Gli Warriors battono 129-115 i rimaneggiati Spurs in gara-4, conquistano le Finals per il terzo anno consecutivo e diventano la prima squadra nella storia NBA a iniziare i playoff con un 12-0
Una squadra mai vista a livello di concentrazione di talento nella storia della NBA è destinata a lasciare il segno. Ma tra quello che in molti pronosticano e quello che poi realmente accade sul parquet, può esserci molta differenza. Non nel caso dei Golden State Warriors, vincitori per 129-115 anche in gara-4 contro San Antonio, alla terza finale NBA consecutiva e soprattutto ancora imbattuti in questa post-season. Mai nessuno era riuscito a mettere assieme un 12-0 ai playoff, mai da quando anche il primo turno si gioca al meglio delle sette partite. Il volto dell’ennesimo trionfo non poteva che essere lui, Steph Curry: 36 punti, 5 rimbalzi, 6 assist e 5 triple, decisivo con le sue giocate nel regalare oltre dieci punti di vantaggio agli Warriors già nel primo quarto (dominato 31-19), bravi poi a gestire il margine nel corso di una sfida mai realmente in discussione. Il numero 30 supera così Kobe Bryant per numero di triple segnate ai playoff (295 vs. 292), mentre Golden State diventa assieme ai Lakers l’unica squadra della Western Conference a giocare la terza finale NBA consecutiva, raggiunta quest’anno battendo gli avversari con un margine medio di 16.3 punti – record anche questo, così come i 498 punti realizzati in una serie chiusa in soli quattro incontri. Una macchina da canestri e spettacolo, il meglio che ci si possa augurare di vedere su un campo da basket.
L’ultimo tango di Manu Ginobili
La lista dei traguardi e dei record raggiunti è davvero lunga, così come quella degli infortunati che hanno penalizzato in maniera evidente gli Spurs: Kawhi Leonard, Tony Parker e David Lee solo per citarne alcuni. Popovich alla fine è costretto a reinventare il quintetto, provando la carta small ball già dalla palla a due, schierando LaMarcus Aldridge e quattro piccoli sin dalla palla a due (Simmons, Mills, Green e Ginobili). Già, Manu, ritornato sul parquet dal primo minuto dopo 55 apparizioni consecutive ai playoff in uscita dalla panchina (così come per buona parte della sua straordinaria carriera). "Il sesto uomo più titolare della storia NBA", verrebbe da dire con un po’ di malinconia oggi, vista l’ovazione che l’AT&T Center gli ha riservato alla sua uscita dal campo al termine di una sfida da 15 punti e 7 assist. I 40 anni ormai sono dietro l’angolo e l’ultima battaglia sembra essere quella che il campione argentino si è lasciato ormai alle spalle. “Un combattente incredibile; è sempre stato un piacere giocare contro di lui”, racconta ai microfoni Kevin Durant, autore di 29 punti e 12 rimbalzi al termine di una partita sontuosa che gli ha regalato la gioia di tornare a disputare le Finals NBA cinque anni dopo quelle perse con i Thunder contro i Miami Heat di LeBron James. “È meraviglioso essere una delle due squadre rimaste ancora in corsa. Vedremo come andrà a finire”. Agli Spurs non bastano i 33 assist di squadra a referto e i 20 punti di un sorprendente Kyle Anderson, il miglior realizzatore tra i padroni di casa. Golden State infatti segna 31 o più punti in ognuna delle quattro frazione e chiude il match tirando con il 55.8% dal campo: un clinic offensivo di fronte al quale San Antonio è stata costretta ad alzare bandiera bianca.