Golden State ha perso in casa dopo aver collezionato 16 successi in fila ai playoff. Una battuta d’arresto che ridà il fattore campo a Houston e lascia l’amaro in bocca ai campioni in carica per un finale gestito nel peggiore dei modi
Gli Warriors erano stravolti a fine gara, più dalla stanchezza che dalla delusione di un quarto periodo da record, ma (per una volta in questi quattro anni) in negativo. Kevin Durant rivorrebbe indietro l’opportunità di giocare quell’ultimo maledetto possesso in transizione a meno di 12 secondi dalla sirena: Draymond Green cattura il rimbalzo e apre subito per il n°35. KD palleggia forse fin troppo a lungo, prima di scaricarla su Klay Thompson, magistralmente contenuto da Trevor Ariza, abile a forzarlo nel mettere il pallone a terra prima di costringerlo a tentare un air-ball dopo una sciagurata avventura in palleggio. Durant nel frattempo è rimasto lì, con le braccia protese aspettando uno scarico, mentre Green continuava a chiamare un timeout che nessuno gli ha assegnato: “Io quel timeout lo volevo – sottolinea coach Kerr – Draymond ha provato a farlo notare agli arbitri più volte, una volta che Thompson era finito in trappola contro Ariza. In quel momento nessuno guardava verso la panchina, quindi le mie richieste erano vane. Speravo che notassero almeno Green, ma anche quello non ha funzionato. Sono da sempre un allenatore che preferisce lasciare giocare i suoi ragazzi, piuttosto che stoppare il match e disegnare uno schema, permettendo così all’avversario di schierare la difesa. Potevamo certamente prendere un tiro migliore”. La croce però non può cadere solo sulle spalle di Klay Thompson: “Credo che il cortocircuito sia partito dalla difesa: abbiamo smesso di credere nel nostro lavoro a protezione del ferro”, sottolinea Green. “Dobbiamo essere più fedeli al piano partita”. Durant però continua a insistere su quel dannato ultimo possesso: “Ho spinto subito sull’acceleratore, per valutare se avevo qualche opzione in più. Ho visto il taglio di Klay e forse avrei dovuto aspettare che lui avesse consolidato la sua posizione in angolo, ma ho preferito passarla per poi muovermi in funzione del suo lavoro. Ma non è di certo quello il motivo per cui abbiamo perso la gara. Spero di poter giocare in maniera migliore l’ultimo possesso, ovvio, ma dobbiamo convivere con una sconfitta del genere”. Dopo due anni, una sensazione a cui gli Warriors non erano più abituati.