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NBA, Kobe Bryant: "La maglia ritirata? Un sogno che cullavo fin da bambino"

NBA

Nell’intervallo della gara di lunedì notte contro Golden State andrà in scena un altro capitolo indimenticabile del libro che unisce Kobe Bryant e i Los Angeles Lakers. Il “Black Mamba” ha raccontato le emozioni della vigilia, con un occhio al passato e uno al futuro

Tutto pronto a Los Angeles per celebrare – nella notte italiana tra lunedì e martedì – il campione che nell’ultimo quarto di secolo ha infiammato l’anima di tutti i tifosi gialloviola, quel Kobe Bryant che vedrà riconosciuti 20 anni di onorata carriera in maglia Lakers con il ritiro di entrambe le sue maglie, la n°8 (con cui ha iniziato la carriera) e la n°24 (con cui l’ha conclusa): “Non so se sarà un unico banner che include tutte e due le maglie o se alzeranno al cielo due stendardi diversi”, racconta il diretto interessato a chi gli chiede lumi in merito. “È un’ottima domanda, ma non ne ho proprio idea”. Quel che è certo, confida Bryant al sito ufficiale della sua ex squadra, “è che ci sarà tantissima energia in circolo. Sarò felicissimo di incontrare nuovamente un bel po’ di gente che non vedo da tanto e poi, ovviamente, sarò super emozionato nel vedere la mia maglia raggiungere quelle di Magic, Kareem, Wilt e West, campioni a cui mi sono sempre ispirato. Dio mio, è ancora pazzesco pensare che al fianco delle loro maglie ci sarà anche la mia: è un sogno che avevo da bambino, che ora diventa realtà”. Il programma della serata, come anticipato da alcune informazioni filtrate da Los Angeles, è pronto e dettagliato, con una precisione tipicamente americana che seziona l’intervallo della gara tra Lakers e Warrios minuto per minuto: si inizierà con un video celebrativo immediatamente seguito dall’ingresso in campo del “Black Mamba”. Dopo alcune parole da parte di alcuni membri dell’organizzazione gialloviola (Magic Johnson? Jeanie Buss?) ecco il momento clou: il ritiro vero e proprio delle maglie. Solo allora, con il suo n°8 e il suo n°24 al soffitto dello Staples Center, il microfono arriverà in mano a Kobe Bryant, che si prenderà riflettori e attenzioni come solo lui sa fare. In attesa di sentire quali saranno le sue parole al pubblico dello Staples (le prime da quelle di addio, pronunciate a centro campo dopo i 60 punti rifilati agli Utah Jazz il 13 aprile 2016), Kobe ha già discusso di alcuni temi della sua vita/avventura post-NBA per il sito ufficiale dei Lakers. 

"Dear Basketball", più di una lettera aperta

Inserito dall’Academy Awards tra i dieci cortometraggi in corsa per guadagnarsi una nomination ai prossimi Oscar, il corto di animazione “Dear  Basketball” – che traduce in immagini le parole della famosa lettera pubblicata dal giocatore sul sito The Players Tribune, annunciando il suo addio – è stato negli ultimi mesi al centro della vita del Bryant ex giocatore. Realizzato insieme al regista Glen Keane (“Sono un suo fan da anni”) e con la colonna sonora affidata a John Williams, agli occhi della leggenda gialloviola è un lavoro che va molto al di là della semplice dimensione di entertainment. “Per me è uno strumento educativo molto importante – racconta Kobe, che da poco ha festeggiato insieme alla moglie Vanessa la nascita della loro terza figlia, Bianka – perché a mio avviso insegnare è il compito principale di ogni genitore ma l’insegnamento raggiunge più facilmente i suoi scopi se viene percepito dai bambini come divertimento. Ecco allora che un video può portare con sé messaggi anche importanti e ‘Dear Basketball’ da questo punto di vista ci riesce a mio avviso perfettamente, perché lo sport è naturalmente una delle più grandi metafore della vita stessa. Gli atleti infatti arrivano da background, paesi, fedi e convinzioni politiche diverse, ma sono capaci di mettere tutto da parte per lottare insieme verso un unico obiettivo, quello della vittoria di squadra. Non c’è una metafora migliore di quello che dovrebbe succedere anche nella vita di tutti i giorni”. Al punto che il video potrebbe trovare spazio anche durante le celebrazioni del ritiro della maglia, evenienza caldeggiata anche dal “Black Mamba” in persona: “Sarebbe bello poterlo mostrare a tutti, perché è un documento molto personale, che riassume il viaggio della mia vita, dall’inizio alla fine”. 

Dai 60 punti di Bryant ai Lakers di Lonzo Ball&Brandon Ingram

Bryant poi è tornato a parlare anche più dettagliatamente di pallacanestro, iniziando con il ricordare la sua ultime, indimenticabile, partita NBA, quella chiusa guidando i Lakers alla vittoria sui Jazz con 60 punti. “Una polaroid di tutta la mia carriera – ammette – dalle difficoltà all’inizio fino agli alti e bassi di quell’intera gara, paragonabili a quelli che ho dovuto affrontare nella mia carriera. La stanchezza fisica, ma la capacità di andare oltre, quella perseveranza che mi ha sempre contraddistinto. Una gara in cui ho messo in mostra tutti i miei fondamentali ma anche la capacità emotiva di restare concentrato sulla partita, nonostante l’enorme pressione che gravava su di me vista l’eccezionalità della partita. Per ultimo, poi, anche la capacità di godermi il momento nonostante tutto”. Qualità che oggi Bryant vorrebbe vedere nei giocatori che hanno raccolto la sua eredità con la maglia gialloviola dei Lakers, Brandon Ingram e Lonzo Ball su tutti. “Brandon sta imparando a conoscere e domare i ritmi di una partita NBA, così come le diverse difese che gli avversari mettono in campo contro di lui ogni sera. Sta crescendo molto, è emozionante vedere il suo sviluppo”, dice Bryant, che chiude con un consiglio anche per il chiacchieratissimo Lonzo Ball: “Mi conoscete, il mio insegnamento non può essere che un solo: concentrarsi unicamente sul lavoro. Tutto qui, non serve altro”. E se lo dice Kobe…