Senza più Kevin Durant e in attesa del ritorno di Klay Thompson, Steph Curry è chiamato a prendere in mano i suoi Warriors: "Per lui è un momento magico, credo sia al massimo della sua condizione fisica e mentale", assicura coach Kerr
I bookmaker non hanno dubbi: per trovare il più probabile MVP NBA a fine stagione – se si esclude chi detiene questo titolo, Giannis Antetokounmpo – è necessario guardare sulla Baia, in casa Golden State Warriors. Senza più Kevin Durant, con Klay Thompson fuori ancora a lungo, i riflettori (e si può pensare anche tiri e possessi) sono tutti per Steph Curry, che a Las Vegas precede tanto James Harden quanto Kawhi Leonard, LeBron James o Anthony Davis nelle previsioni per il premio che a fine anno incorona il miglior giocatore della stagione regolare. Ad attendersi una grande annata dal n°30 è anche il suo allenatore Steve Kerr, che ammette: “Steph è al suo massimo, sia fisicamente che mentalmente. Mi sembra che questa sia la fase della sua carriera in cui può dare di più, per una questione di età [Curry sa 31 anni inizia l’11^ stagione NBA, ndr], per le sue condizioni fisico-atletiche, per l’esperienza che gli permette di aver già visto qualsiasi tipo di difesa gli avversari provino contro di lui. Credo che negli ultimi due anni, e questo vale anche per la prossima stagione, siano un periodo magico per lui, che può tranquillamente estendersi almeno per un altro biennio. È un giocatore fantastico”. Un’investitura che coach Kerr non concede facilmente, ma che si sente sicuro di poter sostenere anche pubblicamente proprio perché conosce il suo giocatore, e la sua capacità di reggere le pressioni e le aspettative. Che, almeno per Kerr, non sono però cambiate: “Non mi aspetto niente di diverso da quello che gli ho chiesto negli ultimi cinque anni, ma d’altronde quello che è riuscito a fare in questo periodo di tempo è davvero speciale: due titoli di MVP, sempre tra i primi 5 giocatori della lega. Penso sia pronto ad avere un’altra grande annata”. Da leader, come sempre è stato, a modo suo non meno importante di un altro leader – nel suo caso molto più vocale – come Draymond Green. “Non sarà mai Draymond, non sarà mai quello che urla e sbraita di più – assicura Kerr – ma oggi sicuramente si sente più a suo agio a dire qualcosa di quando è arrivato qui. Steph è un ragazzo intelligentissimo, sa benissimo quello che abbiamo perso [con gli addii di Andre Iguodala e Shaun Livingston, ad esempio, ndr] dal punto di vista della leadership, per cui sa di dover assumersi lui stesso maggiori responsabilità”.