Nel primo episodio dei nostri approfondimenti sui premi della stagione 2016-2017, scopriamo chi sono i candidati per il “Defensive Player of the Year”
L’esplosione e l’espansione delle statistiche avanzate ha cambiato il modo in cui la pallacanestro viene giocata e, soprattutto, come viene giudicata negli ultimi anni. Ciò nonostante, quantificare con dati univoci l’impatto di un giocatore nella metà campo difensiva rimane un compito decisamente più complicato rispetto a quanto accade con la metà campo offensiva, ma non è impossibile — anzi, incrociando ciò che si vede in campo a varie statistiche avanzate si può cercare di tracciare un profilo abbastanza accurato su chi abbia un impatto positivo sulla metà campo difensiva. Sono lontani i giorni in cui a dominare erano quasi esclusivamente i lunghi che "prendevano tanti rimbalzi" e "davano tante stoppate": oggi, come spiegato da Draymond Green a USA Today, “Si guardano i numeri e ci si fida di ciò che vedono gli occhi, si prendono in considerazione le vittorie e le sconfitte, si controlla come va una squadra quando un giocatore è in campo e quando uno è fuori. Perché si possono dare stoppate e rubare palloni, ma non significa che si sta dominando la partita. Eppure ci sono numeri che non mentono: il plus-minus, le percentuali dell’avversario diretto, come si aiuta in difesa, i rating difensivi… Sono tutte cose che ora si possono giudicare con i numeri, e questo può aiutare”. Utilizzando alcuni dei criteri citati dal numero 23 dei Golden State Warriors, andiamo a scoprire chi sono i principali candidati di quest’anno.
Kawhi Leonard, San Antonio Spurs
Inevitabile partire dal giocatore che negli ultimi due anni ha vinto il premio di miglior difensore dell’anno, Kawhi Leonard. Il quale però quest’anno si è dato obiettivi ben più ambiziosi, come il premio di MVP, e aumentando il suo coinvolgimento offensivo ha mollato un po’ nella metà campo difensiva. Chiariamoci: il suo “mollare un po’” lo rende comunque uno dei migliori difensori perimetrali della lega (se non il migliore in assoluto), una presenza terrorizzante per chiunque provi anche solo a palleggiare nelle sue vicinanze specialmente nei finali tirati (2.5 palloni recuperati per 36 minuti “in the clutch”, secondo alla pari di Russell Westbrook). I dati stagionali sulla sua presenza o meno in campo, però, raccontano un'altra storia, perché gli Spurs vanno decisamente meglio quando lui non c’è (96.1 punti su 100 possessi concessi) rispetto a quando è in campo (103.7, penultimo nella squadra), un dato confermato anche dopo la pausa per l’All-Star Game. Sotto questo aspetto influisce l’eccellente panchina degli Spurs, storicamente in grado di avere la meglio sui diretti avversari, grazie anche a un crollo — abbastanza incomprensibile — delle percentuali degli avversari nelle triple non contestate quando Leonard è in panchina. Un “baco” confermato anche dal Real Plus-Minus di ESPN, che non lo vede neanche nella top-25 della sua posizione, e che unita alla candidatura al premio più importante dell’anno potrebbe portarlo a non confermarsi come miglior difensore della stagione, anche perché gli avversari di quest’anno hanno argomenti fortissimi e le sue performance nei due anni passati sono state certamente superiori a quella (comunque eccelente) di questa stagione.
Draymond Green, Golden State Warriors
Dopo essere finito al secondo posto per due anni di fila, Draymond Green non ha fatto mistero fin dall’inizio di questa stagione di voler puntare al premio. Un po’ perché l’arrivo di Kevin Durant ne ha inevitabilmente diminuito il coinvolgimento offensivo (dopo il 18.8 di Usage Rate dello scorso anno, in questa stagione è sceso a 16.2), ma la sua presenza difensiva è aumentata sensibilmente dopo l’addio di Andrew Bogut — senza il quale, si pensava, che anche la sua efficacia nella propria metà campo sarebbe diminuita. Nope, neanche per sogno: Green è secondo in Defensive Real Plus-Minus, è il terzo miglior protettore del ferro della lega (concede il 43.3% difendendo 7.1 tentativi a partita) e con lui in campo gli Warriors hanno la miglior difesa della lega (99.0 di rating difensivo), mentre quando non c’è crolla a 104.8. A tutto questo bisogna aggiungere la versatilità unica che la sua presenza permette: Green è il raro tipo di difensore in grado di cambiare su tutti gli esterni avversari e un’azione dopo contestare al ferro con la medesima efficacia, tenendo tutti in riga con la sua boccaccia sempre accesa e mettendo le mani su quello che passa nelle vicinanze (2.3 recuperi per 36 minuti). Un insieme di qualità che sono difficili da trovare tutte assieme nello stesso giocatore, considerando poi che in attacco è tutt’altro che un danno con le sue doti di playmaking aggiunto. I Golden State Warriors di quest’anno non ne hanno più così tanto bisogno nella metà campo offensiva, ma in quella difensiva rimanere il giocatore più importante per la squadra col miglior record della NBA — e che probabilmente non riceverà altri premi in questa stagione, visto che Curry e Durant si sono "fatti fuori a vicenda" per l'MVP. Anche per questo, oltre che per le eccellenti prestazioni in campo, il candidato principale di quest’anno è lui, come confermato da un sondaggio informale tra buona parte dei votanti a fine anno condotto da ESPN.
Rudy Gobert, Utah Jazz
Subito dietro il leader emotivo dei Golden State Warriors segue l’àncora difensiva degli Utah Jazz, vale a dire Rudy Gobert. Il centro francese ha vissuto la miglior stagione della sua — seppur breve — carriera, realizzando i massimi in punti (14), rimbalzi (12.9), percentuale dal campo (66.3%) e ai liberi (65.2%), ma soprattutto viaggiando a 2.7 stoppate a partita, leader in tutta la NBA anche per percentuale (stoppa il 6.4% dei tiri da due mentre è in campo). Analizzando i dati avanzati, la presenza dominante dal punto di vista difensivo di Gobert diventa innegabile: primo per Defensive Real Plus-Minus (5.90), primo per Defensive Win Shares (5.9), secondo miglior protettore del ferro (43.1% su 10.2 tentativi, solamente Joel Embiid ha fatto meglio di lui anche se in sole 31 partite) e, in generale, gli avversari contro di lui tirano con 5.6 punti percentuali in meno rispetto alla media. La sua presenza permette ai Jazz di concedere solo 100.3 punti su 100 possessi (quando non è in campo invece crollano a 107) e di avere, su base stagionale, la terza miglior difesa a poca distanza da Spurs e Warriors. Se Gordon Hayward è il miglior giocatore offensivo, Gobert è indiscutibilmente il motivo per cui la difesa dei Jazz è andata così bene e una delle ragioni principali per cui Utah è tornata nelle vicinanze delle 50 vittorie dopo sette anni di vacche magre. Una continuità di rendimento che con ogni probabilità gli varrà un posto nei primi tre quintetti All-NBA, e come minimo il secondo posto nel premio a fine anno — se non di più.
Dewayne Dedmon, San Antonio Spurs
Più di Kawhi Leonard, il giocatore degli Spurs che meriterebbe un po’ di considerazione in più è Dewayne Dedmon. Preso come scarto a bassissimo prezzo dai free agent dopo tre anni non entusiasmanti tra Golden State, Philadelphia e soprattutto Orlando, ai San Antonio Spurs si è imposto come titolare dopo l’infortunio di Pau Gasol e, anche dopo il rientro dello spagnolo, ha continuato a difendere l’area dei nero-argento cambiandone la stagione. Da quando parte in quintetto (30 gennaio) è il miglior protettore del ferro della lega (42.1% su 5 tentativi a partita), il Defensive Real Plus-Minus è il terzo dietro Gobert e Green (4.34), gli avversari contro di lui tirano col 6.3% in meno e il Defensive Rating degli Spurs con lui in campo è stellare (95.9 punti concessi su 100 possessi, il migliore della squadra), mentre passa al 103.4 quando è fuori (secondo peggiore di squadra). È soprattutto il suo atletismo a dare tutta un’altra versatilità alla difesa degli Spurs, permettendo di cambiare contro gli esterni avversari anche lontano dal ferro e allo stesso tempo di dare una dimensione verticale (importante anche in attacco) altrimenti sconosciuta nel resto del roster. I suoi limiti offensivi sono ben noti e verrano sfruttati dagli avversari ai playoff, ma finora il suo apporto è stato fondamentale per cambiare volto alla miglior difesa della NBA. E a fine anno le sue prestazioni verranno ricompensate, visto che sarà uno dei free agent più interessanti nel ruolo tra quelli senza restrizioni.
Robert Covington, Philadelphia 76ers
Chiudiamo la carrellata con un esterno che, a differenza degli altri quattro candidati, gioca in una squadra tutt’altro che vincente, ma che grazie alla sua presenza riesce a essere nella top-5 della lega. Quando Robert Covington è in campo, i Sixers — che normalmente concedono 106.3 punti su 100 possessi, 17^ difesa NBA — hanno un rating difensivo di 103.3, ai livelli della quarta difesa stagionale detenuta dagli Atlanta Hawks. Quando non c’è invece i Sixers crollano a 109.5, l’equivalente di quella dei Phoenix Suns terzultimi, nonché il peggior dato di tutta la squadra. Il suo Defensive Real Plus-Minus è il quinto di tutta la lega (appena dietro a quello di Bogut, che però ha disputato solo 27 partite) e la sua versatilità nel cambiare su almeno quattro ruoli diversi lo ha reso un giocatore su cui puntare per il futuro dei Sixers, che si spera sarà decisamente migliore rispetto al recente passato. Purtroppo per lui, il “giorno di paga” è distante ancora un’intera stagione, visto che i Sixers hanno un’opzione a loro favore per rinnovare il suo contratto per il prossimo anno a un solo milione e mezzo di stipendio. Un affare per un giocatore del suo calibro, uno dei dodici in grado di chiudere la stagione con un recupero e una stoppata di media a partita.