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Ducati, il 2022 apice di un lungo percorso: dagli esordi ai trionfi di Bagnaia e Bautista

la storia

Paolo Lorenzi

La trionfale stagione 2022, conclusa con i successi iridati di Pecco Bagnaia in MotoGP e di Alvaro Bautista in Superbike, è la conseguenza di tanti anni di duro lavoro. Un lungo percorso, tra ricerca dell'innovazione e investimenti, giunto (forse) al suo apice. Ripercorriamolo

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Dopo una stagione così, non sarà facile ripetersi. La Ducati ha vinto tutto quel che c’era da vincere: titolo piloti, classifica costruttori e classifica a squadre. Aggiungiamo il mondiale Superbike con Bautista e il quadro è completo. La casa bolognese ha sbaragliato la concorrenza e firmato la sua annata migliore anche sotto il punto di vista di pole e vittorie conseguite: 16 le prime, 12 le seconde. Dopo la lunga stagione del binomio Honda-Yamaha, che ha monopolizzato la massima cilindrata dal 1983 in poi (con le due parentesi Suzuki nel 2000 e 2020) sembra arrivato il turno della Ducati, che schiera una forza tecnica impressionante e una presenza in pista soverchiante. Otto piloti alla guida di una moto che al momento rappresenta quanto di meglio si possa chiedere. Gli avversari gliel’hanno persino rinfacciata questa superiorità, dimenticandosi gli anni del dominio giapponese ("congeliamo la Ducati", la provocazione lanciata dall’ex pilota Randy Mamola).

Da Stoner a Dovizioso: gli anni della costruzione del fenomeno Ducati

Ma quanto hanno dovuto aspettare, gli uomini di Borgo Panigale, per costruire questa forza, letteralmente esplosa quest’anno? Dal 2003, anno del debutto nel Motomondiale dopo la rivoluzione dei motori quattro tempi, le "desmo" bolognesi hanno vinto solo 7 gare nelle prime quattro stagioni, fino all’arrivo di Stoner, che ha portato al primo titolo nel 2007 (con 10 vittorie sue e una di Capirossi): una stagione anomala, su cui ha influito più il talento del fenomeno australiano che il livello tecnico della moto, ancora piuttosto impegnativa da guidare. L’anno dopo, e i due successivi, sarà ancora Stoner a firmare tutti e 13 i successi targati Ducati. Dopodiché più nulla, fino al 2016, quando Dovizioso e Iannone hanno riportato per due volte la Desmosedici sul gradino più alto del podio. Un lungo interludio durante il quale si sono messe le basi per la Ducati del futuro, sotto la guida di Gigi Dall’Igna.

A sinistra Casey Stoner portato in trionfo dai meccanici, a destra Andrea Dovizioso

Rivoluzione compiuta

Da lì in poi è stato un continuo crescendo, tra alti e bassi, rimarcati da 18 vittorie in quattro campionati (dal 2017 al 2020). Nel 2021 la forza Ducati è cresciuta fino a 8 piloti in pista, ma i 7 successi di quel campionato sono stati ripartiti per la prima volta tra tre piloti (Bagnaia, Miller e Martin). I podi ottenuti anche da Bastianini e Zarco hanno contribuito a confermare ciò che ormai era chiaro a tutti: la rivoluzione era completata. Ducati diventata nel frattempo la moto per tutti, mancò il titolo piloti ma portò a casa quello per i costruttori e i team.

Pecco Bagnaia e Johann Zarco - ©Motorsport.com

L'inizio di una nuova era?

La strada per arrivare ai trionfi di quest’anno è quindi stata lunga e piuttosto sofferta. Scandita dalla continua ricerca della formula vincente, dell’azzardo tecnico piuttosto che del pilota di grido (leggi Rossi e Lorenzo); un inseguimento per certi versi estenuante, combattuto anche sul filo dei regolamenti, cercando l’appiglio per innovazioni che hanno contribuito a fare la differenza, ma investendo e sviluppando quando gli altri sembravano accontentarsi. La trionfale stagione appena conclusa  è la conseguenza di questo lungo travaglio, giunto forse all’apice del suo cammino. Se ci sarà ancora spazio di crescita molto dipenderà dalla reazione degli avversari. Ma il 2022 potrebbe aver inaugurato l’inizio di una nuova era, targata Ducati.

Pecco Bagnaia e Alvaro Bautista festeggiano i titoli mondiali in MotoGP e Superbike - ©Motorsport.com