Il duo di Cleveland ha combinato per 77 punti, 31 canestri e tanta presenza e agonismo. Uno sforzo inutile però ai fini del risultato, visto che a vincere ci hanno pensato ancora una volta i Golden State Warriors
Sarebbe stato davvero difficile chiedere di più ai due protagonisti indiscussi del match in casa Cleveland Cavaliers. Difficile immaginare la frustrazione che si prova di fronte all’incapacità di riuscire a fare risultato, nonostante lo sforzo enorme fatto sul parquet per oltre 45 minuti. Lo sa bene LeBron James, autore di una partita che entra di diritto nella storia del gioco: 39 punti, 10 rimbalzi e 9 assist, tirando 15/27 dal campo, 4/9 da tre punti e concedendosi soltanto due minuti e 23 secondi di riposo, in cui i suoi compagni hanno messo a referto un raccapricciante -203 di Net Rating. Un numero che non ha senso, proprio come i Cavaliers senza il loro Re a guidare i compagni; una squadra smarrita, non in grado di supportare quel tanto che bastava James per riaprire una serie che adesso appare come definitivamente chiusa. In attacco l’unico in grado di stargli dietro è stato Kyrie Irving, co-protagonista con i suoi 38 punti, uno più incredibile dell’altro, racimolati grazie a 16 prodezze una più fantastica dell’altra su 29 tentativi. Kevin Love ha fatto un importante passo in avanti a livello difensivo (significativo il dato relativo alle sei palle recuperate), combattendo come un leone nella propria metà campo, nonostante le difficoltà offensive, mentre J.R. Smith ha finalmente battuto un colpo in attacco dopo essersi dissolto nel momento stesso in cui ha realizzato il primo canestro dell’intera serie in gara-1.
Quella tripla sbagliata da Kyle Korver…
LeBron però, è un despota molto particolare; uno di quelli che sa riconoscere le peculiarità dei propri soldati, sa capire in base al momento della partita quale sia la scelta migliore da fare per coinvolgerli. È così il numero 23, nonostante i ripetuti errori, ha continuato ad armare la mano dei vari Shumpert, Love, Jefferson e Williams, sapendo benissimo di non poter vincere la battaglia senza il contributo di tutti, ottenendo però in cambio un modesto 1/13 dalla lunga distanza, a cui si è aggiunto lo 0/7 di Kyrie Irving che dall’arco non l’ha davvero mai messa. L’unico ad aver trovato il fondo della retina in un paio di azioni cruciali del secondo tempo è stato Kyle Korver, un giocatore che nonostante l’età resta uno dei migliori tiratori da tre punti della storia della NBA. Uno a cui poter affidare il tiro più importante dell’intera serie sul 113-111 Cavs a un minuto dalla fine: una tripla dall’angolo con spazio che è uno dei marchi di fabbrica con cui l’ex giocatore degli Atlanta Hawks ha costruito un’intera carriera (e guadagnato un bel po’ di milioni di dollari). Evidentemente però, non era davvero aria per i Cavaliers, che negli ultimi due minuti e 45 fanno a testate con la partita, sbagliando gli ultimi otto tiri tentati (a fronte del 3/3 avversario e 4/4 ai liberi per un mortifero 11-0 di parziale) e segnando così quella che sembra a tutti gli effetti la fine della serie. La tripla di Korver quindi, non può far altro che naufragare sul ferro così come le speranze di Cleveland quando Kevin Durant, pochi istanti dopo, prende un palleggio/arresto/tiro da tre punti dalla stordente bellezza che regala il vantaggio decisivo a Golden State.
Il record che LeBron avrebbe volentieri evitato
In molti contesteranno la scelta di passare quel pallone, di non prendersi quel tiro, senza capire però lo sforzo compiuto dal numero 23 fino a quel momento, lucido come pochi nel comprendere che quella fosse la conclusione a più alta percentuale, al di là del mero protagonista. James ha giocato una serie spaziale, condizionata inevitabilmente da un serbatoio della benzina che di volta in volta è diventato sempre più vuoto, come dimostra l’andamento delle sue percentuali al tiro nel corso dei quarti di gioco: 70% nel primo, 71% nel secondo, 40% nel terzo e soltanto 36% nel quarto, quando le forze vengono inevitabilmente meno anche a un colosso come lui. A James e Irving non resta dunque che a malincuore “entrare nella storia dalla parte sbagliata”, ritrovandosi involontariamente detentori di un record che non avrebbero mai voluto diventasse loro. Mai nessuna squadra infatti nella storia delle Finals NBA che aveva avuto a disposizione due giocatori in grado di combinare per 77 punti totali, era poi uscita sconfitta dal campo (di casa, per giunta). Ma se c’è una squadra in grado di compiere un’impresa titanica di questa portata quella è di certo Golden State, ormai a un passo dalla storia dopo aver raccolto 15 vittorie in altrettante partite in questa post-season. Manca l’ultimo tassello, la ciliegina sulla torta a dei playoff che così perfetti non si sono mai visti. E, nonostante quello che twitta J.R. Smith, sembra proprio che questa sia la volta buona per fissare un record oltre il quale non sarebbe più possibile andare oltre.