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NBA, il caso Jimmy Butler-Minnesota Timberwolves, spiegato bene: spunta l’ipotesi Miami

NBA

Da 10 giorni il n°23 della squadra di Minneapolis ha chiesto la cessione, ma mettere d’accordo le richieste di un front office diviso e quelle di una franchigia che non vuole perdere un asset così importante “per nulla”, rendono la situazione molto complicata

T'WOLVES: NIENTE JIMMY BUTLER AL MEDIA DAY

BUTLER SE NE VA? ALLORA TOWNS RINNOVA

Partiamo dalla fine, dalle ultime notizie fatte filtrare da ESPN: i Miami Heat hanno manifestato in maniera insistente il loro interesse per Jimmy Butler, a differenza di Clippers e Nets (le franchigie indicate in un primo momento tra quelle più vicine al n°23), che si mantengono ancora a distanza. Anche i Rockets stanno provando a “inventare” una complessa rete di scambi e trattative che possa permettere a Houston di fare un’offerta. Una sfida complicata per qualsiasi franchigia che voglia provare a mettere le mani su Butler senza coinvolgere nessun’altra squadra: costruire da zero una trade del genere infatti richiederebbe tanto spazio salariale libero, ma a settembre chiunque ormai ha provveduto a riempire il suo cap. Per questo nella trattativa T’wolves-Heat il terzo nome che è venuto fuori è quello di Phoenix, a caccia di una point guard e quindi disposta a fare da “terza gamba” in uno scambio che coinvolgerebbe anche Goran Dragic e Jeff Teague, che in quel caso verrebbe dirottato in Arizona. I Suns si sono detti interessati anche a Tyus Jones, cercando anche di capire quanto possa “costare” un coinvolgimento nella trade. Al momento però né Dragic, né Teague sono stati in alcun modo coinvolti, ma la situazione potrebbe cambiare se le due squadre dovessero approfondire il confronto e l’interesse reciproco. Uno scenario completamente diverso da quello che in Minnesota stavano provando a costruire non più di 48 ore fa: i T’wolves infatti sembravano voler sfruttare la cessione di Butler per “liberarsi” del pesante contratto di Gorgui Dieng (un triennale da oltre 40 milioni di dollari) e rendere la propria situazione salariale più flessibile. Un’ipotesi che – sempre secondo la ricostruzione di Wojnarowski – richiedeva il coinvolgimento dei Sacramento Kings; unica squadra con abbastanza spazio e contratti in scadenza per assorbire in una trade a tre dei contratti così ricchi. Evidentemente anche quella pista non è andata a buon fine.

T’wolves nel pallone: lo stallo sta diventando preoccupante

Quello che sorprende di tutta questa storia infatti è la profonda spaccatura che c’è all’interno del front office di Minnesota. Da una parte il GM Scott Layden dei T’wolves che spinge per ottenere un accordo “a tutti i costi” che in qualche modo permetta di liberarsi di Butler; un giocatore che a 12 mesi di distanza dalla sua scelta ha deciso di abbandonare la nave. I T’wolves si sono così ritrovati spalle al muro dopo che il n°23 ha più volte ripetuto con fermezza la sua intenzione di andare via. “Lo dico oggi, ma sono certo di ripeterlo con la stessa convinzione anche domani e ogni santo giorno che arriverà”. Un messaggio complicato da gestire e con cui dover fare i conti, nonostante Thibodeau abbia provato a glissare confermando che “non andremo a caccia di un pessimo accordo pur di liberarci di lui: prima viene la convenienza per la franchigia”. L’allenatore di Minnesota in realtà ha sperato fino all’ultimo di convincerlo e sogna magari che, tirando per le lunghe la trattativa, il nodo si possa sbrogliare in qualche modo. Thibodeau infatti sa bene che difficilmente potrebbe trovare di meglio, indebolendo un roster che già la scorsa stagione (senza LeBron James a Ovest) aveva fatto una fatica bestiale a conquistare i playoff. Senza un pass per la post-season la sua panchina sarebbe a forte rischio; un motivo valido per tentare con le unghie e con i denti di percorrere una strada alternativa alla resa incondizionata.