Ferrari, la solitudine di Binotto
Formula 1E' un silenzio che fa rumore quello della dirigenza Ferrari dopo l'incidente in Austria tra Leclerc e Vettel, con la Rossa che ha perso competitività e con il Team Principal Mattia Binotto che sembra solo nelle sue battaglie. Domenica, in Ungheria, è già una gara cruciale per la stagione della Rossa
E’ un silenzio che fa più rumore dei pezzi malmessi delle due Rosse dopo l’autoscontro di domenica in Austria quello della dirigenza Ferrari. Almeno dopo il primo e fortuito podio di Leclerc, solo sette giorni fa, erano arrivate le parole di incoraggiamento dell’amministratore delegato Camilleri, che confermava la sua fiducia a Mattia Binotto nonostante le evidenti carenze della Rossa. Poi più nulla. Un silenzio che rende ovviamente difficile interpretare quanto stia realmente succedendo a Maranello. Ma la realtà è già stata fin troppo chiara: la SF1000 è una macchina sbagliata, al di là della questione power unit, e i problemi non sono solo di correlazione dati ma a questo punto anche di metodologia di lavoro, come ha ammesso lo stesso Team Principal.
Sembra che a Maranello le carenze siano tante, ma quello che balza all’occhio guardando l’organigramma della Scuderia è che in questo momento stia mancando soprattutto la figura di un vero e proprio direttore tecnico. Quel ruolo per il quale Binotto era stato nominato nel 2016 dopo la partenza di James Allison, e che nessuno ha propriamente più ricoperto dopo che lo stesso Binotto ha sostituito Arrivabene nel gennaio del 2019 a capo della squadra. La sensazione è che il Team Principal della Ferrari sia solo nelle sue battaglie, che siano politiche, organizzative o comunicative. E che internamente non ci sia comunque nessuno che possa prendere il suo posto in corsa. Non dimenticando l’esperienza fallimentare del 2014 quando a stagione iniziata Mattiacci fu chiamato a sostituire Domenicali. La terza gara della stagione in Ungheria sarà già uno snodo cruciale, tecnico e umano per la Ferrari. Aspettando, magari, un segnale.