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MotoGP, GP Austin. "Rossi e Dovi, non è qui l’America", di Guido Meda

MotoGp

Guido Meda

Valentino Rossi e Andrea Dovizioso (foto getty)

È passata, l’America è passata come un fastidio sportivo sul cammino di Dovizioso e di Rossi. Ad Austin, dove Marquez vincerebbe anche se gli dessero il via a 100 chilometri dalla pista, si gioca in difesa per definizione

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Il bicchiere mezzo pieno dice che ci sono tre italiani nei primi cinque, con Iannone terzo davanti a Rossi e Dovizioso. Quello mezzo vuoto dice che per i nostri c'erano anche modi migliori di una gara anonima prima di presentarsi in Europa. Dovi e Rossi non hanno avuto nulla di esplosivo in relazione a ciò che possono essere. Ma mentre Valentino ha la Yamaha di Vinales due posizioni davanti, Dovizioso ha tutte le altre Ducati dietro. Vinales guida la Yamaha alla grande, è raggiante ed entusiasta. Attenzione però che fa presto lui: ci mette poco a gasarsi e altrettanto poco a buttarsi giù. Rossi no; barra al centro per definizione ed elettronica nel mirino per tornare vincenti in pianta stabile, dato che in questo mondiale serve la costanza che nè a Dovizioso nè a Rossi è ancora arrivata. Dovizioso di suo manifesta un'incavolatura contrattuale. Si apettava che Ducati gli formalizzasse un accordo più danaroso e in tempi più brevi, e invece è ancora lì, un po’ scocciato ad aspettare incrementi più decisi che da Bologna non arrivano, un po’ per motivi di budget e un po’ per dare tempo a Lorenzo di trovare una soluzione alternativa a quella che sembra davvero una crisi nera. Via l’America, vissuta inseguendo invano il podio, Rossi aspetta l’Europa con l’ansia di un innamorato lontano da troppo tempo. Se non altro il clima sembra sereno nel dipartimento contenziosi e sinistri che in America, sia del nord che del sud, ci ha dato fin troppo da raccontare.