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NBA, la svolta di Kyle Lowry e dei Toronto Raptors

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Ennio Terrasi Borghesan

Dopo alcune ottime annate, con l’arrivo di Kawhi Leonard e Danny Green (e la partenza dell’amico DeMar DeRozan) l’All Star dei Toronto Raptors è stato chiamato a un salto di qualità. I primi numeri ci dicono che è sulla buona strada

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Ogni giocatore NBA ha una parabola diversa e, per certi versi, unica. Prendendo in considerazione ogni All-Star della lega, è difficile trovare un percorso simile a un altro per arrivare all’elite della Lega. Ogni storia è diversa, ed è indubbio che quella di Kyle Lowry sia molto più particolare rispetto ad altre.

Arrivato nella lega come "uno dei tanti" dopo due anni di buon livello a Villanova, il nativo di Philadelphia ha impiegato un bel po’ di tempo prima di trovare il suo posto nel mondo NBA. La sua carriera è piena di sliding doors, come lo scambio saltato ai New York Knicks che avrebbe sicuramente cambiato la storia della Eastern Conference degli ultimi anni.

Dopo le esperienze con Grizzlies e Rockets, Lowry ha legato a doppio filo la sua carriera alla maglia dei Toronto Raptors: quella in corso è la sua settima stagione in Ontario, con sei partecipazioni consecutive ai playoff che rappresentano un record per la franchigia. In questo ciclo, sotto la guida di coach Dwane Casey, Lowry ha stretto un rapporto tecnico in particolare con DeMar DeRozan, formando una delle coppie di esterni più affiatate della Lega.

Negli anni Toronto ha variato il suo gioco per mantenersi nei piani alti della Eastern Conference, ma ciò non è servito a portare la franchigia canadese oltre le colonne d’Ercole della finale di Conference. Dopo la rivoluzione estiva, con la trade che ha spedito DeRozan (e Jakob Poeltl) in Texas e portato Kawhi Leonard e Danny Green in città, ai giocatori rimasti è stato chiesto uno sforzo superiore e diverso, per fare quello step necessario a rendere i Raptors una vera contender.

La partenza da nove vittorie e una sola sconfitta è sicuramente incoraggiante, e in queste prime tre settimane di regular season c’è tanto del prodotto di Villanova.

Da DeMar a Kawhi

Kyle Lowry e DeMar DeRozan per anni si sono sobbarcati il peso dell’attacco Raptors, con risultati indubbiamente positivi in stagione regolare (nell’era Casey, Toronto è stata tra le prime cinque squadre della Lega per numero di vittorie) ma non sempre esaltanti a livello di playoff, anche per le tante energie spese durante le 82 gare stagionali.

Togliendo dal computo la stagione 2017-18, sin dal suo arrivo Lowry si è distinto come uno dei giocatori di maggior valore del roster, facendosi notare per un Net Rating costantemente positivo (con i picchi di +7.8 e +8.1) grazie anche alla produzione quando veniva schierato insieme a quattro membri della panchina. La scorsa stagione l’abbiamo momentaneamente tolta dal conto non solo per la differenza nel Net Rating (+0.2, per distacco il dato più basso della sua carriera in maglia Raptors) ma per una prima metamorfosi notata nel suo stile di gioco: meno conclusioni - principalmente al ferro (da 7.5 a 3.5 tiri da 2 tentati a partita) - e di conseguenza meno tiri liberi tentati (da 6.1 a 3.3), una maggiore attenzione alla circolazione più fluida del pallone e un utilizzo quasi sempre in coppia con l’altro All-Star.

A contrastare questo apparente calo è stato il netto miglioramento del rendimento dei Raptors con Lowry e DeRozan insieme sul parquet: prendendo in considerazione le tre migliori stagioni regolari della storia della franchigia, dal 2015 al 2018, Toronto con i suoi due All-Star in campo è passata da +4.4 di Net Rtg a +7.4, migliorando le percentuali al tiro (da 51.1% a 53.9% di percentuale effettiva, da 56.1% a 57.9% di percentuale reale) portando la squadra verso un ritmo più alto (da 95.2 a 100 possessi a partita).

Il momento più alto nella storia dei Raptors: il 2-2 nelle finali di conference contro Cleveland

Questa crescita, unita all’esplosione di quella che si è affermata negli anni come la migliore second unit della Lega, ha sì mantenuto Toronto nell’elite della Eastern Conference, ma senza riuscire a fare quell’ulteriore salto verso l’alto scontrandosi sempre contro il muro ideologicamente rappresentato da LeBron James e dai Cleveland Cavaliers.

In estate Masai Ujiri, come noto, ha optato per uno scossone deciso all’assetto delle stagioni precedenti, prima con l’esonero di coach Casey e la promozione di Nick Nurse, poi con lo scambio che ha portato Leonard ai Raptors. Una decisione presa accettando il rischio che l’ex Spurs, free agent a luglio, decida di non unirsi a lungo termine con la franchigia.

Fino a questo momento, però, la scelta gli dà ragione e il cambiamento è simboleggiato in maniera particolare dalla svolta nel rendimento di Kyle Lowry: nei 279 minuti con il prodotto di Villanova sul parquet Toronto può vantare un rating offensivo di 122.4 (per riferimento: i Warriors conducono nella categoria con 119.7), quando invece l’ex Rockets e Grizzlies è in panchina il dato crolla fino a 85.9.

Una differenza più ampia di quella di Leonard (da 118.6 a 106.8), con cui Lowry si sta trovando decisamente meglio di quanto non si trovasse con DeRozan: in 188 minuti insieme in campo il Net Rating di Toronto è +19.7, con il 61% di eFG e il 63.4% di TS, il tutto a un ritmo ancor superiore rispetto alla scorsa stagione (102 di Pace).

Nelle prime sette partite giocate assieme (Leonard ha saltato due partite di due back-to-back per precauzione e l’ultima con i Lakers per un problema al piede sinistro) si è più volte vista una continua ricerca di coinvolgimento reciproco della coppia già soprannominata KL2 e questa è una sensazione che trova riscontro anche nelle cifre: Leonard riceve il 45.3% dei passaggi in una partita da Lowry (16.8 di media a partita) e quando è il quattro volte All-Star a passargli il pallone, l’MVP delle Finali 2014 tira con il 47.4% dal campo (su 9.5 tentativi a partita) e il 46.2% da 3 punti, dato superiore al 44.4% totale.

Il buongiorno si è visto dal mattino.

Dati, in entrambi i casi, che per Leonard sono superiori a quelli dell’ultima stagione “intera” in maglia Spurs, il 2016-17. Il prodotto di USC riceveva meno passaggi a partita (16.1) dai due principali portatori di palla di quella San Antonio, Tony Parker e Patty Mills, di quanto non ne abbia ricevuto fin qui dal solo Lowry, e le percentuali al tiro erano inferiori: 45.4% dal campo e 36.7% da 3 quando era Parker a passargli il pallone, 42.5% dal campo e 40.7% da 3 nel caso di Mills.

Lowry sta avendo un effetto su Leonard più efficiente e positivo di quanto non lo fosse quello su DeRozan: l’attuale giocatore degli Spurs nella scorsa stagione - quella considerabile come “propedeutica” al nuovo Lowry più passatore visto sin qui - riceveva sì più passaggi da Lowry (18.6 a partita) ma in percentuale minore (solo poco più di un terzo), e le percentuali al tiro erano inferiori a quelle di Leonard (41.2% dal campo su 6.6 tentativi a partita, peggio rispetto al 45.6% complessivo).

Il doppio X-Factor: Siakam e Green

Per comprendere meglio quanto Leonard abbia migliorato Kyle Lowry e, soprattutto, quanto quest’ultimo stia rispondendo presente alla necessità di elevare il suo rendimento, occorre guardare all’impatto in questa stagione di quelli che sin qui sono stati i due veri “X Factor” dei Toronto Raptors.

Se Pascal Siakam è un prodotto sviluppato interamente in Ontario, l’arrivo di Danny Green nell’ambito della trade con gli Spurs è stato abbastanza sottovalutato. Proprio Green è il giocatore ad aver passato, sin qui, più minuti sul parquet con Lowry (ben 284 sui 344 giocati sin qui da KL7) e dal punto di vista offensivo i numeri prodotti da Toronto con in campo questo duo sono abbastanza simili a quelli del KL2: l’unica differenza rilevante è quella nel Defensive Rating, (105.8 contro 102) dove ovviamente la presenza di un due volte vincitore del premio di Difensore dell’Anno come Leonard si fa sentire.

È interessante vedere il rendimento di Lowry con un duo già affiatato dai tempi degli Spurs come Leonard e Green: il trio è il migliore per Net Rating nella Lega, considerando solo combinazioni di giocatori con almeno 150 minuti trascorsi in campo (183 i minuti condivisi sul parquet dai tre sin qui) e anche il migliore per Player Impact Estimate (66.9), ben sopra le combinazioni dei Golden State Warriors con Kevin Durant o Stephen Curry.

Lowry, Leonard e Green sono anche il trio con il secondo miglior rapporto assist/palle perse, secondo solo a un’altra combinazione di giocatori sempre Made in Toronto: quello formato da Lowry, Green e Siakam. Proprio la presenza della versatile ala camerunense, il cui avvio fa pensare a una breakout season, migliora notevolmente le cifre del trio di cui sopra.

Un contropiede ispirato, sviluppato e concluso dal trio Lowry, Green e Siakam.

Lowry, Leonard, Green e Siakam sono saldamente in vetta alla Lega per Net Rating (almeno 100 minuti in campo, +29.4), secondi per Offensive Rating (122.4) e i già citati PIE (69.9) e rapporto assist/palle perse (2.79). La vera differenza rappresentata dall’inserimento nell’equazione del prodotto di New Mexico State è il Defensive Rating, che scende da 100.3 a 94.8, risultando uno dei migliori della Lega (il quarto): l’aggiunta di un altro difensore valido come Siakam permette quindi a questo assetto di essere molto più pericoloso su entrambi i lati del campo e non solo dal punto di vista offensivo.

Un modo diverso di stare in campo

Mai, nella sua carriera, Kyle Lowry aveva avuto più di tre partite consecutive con almeno 10 assist a referto. Nella partita di stanotte contro i Lakers il prodotto di Villanova è arrivato a quota otto partite con 10 o più assist, pareggiando di nuovo il picco di 15 (a -3 dal career high che risale ai tempi di Houston) fatto segnare in quella che è stata, allo stesso tempo, la sua peggiore prestazione al tiro sinora (3/14 dal campo e 0/9 da 3 nell’unica sconfitta patita sin qui, contro i Milwaukee Bucks, con Leonard assente).

Di Lowry è cambiato in primis il modo di stare in campo e, di conseguenza, di costruire l’intera azione offensiva. Prendete ad esempio questo possesso contro i Boston Celtics e due avversari di livello come Tatum e Horford: il suo posizionamento gli permette di prendere il meglio, prima, dal blocco di Ibaka che mette fuori ritmo il giovane prodotto di Duke. Allo stesso tempo, inoltre, Lowry riesce a prendere in controtempo l’aiuto di Horford, catalizzando quindi l’attenzione di tutti gli altri difensori dei Celtics. Questo gli permette di avere più alternative di passaggio, perché Leonard legge bene la situazione e può penetrare in area indisturbato.

La maggiore consapevolezza nel suo gioco permette a Lowry di creare più alternative di gioco in situazioni sempre diverse tra loro, in un qualcosa che muove anche da una perfetta comprensione della situazione sul parquet: qui KL7 legge sia la brutta difesa di Simmons su Leonard che l’aiuto pigro di Embiid, che non si distanzia troppo da Ibaka per impedire il passaggio di Lowry verso il lungo congolese. Il risultato è identico al precedente, pur con uno sviluppo diverso.

Contro Milwaukee manca Leonard e nell’azione seguente manca anche il taglio dell’esterno sul perimetro verso il pitturato. Qui però Lowry legge molto bene, senza indugiare in passaggi con effetti speciali, il blocco di Powell, che ha il doppio merito di mandare fuori ritmo sia Connaughton che Middleton. È quindi semplice per un giocatore dal rilascio rapido come Green, posizionato libero nell’angolo, costruirsi un buon tiro.

L’altra partita in cui è stato assente Leonard è stata la trasferta sul campo dei Wizards, in cui Toronto non ne ha risentito grazie anche a un ottimo Lowry da 28 punti e 12 assist. Uno di questi 12 è un’ulteriore esempio della fiducia totale nei propri mezzi di cui dispone il quattro volte All Star: il blocco alto di Valanciunas su Wall crea una immediata situazione di vantaggio in questa transizione offensiva, e nuovamente si può notare una situazione in cui tutte le attenzioni della difesa collassano sul numero 7. Lowry si dimostra giocatore estremamente intelligente poiché ha la lucidità di optare per la soluzione più semplice ed efficace, senza rischiare un passaggio nell’angolo a Powell (e il rischio di anticipo di Beal) o un cambio di lato verso Green. Legge perfettamente l’intenzione di taglio di Anunoby, che va a concludere per 2 dei suoi 12 punti nel match.

Il cambio di ritmo mostrato a inizio della scorsa stagione dei Toronto Raptors si era poi confermato nell’arco dell’annata: la Toronto 2017-18 ha continuato a scommettere su una maggiore circolazione del pallone e sul tiro da tre rispetto alle conclusioni dalla media distanza. Dopo una rivoluzione come quella estiva, sarà interessante vedere se i Raptors confermeranno sul medio periodo queste prime impressioni, ponendosi come una vera e propria contender per il titolo 2019. Se ci riusciranno sarà per merito dello stesso Lowry, giunto all’ultimo stadio della sua lenta maturazione tecnica.