Ferdi Kübler, dopo una gara sempre all’attacco. Coppi si ripresenta alla corsa di un giorno più importante dell’anno solo quattro anni più tardi, nel 1953. Si corre a Lugano, a pochi chilometri dall’Italia. E proprio dal nostro Paese partono treni speciali da Milano, senza contare la coda infinita al confine e in dogana, per riempire di tricolori le strade del Canton Ticino. Un’invasione pacifica. In migliaia, chi in bicicletta, chi in Lambretta e chi addirittura piedi, a spingere l’idolo Fausto verso il sogno arcobaleno. La cavalcata di Fausto: Lugano è azzurra I duecentosettanta chilometri che si snodano su un circuito di 13.5 km da ripetere venti volte, sembrano cuciti addosso a Fausto. Nonostante l’età che avanza, l’italiano può far valere la sua potenza, i suoi watt e i suoi quadricipiti su un percorso di media difficoltà, senza particolari strappi. Come a Copenaghen nel 1949, Coppi non lascia nulla al caso e cerca sempre di comandare la corsa. La prima stoccata la dà quando mancano ben 85 chilometri al traguardo sulla salita della Crespera. Stacca tutti, tranne Germain Derijcke, belga grande interprete delle Classiche del Nord, dieci anni più giovane dell’azzurro e con tanta voglia di battere una leggenda vivente come il piemontese. Coppi deve necessariamente fare il vuoto se vuole vincere, perché un arrivo allo sprint gli sarebbe fatale come quattro anni prima in Danimarca. Così a una trentina di chilometri dall’arrivo, sulla penultima ascesa del Crespera, Fausto batte le ali e vola via. L’Airone non si prende più e dopo sette ore e mezza taglia il traguardo tra una folla impazzita, con i gendarmi svizzeri a prenderlo subito in custodia per evitare l’assalto delle migliaia di italiani presenti a bordo strada. L’Italia torna a vincere il Mondiale 21 anni dopo Alfredo Binda, per l'Istituto Luce "Fausto è il più grande corridore di tutti i tempi". Nel frattempo i muri di un'intera Nazione si riempiono di una scritta “sola al comando”: W COPPI! L’apparizione della dama Bianca Fausto osannato, Fausto sul podio, Fausto re del mondo. L’arcobaleno che illumina Lugano, con quella maglia bianca a strisce che è una delle icone sportive più riconosciute al mondo, viene offuscato per un attimo dalla presenza di una donna in camicetta nera di fianco al campione. Applaude e sorride. Il suo nome è Giulia Occhini e per la prima volta si presenta agli occhi del mondo intero come l’amata, l’amante. Non è ancora la famigerata Dama Bianca, quella che ha diviso un intero Paese, facendo vacillare le rigide regole di una società che non contemplava il divorzio e che aveva ancora in vigore il delitto d’onore. Sarà ribattezzata così qualche mese dopo, a causa di un candido Montgomery indossato al Giro del 1954. Quel giorno, a Lugano, aveva già lasciato la famiglia per un amore impossibile. Pochi mesi più tardi verrà incarcerata ad Alessandria con l’accusa di adulterio, già incinta del piccolo Faustino, partorito a Buenos Aires per poter essere un ‘Coppi’. Diventeranno una famiglia, anche se mai ufficialmente e solo per pochi anni, prima della tragica e prematura scomparsa dell’Airone. Ma questa è tutta un’altra storia…