Non smette di far discutere la decisione di tenere a riposo Kawhi Leonard contro i Bucks. La lega ha definito "incoerenti con lo stato di salute del giocatore" le parole del suo allenatore ("Non è mai stato così bene"), scegliendo di punirle con una multa. Un pasticcio che mette in evidenza tutti i sottili limiti del "load management"
Un pasticcio di sicuro. Forse addirittura una mezza farsa. Soltanto ieri la NBA aveva fatto sapere di approvare in pieno la decisione di Doc Rivers e dei Clippers di tenere a riposo Kawhi Leonard nella prima delle due sfide in back-to-back in calendario a Los Angeles. Il motivo? “Kawhi Leonard non è un giocatore completamente sano”, si leggeva sul comunicato NBA, per cui il turno di riposo a lui concesso non era tanto un riposo quanto una normale gestione di un recupero da un infortunio (quello al tendine del ginocchio sinistro che l’MVP delle ultime finali si trascina da molto tempo). Solo che poi anche coach Rivers è intervenuto sulla questione, lasciandosi scappare una dichiarazione tanto sincera (probabilmente) quanto ingenua: “Kawhi Leonard sta bene. Anzi, non è mai stato meglio, e sta così bene proprio perché i Clippers continuano a gestire il suo sforzo”, proprio come avevano fatto i Toronto Raptors lo scorso anno, nella stagione chiusa a giugno col titolo NBA. Parole che però, evidentemente, non sono piaciute alla lega, che ne ha colto l’evidente contraddizione rispetto alla propria posizione ufficiale. Riassumendo: per la NBA Leonard può riposare perché non sta bene. Dire che sta bene, allora, smentisce la posizione stessa della lega, che così ha pensato bene di multare 50.000 dollari Doc Rivers per le sue parole su Leonard, “incoerenti col suo stato di salute”. “Una decisione scioccante – l’ha commentata lo stesso Leonard – ma alla fine mi importa il giusto. Io sto dalla sua parte, gioco nei Clippers e lui è il mio allenatore. I media non li seguo comunque, per cui non mi interessa quello che dicono: continueremo a fare quello che è meglio per me e per la mia salute, soprattutto guardando al futuro”. La superstar dei Clippers però ha poi aggiunto un ultimo commento, questa volta un po’ più seccato e risentito nei confronti della lega: “Sembra che vogliano che i giocatori scendano in campo anche se non sono pronti a farlo”.
Le relazioni complicate tra Rivers e la NBA
Non è un momento facile per Doc Rivers nei suoi rapporti con la lega di Adam Silver. Ieri le sue parole di aperta critica alla nuova regola che introduce il coach challenge, oggi un’altra multa da 50.000 dollari che non è neppure la prima subita dall’allenatore dei Clippers. A maggio, infatti, Rivers si era lasciato andare a un paragone importante tra Kawhi Leonard – allora un giocatore dei Toronto Raptors, e nell’opinione di tutti il free agent più ambito dell’estate 2019 – e Michael Jordan (“È il giocatore che gli assomiglia di più tra quelli che ho visto io”). Un apprezzamento del genere era stato ritenuto contrario alle leggi sul tempering, che vietano a giocatori, allenatori e dirigenti di esprimersi su giocatori che siano in forza ad altre squadre. Sottile il crinale tra la libertà di espressione e i regolamenti NBA sul tampering, sottile anche quello – e Rivers lo ha scoperto sulla sua pelle in queste ore – tra la volontà di Kawhi Leonard di mantenere private le informazioni sul suo stato di salute e la trasparenza richiesta dalla NBA sulle condizioni di forma (e quindi sugli eventuali riposi) dei propri giocatori. “C’è una giusta via di mezzo?”, è stato chiesto a Rivers. Esemplare la replica: “Ho paura a rispondere. Per cui questa è la mia risposta: semplicemente non rispondo”. Un modo, neppure troppo velato, di dimostrare ancora una volta di non trovarsi d’accordo con le politiche della lega.